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Ciro Polito
, 12 Settembre 2023

Chi vuol essere Ciro Polito?


Nonostante la giovane età, il direttore sportivo del Bari è già un'icona.

Lo spillover definitivo per Ciro Polito, il passaggio decisivo da dirigente di culto per la nicchia di appassionati di categorie minori italiane a personaggio del calcio mainstream, è avvenuto all'incirca il 17 maggio 2023. Il Bari si è appena qualificato ai play-off da 3°, la miglior posizione di partenza, dopo un eccellente campionato da matricola terribile in cui per larghi tratti ha anche sognato la promozione diretta. Nel frattempo, il Napoli, società con cui i Galletti condividono i proprietari, sembra trovarsi in uno scenario da fine del mondo: Spalletti ha già annunciato l'addio a fine stagione, Giuntoli è un separato in casa e ha i giorni contati. 

È in questo contesto che diventa virale un passaggio della conferenza stampa indetta per i play-off dal direttore sportivo del Bari, incapsulato nel formato short/reel/TikTok da 60 secondi: Polito dichiara con uno slancio vigoroso l'intenzione - sua e della società - di raggiungere la promozione in Serie A, cancellando le voci complottistiche su un possibile braccino corto da parte dei De Laurentiis. Il video fa il giro del web sia per la vena teatrale di Polito, ma anche per le frasi dette, che ascoltate fuori contesto sembrerebbero uscire da una di quelle pagine motivazionali: "Nella vita voglio solo migliorare"; "Se ho un'occasione la sfrutto come un carrarmato" e "Se non ce la facciamo state sicuri che ce l'abbiamo messa tutta."

Le reazioni che arrivano da chi non lo conosce sono le più disparate: tra chi lo critica per "mancanza di aplomb" per così dire, a chi ne apprezza lo stile comunicativo ruspante. In realtà Polito è un personaggio molto più complesso e sfaccettato: per scoprirlo, bisogna ripercorrere la sua storia.

Non se ne intende di ippica

Il primo sport praticato a livello agonistico dal napoletano (originario del quartiere dell'Arenaccia) non è stato il calcio. Polito, infatti, da ragazzino andava a cavallo, sport abbandonato all'età di 14 anni, quando gli si prospetta la possibilità di essere scelto come fantino all'Ippodromo di Agnano, condizionato però al lavoro di pulizia delle stalle. «Ho scelto il calcio perché non mi andava di raccogliere la cacca dei cavalli» spiegherà il futuro portiere, con un'assenza di disciplina che forse sarebbe disprezzata dal Polito odierno.

Calcio, dunque: il ruolo è quello del portiere, nonostante sia alto solo 1 metro e 83, ma di certo non privo di qualità: reattivo, pararigori e con una discreta confidenza nel gioco coi piedi. Di certo non un fenomeno: lo stesso Polito sottolinea spesso e volentieri nelle proprie dichiarazioni quanto non fosse un grande portiere, ma un onesto mestierante del gioco. Cresce nella Salernitana, della quale sarà terzo portiere nella storica stagione 1997/1998, quella della promozione in Serie A con Delio Rossi in panchina. Dopo quell'annata, per Polito comincia un lungo peregrinare tra C1 e C2, da Nord a Sud Italia: Rimini, Lucca, Mantova, Avellino. Sana e fisiologica gavetta: raramente ricpore il ruolo di primo portiere, ma riesce comunque ad accumulare un discreto numero di partite ogni stagione, facendosi trovare sempre pronto e risultando utile alla causa. Nel frattempo impara, accumula esperienza: si allena accanto a portieri passati da grandi squadre (Ambrosi e Sansonetti) e vede passare davanti a sé una schiera di allenatori lunghissima, tra cui Orrico e Aldo Ammazzalorso.

Il trasferimento che cambia la carriera di Polito avviene nel 2004: secondo portiere del Catania (in Serie B) alle spalle di Pantanelli. Gli etnei tornano in Serie A nel 2006 dopo 22 anni, con Polito sempre sullo sfondo: è negli anni in Sicilia che si consolida definitivamente la sua presenza carismatica nello spogliatoio, che il suo ruolo comincia ad assumere un peso riconosciuto dentro e fuori la squadra; il direttore generale Pietro Lo Monaco ne tutela il posto in squadra a lungo. In rossazzurro arrivano anche soddisfazioni personali: esordio prima in B ma soprattutto in A, a 27 anni e mezzo, bagnato da una vittoria sul Parma per 2-0. A gennaio 2007, però, c'è un cambio di programma: Polito vuole andare a giocare, si concretizza così lo scambio di prestiti che vede il classe 1979 andare a Pescara (in Serie B) e Spadavecchia volare a Catania.

