, 18 Settembre 2023
3 minuti

Considerazioni sparse post Salernitana-Torino (0-3)


È ancora Radonjic show: un ottimo Torino passeggia all’Arechi contro una pessima Salernitana.


- Il derby granata del Monday Night non ha storia: ad aggiudicarselo è la squadra di Juric, che si porta in vantaggio già al quarto d’ora di gioco, raddoppia sul finire del primo tempo ed ammazza la gara a inizio ripresa. Un 3-0 tondo e meritato, con la Salernitana che non ha di fatto opposto resistenza, cadendo malamente davanti al proprio pubblico: protagonista della serata è, nuovamente, Nemanja Radonjic, che ne insacca 2 dopo che Buongiorno aveva aperto le marcature. In generale, una delle due squadre ha dato una svolta in positivo a questo inizio stagione, mentre l’altra rientra negli spogliatoi con più di un interrogativo;

- Juric in conferenza stampa era stato chiaro: no alla doppia punta. E Radonjic non si è fatto scappar l’occasione per dargli ragione, diventando il mattatore della serata. Il serbo più volte aveva stupito per talento, ma questa sera ha mostrato un cinismo sotto porta finora sconosciuto: la tripletta è mancata per pochi centimetri di fuorigioco e per un rimbalzo maldestro sul finale (su grande assist di Zapata), ed è un peccato perchè una prova così meritava il pallone portato a casa. Riscattato in estate per soli 2 milioni e celebre per il talento sprecato da un carattere a dir poco bizzoso, Radonjic sta vivendo probabilmente il miglior momento da quando è in granata: dopo il meraviglioso gol vittoria col Genoa, spacca anche questa partita, e dimostra che, trovasse continuità, sarebbe un top player del campionato. Per ora se lo gode Juric, a cui la tentazione della doppia punta verrà sempre meno.

- La Salernitana di stasera è, a dir poco, imprensentabile. La squadra di Sousa, al di là dei demeriti tecnici, è apparsa totalmente inconsistente, leggera in difesa e poco aggressiva nei duelli, difetto che contro le squadre di Juric si paga salato. La qualità può mancare (e pesano le assenze di Dia e Coulibaly in questo senso) ma l’atteggiamento preoccupa, così come alcune scelte del tecnico portoghese sono poco comprensibili: Lovato e Gyomber sono disastrosi, Botheim ectoplasmico, Legowsky impacciato. Se la squadra vuole uscire dai bassifondi della classifica deve cambiare decisamente passo.

- Al Torino sinora era mancato il rock: l’emblema era stata la serataccia di San Siro (“la più brutta partita della mia gestione”, disse Juric), ma anche con Cagliari e Genoa i granata sembravano meno aggressivi e più filosofeggianti rispetto agli spartiti degli anni scorsi, forse affidandosi troppo ai piedi e meno ai muscoli. Stasera si è rivisto quel metallo marchio di fabbrica del tecnico croato, ma mixato con la qualità che è stata innestata nella rosa granata: e allora il dinamismo di Tameze ha stantuffato costantemente a centrocampo, si è finalmente intravista la gamba di Bellanova, i piedi educati di Lazaro e Rodriguez a sinistra hanno fatto partire numerose azioni, e Ricci ha diretto l'orchestra con una serenità disarmante. Sulla difesa c’erano pochi dubbi invece: ma oltre al clean sheet, c’è la rete di Buongiorno, oramai idolo della tifoseria, come ciliegina sulla torta di un lunedì perfetto.

Capitolo centravanti. La questione Dia è stata il leit-motiv della settimana della Salernitana, e le energie perse nella querelle sembrano aver distratto non poco l’ambiente: in campo invece Dia manca come il pane, e la sua assenza per Paulo Sousa si fa sentire troppo in termini qualitativi (non c’è un sostituto che paia all’altezza) ma anche di leadership. Nel Torino sembra arrivato il sole invece, in quella zona di campo: dopo anni di assenza, i granata sembrano aver trovato il centravanti. Pur con il massimo rispetto per l’ottima stagione scorsa di Sanabria, Duvan Zapata ha già cambiato il Torino e lo ha fatto in due settimane:  i movimenti, le sponde, la profondità del colombiano sono esattamente ciò che serviva alla squadra di Juric per un salto di qualità. Stasera paradossalmente è mancato il gol, ma la prova di Duvan l’ha fatto sembrare un dettaglio da niente.

Autore

  • Torinese e granata dal 1984, dopo una laurea in Filosofia, opto per diventare allenatore professionista di pallavolo, giusto per assicurarmi una condizione di permanente precarietà emotiva e sociale. Questa scelta, influenzata non poco dalla Generazione di Fenomeni che vinse tutto a cavallo degli anni 90', mi porta da anni a girovagare per l'Europa inseguendo sogni e palloni, ma anche a rinunciare spesso a tutto il resto di cose che amo fare nella vita: nei momenti di sconforto per fortuna esistono i libri, il mare, il cioccolato fondente e le storie di sport in cui la classe operaia va in paradiso.

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