Nei sei mesi in Abruzzo avviene il primo episodio che consegna Polito alle ribalte nazionali: si gioca Pescara-Juventus, nell'anno di B dei bianconeri. La Juve riceve un rigore: sul dischetto va Del Piero, il tiro è centrale ma potente, Polito si butta alla sua destra ma riesce a deviare il tiro con la mano di richiamo. La Juventus vincerà 0-1, non senza soffrire; la stagione successiva, quando in Catania-Juventus il capitano bianconero si ritroverà a sfidare Polito dal dischetto, tifosi e giocatori juventini saranno particolarmente preoccupati. «Buffon, a fine partita, venne a dirmi: "Ciro, avevamo paura di te, ero sicuro che avresti parato anche questo rigore". Sono episodi che non puoi dimenticare. Buffon che ti chiama per nome e ti dice queste cose, è un piacere». A fine carriera saranno 16 i rigori parati, su un totale di 46 fronteggiati. Un 35% di neutralizzazione notevole, che si avvalora ulteriormente guardando le identità dei rigoristi bloccati: lo stesso ADP, Cristiano Doni (due volte consecutive), Maccarone e Rolando Bianchi, tra i tanti.

Il rigore parato a Del Piero. Curiosità: il commentatore tecnico, che dice "Di solito è l'attaccante che sbaglia, questa volta Polito ha fatto il miracolo" è Antonio Di Gennaro, ex centrocampista della nazionale, oggi giornalista in Rai ma soprattutto al seguito del "suo" Bari per una televisione locale.

L'anno dopo, a Catania, Polito vive la sua prima stagione da titolare in Serie A. Il Catania si salva, ma la posizione di Polito viene messa a repentaglio nel finale di stagione: in panchina arriva Walter Zenga, che sin dalle sue prime panchine lo mette ai margini in favore di Bizzarri, mandandolo anche in tribuna all'inizio della stagione successiva: è quella la goccia che fa traboccare il vaso. Polito decide d'istinto e, oramai fuori dal progetto, decide di lasciare definitivamente il Catania a gennaio. Sei mesi interlocutori a Grosseto, poi il ritorno a Salerno. In granata, Polito vive due anni d'inferno, i peggiori della storia del cavalluccio: la società è assente, gli stipendi faticano ad arrivare, i casi di calcioscommesse travolgono la squadra. Nel 2010 arriva la retrocessione in Prima Divisione (la C1 dell'epoca); in terza serie, Polito parte ancora titolare, ma viene messo fuori rosa a metà stagione assieme ad altri senatori per essersi ribellato di fronte all'assenza della società. Un ulteriore elemento di formazione per il futuro direttore sportivo, che vede passare quattro allenatori diversi alla prima annata, oltre ad una situazione societaria al limite della sopportazione.

Prove da direttore sportivo

Dopo Salerno, per Polito inizia un quinquennio di apprendistato: negli ultimi anni di carriera, infatti, vede pochissimo il campo, ma lavora tanto dietro le quinte. All'Atalanta ha la possibilità entrare in contatto con una dimensione maniacale del lavoro e della gestione tecnica; gioca poco (porta 6 risultati positivi su 7 partite giocate in nerazzurro, tra cui un epico 3-4 contro l'Inter) ma fa da chioccia a Consigli. Quando l'Atalanta decide di puntare su Sportiello come secondo, Polito parte in direzione Sassuolo. I due anni in neroverde sono un antipasto della sua carriera da direttore sportivo: quando arriva, a gennaio 2014, la società di Squinzi è nel pieno del romanzo di formazione che fu la sua prima annata in Serie A.

In Emilia arriva insieme a Paolo Cannavaro, con cui Polito manterrà un rapporto di forte amicizia: mentre il centrale avrà un ruolo più operativo, il portiere lavora da psicologo e motivatore per i suoi giovani compagni; sveglia tutti buttando giù porte, fa da sprono in ogni allenamento, porta equilibrio quando necessario. Alla fine il Sassuolo, passando dall'intermezzo Malesani, si salverà, segnando una sliding door nella storia della società. Lo stesso Eusebio Di Francesco manterrà con lui un rapporto cordiale e proficuo. A Sassuolo Polito rimane fino al 2015: segue un ultimo giro alla Juve Stabia, in Lega Pro, dove riesce a trovare un po’ più di spazio prima di appendere gli scarpini al chiodo e dedicarsi definitivamente al calcio da scrivania.

Uomini fidati

Nemmeno il tempo di svestire la tuta da portiere e Polito è già all'opera nel ruolo che per tanti anni ha pianificato: a luglio 2016 è direttore sportivo della Juve Stabia, e la sua prima scelta programmatica è Fabio Caserta come vice allenatore alle spalle di Gaetano Fontana. Polito e Caserta hanno condiviso, da giocatori, tre anni a Catania, uno a Bergamo e uno a Castellammare: il loro rapporto è di quelli indissolubili, di stima e affetto reciproci. Il primo anno da direttore di Polito è positivo, ma senza sussulti: la Juve Stabia lotta per la vetta nel girone d’andata, ma cala nel girone di ritorno facendo spazio a squadre più strutturate. Nella stagione successiva, il ds delle Vespe prende le redini della situazione e fa un’altra scelta coraggiosa, promuovendo Caserta al posto di Fontana. Niente da fare anche al secondo tentativo: il Lecce di Liverani vola in B, Polito a Castellammare deve operare con un budget più esiguo e chiude ancora 4°. Con le risorse a disposizione, il suo lavoro è più che buono: è una stagione che serve soprattutto a Caserta per prendere le misure al torneo. Il terzo tentativo è quello buono: la società aumenta il budget, Polito riesce a tirare fuori dal mazzo un paio di intuizioni fondamentali (Magnus Troest e Torromino su tutti) e la Juve Stabia sfreccia in B, al termine di un’accesissima sfida a 4 con il Trapani di Italiano, il Catanzaro di Auteri e il Catania di Lucarelli. Scommessa vinta, dunque, e Serie B raggiunta con pieni meriti. L’avventura delle Vespe in B è agrodolce: la rosa costruita è di tutto rispetto, tanto da vantare giocatori che negli anni successivi avrebbero mantenuto la categoria e anche giocato in A come Di Mariano, Provedel e Forte. Alla pausa forzata, causa lockdown, la Juve Stabia si ferma al 13° posto, a pochi punti dal traguardo play-off; dal ritorno in campo, però, qualcosa si rompe. I ragazzi di Caserta ne vincono una nelle ultime dieci e la Juve Stabia torna in C. L’esperienza di Polito a Castellammare – il quale lamenterà qualche decisione arbitrale a suo dire sfortunata – finisce nel peggiore dei modi, consapevole tuttavia di aver dato tutto per la squadra.

Per veri patiti di Polito, quest'intervista è pazzesca: parla del ruolo del portiere, di come parare i rigori, di Napoli e di decisioni arbitrali.

All'inizio della stagione successiva, Polito rimane inizialmente fermo. Una scelta necessaria, dopo 4 anni immersivi e un finale di stagione prosciugante. Probabilmente il diesse approfitta di quei mesi per aggiornarsi: altre partite, altri contatti, altro studio. La chiamata arriva prima del previsto: a dicembre l'Ascoli è in una situazione a dir poco precaria. Con 6 punti in classifica dopo 12 giornate, è al penultimo posto in Serie B, ha già esonerato un allenatore (Bertotto, sostituito da Delio Rossi) e sembra disperato.

Polito si trova a dover fronteggiare due impegni ravvicinati e deve lavorare in amministrazione straordinaria: appena ha un momento di respiro, solleva Delio Rossi dal ruolo e sceglie un suo allenatore, Andrea Sottil. Così come Caserta, anche con Sottil c’è un rapporto di amicizia nato negli anni di Catania: inoltre, nelle stagioni precedenti, Polito lo ha affrontato come avversario in Serie C, conoscendolo bene anche come allenatore. Al momento dell'approdo ad Ascoli, il tecnico piemontese ha quasi 46 anni e la miseria di 6 partite (più 2 nei play-out) in Serie B: gli addetti ai lavori lo considerano uno specialista di Serie C (dove ha fatto benissimo con Siracusa, Livorno e Catania) ma nessuno ha il coraggio di dargli un'opportunità al piano di sopra, se si esclude il Pescara nella stagione precedente, che lo ha chiamato in piena estate per cercare di salvare un'altra situazione difficilissima. Risultato: 6 punti in 6 partite e salvezza raggiunta al termine di una drammatica serie di rigori contro il Perugia.

L'occasione di Ascoli è diversa. I bianconeri sono sì in una situazione complicata, ma c'è parecchio tempo per recuperare: bisogna, però, dare un senso alla rosa e alla squadra. Nella conferenza di presentazione, Polito parla di unione e di ragazzi che esultano in blocco, rispetto a pochi giorni prima quando ciò non avveniva. L'intento è quello di recuperare Kragl, ai box per problemi fisici, e far sbocciare il talento di Sabiri, che ha mostrato lampi di talento "ma deve ancora imparare delle cose per diventare un calciatore forte", dice Polito. L'Ascoli sboccia a cavallo delle feste: 7 punti tra Empoli, SPAL e Reggina e la salvezza sembra meno lontana. A gennaio Polito lavora su tanti fronti: dagli svincolati pesca l'estro di Bidaoui – un giocatore di cui dice: "Ti punta tre volte: la prima lo blocchi, la seconda ti salta e basta, la terza ti salta e fa gol" – e l'esperienza di Stoian e Cacciatore; sul mercato riesce a prendere un talento puro come Caligara (ancora oggi al Picchio) ma anche giocatori utili alla causa come Danzi, Parigini, Simeri (suo fedelissimo) e D'Orazio. La ciliegina sulla torta è Federico Dionisi, un altro acquisto emblema del Polito-pensiero e del suo percorso. Il direttore racconta che si sono conosciuti nella nefasta esperienza di Salerno, sviluppando un'amicizia duratura e sincera: è stato questo a convincere definitivamente l'attaccante ex Frosinone, che si rivelerà fondamentale nella rincorsa alla salvezza per carisma, presenza e gol.

Nel girone di ritorno l'Ascoli cambia passo: ritmo da play-off (30 punti) e salvezza conquistata con una giornata d'anticipo. Sabiri chiude il campionato con 8 gol, 4 assist e prestazioni da stropicciarsi gli occhi; Dionisi diventa subito un leader, l'ambiente è sereno e felice. Un risultato che, pochi mesi prima, nessuno avrebbe avuto il coraggio di sognare a cui segue il rinnovo biennale di Sottil, anticamera della sua ascesa: solo un anno dopo, al termine di un'altra stagione positiva nella compagine marchigiana culminata con l'eliminazione al primo turno dei play-off, sarebbe diventato l'allenatore di una sorprendente Udinese. Non al fianco di Polito, però, che nel frattempo è tornato in C: a giugno 2021, infatti, il Bari lo aveva scelto come direttore sportivo per fuggire da una categoria nella quale è rimasto fin troppo. Dopo due anni passati con direttori sportivi ripetutamente delegittimati e poco operativi, la famiglia De Laurentiis aveva quindi scelto un soggetto forte per riprendere la scalata alla Serie A.

Scouting, rapporti e aneddoti

Castellammare e Ascoli sono ruoli preliminari nella carriera di Polito, non tanto per il valore dei risultati raggiunti (eccellenti) quanto per le difficoltà esterne, quelle che emergono meno agli occhi del pubblico. A Bari, Polito si afferma definitivamente come uno dei direttori sportivi più interessanti e peculiari del panorama italiano. Deve fare i conti con due ostacoli rilevanti: da un lato, la grandezza della piazza si riflette nella numerosità di giornalisti e delle pressioni provenienti da ogni fronte; dall'altro, deve gestire una mole di situazioni contrattuali di difficile digestione per quantità e qualità, ereditate dalle precedenti disastrose gestioni sportive. Polito non batte ciglio, si mette a lavoro un'intera estate e sfoltisce sensibilmente la rosa, senza lesinare alcuni colpi col suo marchio di fabbrica: la scommessa più grande è Walid Cheddira, attaccante italo-marocchino classe 1998, miglior score in carriera i 9 gol segnati al Mantova nella stagione precedente. Cheddira arriva dal Parma in prestito di diritto di riscatto, allora fissato a 700 mila euro: una cifra ritenuta, anche a ragione in quel momento, spropositata dai più. Walo vive la sua prima annata tra alti e bassi: atleticamente è un freak, segna una manciata di gol, ma spesso si rivela impreciso e sciupone. Polito lo riscatta sul gong a giugno 2022: abbatte le richieste del Parma, che scendono prima a 300 mila euro, per poi arrivare a 180 mila più il 50% sulla successiva rivendita. Una scommessa poi stravinta, visti i 20 gol e la convocazione in nazionale del Marocco ai Mondiali in Qatar.

Nella prima stagione a Bari, Polito ha l'intelligenza di non stravolgere la rosa a sua disposizione: la spina dorsale è ereditata dalle precedenti gestioni, con Frattali in porta, capitan Di Cesare al centro della difesa, Maita in mezzo al campo e Antenucci davanti. Attorno a loro costruisce una rosa composta da certezze di categoria (tra cui suoi fedelissimi ed amici, come gli esterni difensivi Pucino e Ricci) e qualche scommessa più o meno esotica. In panchina il prescelto è Michele Mignani: una scelta in discontinuità rispetto al suo passato, nel quale Polito ha selezionato solo ex compagni di squadra. Mignani, dopo un’onesta carriera da difensore, viene da anni di gavetta tra Olbia, Siena e Modena: ha sfiorato la B in Toscana con una società allo sbando, ma in Emilia è stato una mezza delusione. In un primo momento Bari non è convinta, ma Mignani è il profilo perfetto per il momento e per la piazza: è l’opposto caratteriale di Polito, pacato e composto, affamato e con un’identità di gioco chiara.

Polito modella la squadra sul 4-3-1-2 richiesto da Mignani, senza fargli mancare nulla: la chicca è il rilancio di Ruben Botta da numero 10, epicentro tecnico della squadra. Il Bari parte tra lo scetticismo ma lo abbatte nell'arco di poche settimane: la partita che sigilla ogni dubbio è la vittoria per 2-1 nello scontro diretto contro il Catanzaro, arrivata dopo una scoppola per 3-0 sul campo della Virtus Francavilla. Il resto è una cavalcata trionfale che porta il Bari a vincere il campionato a Latina con 3 partite d'anticipo.

Ciro Polito e Michele Mignani
Mignani è stato la più grande scommessa di Polito, sia in C che al primo anno di B, e l'ha vinta in ambo i casi. (Foto: SSC Bari)

Nei nove mesi di giubilo, Polito assume credibilità presso il popolo barese giorno dopo giorno, dichiarazione dopo dichiarazione, vittoria dopo vittoria. Il tifo biancorosso apprezza oltremodo la natura spontanea e diretta del suo condottiero; emergono paragoni ironici con Ciro L’Immortale Di Marzio – uno dei protagonisti di Gomorra – con cui Polito condivide parlantina, tratti somatici e l’ovvia provenienza geografica.

Il momento in cui Polito si scatena e dà il meglio di sé è, indubbiamente, quando deve parlare alla stampa. Le conferenze stampa a Bari diventano un genere letterario, con caratteristiche ben distinte ed un canovaccio più o meno regolare. Risponde piccato ai giornalisti, conoscendone e ricordandone articoli, pareri, atteggiamenti; parla senza filtri di qualsiasi tematica; svela retroscena e interazioni con la qualunque. Calciatori, allenatori, agenti: il direttore napoletano fa liberamente nomi e cognomi, racconta dinamiche di trattative e attese, esterna cifre. Ha una passione smodata per gli aneddoti, anche quelli che non riguardano direttamente lui: raccontare la corsetta di Fabrizio Cacciatore a Natale per tornare in forma o l'incastro con Acerbi che ha portato Salcedo a Bari è uno dei piaceri della sua vita, oltre a dargli una trasparenza impareggiabile. Al contrario di quanto si possa pensare, però, raramente Polito critica o punta il dito: non è raro sentirlo lodare comportamenti umili e collaborativi di chi lavora con lui, nonché delle proprietà per le quali opera, sempre difese in ogni situazione. Giocatori come Marco Perrotta, che si è dimezzato lo stipendio pur di andare in prestito alla Pro Vercelli, o Di Gennaro, che lo ha aspettato fino agli ultimi giorni di mercato nell'estate 2021; ma anche calciatori con cui le trattative non vanno a buon fine, come La Mantia, di cui riconosce l'indubbia professionalità benché l'esperto centravanti avesse rifiutato Bari per via della rivalità con il Lecce. 

Verso i pochi che gli complicano la vita, però, Polito è spietato. Il suo codice di lealtà verso il gruppo è ben più solido di quello sperimentato da Prandelli anni prima: chi sbaglia è fuori. Il primo esempio è quello di Michele Cavion, ad Ascoli: i bianconeri sono in emergenza a centrocampo e Cavion deve fare un’infiltrazione per tornare a disposizione. Al suo rifiuto "perché in scadenza di contratto", dice Polito, viene messo fuori lista, senza più reinserirlo, pur in situazioni di grave emergenza numerica. "Quando un giocatore si rifiuta di scendere in campo per me il rapporto è chiuso e con Cavion è finito quel giorno", spiegherà Polito.

Il caso più eclatante è quello di Manuel Marras, esterno offensivo arrivato a Bari nel 2020, quando ha firmato un quadriennale. Polito, dunque, al suo arrivo lo aveva trovato già in rosa, dovendone gestire un'uscita difficile sia per la dimensione contrattuale dell'attaccante genovese (4 anni a cifre pesantissime anche per la B) che per il suo carattere difficile, raccontato dallo stesso Polito come vanitoso e poco incline al compromesso. "Il buon Marras", come l'ha poi rinominato, è diventato episodio ricorrente di diverse sessioni di mercato: la sua riluttanza nell'accettare i trasferimenti, anche quando le società interessate gli avrebbero offerto cifre adeguate e pagamento del cartellino al Bari, è stata spesso ribadita dal napoletano in pubblica sede. Polito non ha mai perso occasione per ripercorrere passo dopo passo tutti gli sbagli di Marras, che è andato in prestito semestrale a gennaio sia nel 2022 che nel 2023 (rispettivamente Crotone e Cosenza), ma poi è tornato in Puglia per ragioni varie.

Il caso Marras è la sublimazione di quanto Polito "soffra" le operazioni di mercato. Francesco Costa, parlando di Sabatini, scrisse che il dirigente umbro parlava di un bilancio sportivo e un bilancio dell'anima. Per Polito, si può parlare più di bilancio nervoso: le energie spese in operazioni diplomatiche ed economiche, a ricucire le parti di affari e accontentare tutti, sia calcisticamente che economicamente, lo prosciugano. Le soffre anche dal punto di vista sociologico: trova di fronte a sé persone con cui non condivide i valori umani prima ancora che professionale, parla di dignità e di rispetto dei ruoli. Con un pizzico di nostalgismo, rimpiange il calcio nel quale lui è stato giocatore, di certo già opulento e ipocrita, ma non ai livelli odierni. Non si può dire, però, che quelle di Polito siano frasi di circostanza: nel costruire le rose delle sue squadre cerca di evitare il più possibile outlier a livello di monte ingaggi, per compattare la rosa anche sotto il punto di vista economico e non creare primedonne nello spogliatoio. Furbescamente, si presenta come un uomo sfiancato dal calciomercato, ma in realtà ci sguazza: è lui l'anima della festa, colui che tutto sa e tutto muove.

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Polito conosce persone, tesse rapporti che non manca di ricordare nella giusta occasione (Genoa e Milan, per dirne due), divora calcio in ogni momento della giornata. Si racconta che, nelle lunghe trasferte settentrionali, Polito dedicasse ore a vedere partite del Renate, squadra che ha seguito a lungo per prelevare Morachioli (ma anche per monitorare Drago, portiere poi trasferitosi al Südtirol), talvolta accompagnato da Antenucci e Di Cesare, da poco diplomatisi direttori sportivi. Se vi affascina il vecchio prototipo di osservatore che gira campi, guarda nelle categorie minori e ha una smodata passione per il colpo ad effetto, con Polito troverete pane per i vostri denti: a Castellammare si ricordano ancora Badr El Ouazni, attaccante italo-marocchino – una sorta di Cheddira ante litteram per caratteristiche – pescato dall'Herculaneum e portato in C. Risultato: 6 gol – di cui uno decisivo nello scontro diretto col Trapani – e 2 assist, fondamentali per la promozione in Serie B. Dopo l'annata in gialloblù, El Ouazni non ha praticamente più segnato tra i professionisti e ha normalizzato il suo bottino di gol in D su numeri annui simili a quelli dell'annata sotto Polito.

Da quanto è dato sapere, Polito non dispone di un team di scout al suo servizio, ma opera in prima persona sia sui nomi che sulle trattative. Adopera, piuttosto, l'aiuto di diversi consulenti esterni: amici e altri professionisti che gli danno dritte su alcuni giocatori e situazioni. Uno di questi, che lo assiste in particolare nella selezione dei portieri, è Fabrizio Lorieri, che Polito ha conosciuto come preparatore dei portieri al Sassuolo. Lorieri, una lunga carriera tra A e B, è considerato nell’ambiente uno dei più esperti in materia di estremi difensori: oggi allo Spezia, in passato è stato preparatore di Sampdoria, Sassuolo e Lecce, tra le sue esperienze più rilevanti. L’ex portiere toscano parla di Polito come di un amico fraterno, ne apprezza il carattere forte ma anche la capacità di leggere le situazioni attorno a sé. È lui, per rimanere all’attualità, che ha consigliato il nome di Brenno a Polito per sostituire Caprile, ora passato in A con l'Empoli.

Ciro Polito
Zoommate sulla cover del cellulare di Polito. (Foto: SSC Bari)

Non di soli colpi effimeri vive Polito: nell'esperienza a Castellammare ha lanciato Strefezza (in prestito dalla SPAL, alla prima esperienza nei professionisti), Gigi Canotto, suo feticcio e giocatore di culto della B degli ultimi anni, e Ivan Provedel, che – dopo un lungo e infruttuoso peregrinare tra A e B – si è messo in luce nei 6 mesi in Campania, segnando anche un gol; per la Juve Stabia il verdetto finale è quello della retrocessione, ma per l'italo-russo quelle partite sono il definitivo trampolino di lancio per l'approdo allo Spezia e poi alla Lazio e in Nazionale. Se già l'idea del Polito scout è idealizzata, nella ricerca dei portieri Polito è ritenuto un taumaturgo: molto banalmente, l'associazione che si fa è che, per via della lunga carriera tra i pali, abbia una capacità più sviluppata di "non sbagliare il portiere", che, come sostiene un altro grande ds vecchia scuola come Corvino, è fondamentale non sbagliare (assieme al centravanti) più della moglie.

I risultati, in effetti, gli danno ragione: Polito, aiutato anche da pareri saggi (si parlava più su di Lorieri), alterna portieri esperti a colleghi giovani con equilibrio, analizzando le necessità tattico-caratteriali in base al resto della costruzione della squadra. Si potrebbe costruire un atlante dei soli portieri della carriera di Polito: a Castellammare, l'esperto Branduani e l'emergente Provedel hanno segnato la sua esperienza; ad Ascoli ha trovato e mantenuto Leali, un tempo promessa del calcio italiano e oggi garanzia della B; a Bari ha giocato la prima stagione con il vice-capitano Frattali, per poi scovare dalla Pro Patria Elia Caprile, che ha presto relegato in panchina il precedente numero uno.

Caprile è stato una vera e propria folgorazione: protagonista sin dalla partita di Coppa Italia contro il Verona, il portiere scuola Chievo ha mantenuto un livello di prestazioni altissimo per tutta la stagione non mostrando difetti apparenti. Riflessi eccellenti, ottime letture nelle uscite alte e basse, confidenza nel gioco coi piedi: il portiere veronese ha lasciato un segno nella sua esperienza in biancorosso, attirando su di sé le attenzioni di scout da Serie A ma anche da società estere (il Benfica, ad esempio): alla fine si è verificato lo scenario più prevedibile, quello "interno", col passaggio al Napoli e prestito all'Empoli, un'università dei portieri dove potrà crescere al meglio. Discorso a parte lo merita Emanuele Polverino, secondo portiere sia a Castellammare che anche a Bari, assorto ad eroe nelle ultime partite della Serie C vinta appena ceduto alla Vis Pesaro, grande amico di Dorval; probabilmente Polito rivede qualcosa di sé in lui, nel modo di essere protagonista anche dietro le quinte.

Una stagione da sogno

Tornato in Serie B col Bari, Polito lavora su un budget piuttosto contenuto rispetto a quello delle big della seconda serie. Nonostante il bisogno di inserire certezze per passare un'annata tranquilla, non si lascia sfuggire alcune scommesse: questa volta internazionali, andando a pescare lo sloveno Zan Zuzek dal Koper per 300 mila euro e l'attaccante Aurelien Scheidler dal Dijon per una cifra non ancora chiarita ma attorno al milione abbondante di euro. Prova, inoltre, a dare un’altra opportunità a Damir Ceter, attaccante dalle qualità fisiche notevoli ma con i muscoli di cristallo. A Bari non lo esplicita nessuno, ma l'obiettivo di un'annata tranquilla non può essere convincente: il Bari non può vivacchiare in B, e dopo le prime sorprendenti partite, con un Cheddira che cammina sulle acque, la realtà diventa quella di una squadra che può veramente puntare alla Serie A.

La conferma di Mignani, che in estate aveva scatenato tanti musi lunghi, è l'ennesima scommessa vinta da Polito. Il tecnico genovese, alla prima esperienza in B, non batte ciglio e si comporta benissimo: a volte viene accusato di esagerato attendismo, sia nello stile di gioco che nei cambi, ma i risultati gli danno pienamente ragione. Dopo aver accarezzato a lungo il sogno promozione diretta, il Bari si presenta ai play-off con i galloni del favorito, e qui ci ritroviamo all'inizio della storia. Polito non teme il ruolo del favorito, o almeno è quello che vuole mostrare a sé e alla piazza tutta: si presenta in conferenza spavaldo e sicuro. Ricorda a tutti che, nonostante i quattro pareggi a disposizione, bisogna partire per vincere sia in semifinale che in finale. Lo svolgimento delle doppie sfide contro Südtirol e Cagliari fa storcere il naso in questo senso, ma il risultato finale, nonostante la cocente delusione, rimane di pregio: con un budget da bassa B, il Bari è arrivato a 100 secondi dalla Serie A.

La bontà delle scelte di Polito l’ha rivelata l’estate: già detto di Caprile, Folorunsho, che sembrava limitato alla dimensione di buon centrocampista d’inserimento di B, si è rivelato un mostro con la dinamite nei piedi lanciato in Serie A; Dorval, arrivato dalla Serie D, nonostante la stagione di alti e bassi, ha chiuso in crescendo grazie ad un rush play-off elettrizzante; Morachioli, il “giocatore bellino” (come l'aveva definito lui) preso a gennaio, si è rivelato essere un esterno dribblomane e peculiare anche all’interno della sua stessa categoria. Il Bari non ha raggiunto la Serie A, ma ha posto solide basi per non affondare in C, mantenersi sano e puntare presto alla massima serie: buona parte del merito è anche del lavoro coerente del suo direttore sportivo.

Presente e futuro

Il mercato appena concluso è stato il più difficile della sua carriera: mantenere obiettivi prestigiosi con un budget ancora una volta ristretto non è facile per nessuno, nemmeno per un direttore così scafato come Polito. In più, rimpiazzare due giocatori dall'impatto fortissimo come Caprile e Cheddira è difficile sia tatticamente che emotivamente. Polito si muove in maniera diluita: nelle prime battute del mercato prende il giovane Faggi (dall'Imolese, altra squadra che monitora sovente) e Marco Nasti, promettente centravanti scuola Milan nel gruppo dell'Under 21, assieme alla grande scommessa Jeremy Menez, purtroppo già naufragata per via della rottura del legamento crociato di Houdini.

Con Nasti, Polito dimostra di imparare dal passato: su Benedetti serba ancora il rimpianto di non aver insistito con la società per inserire il diritto di riscatto e controriscatto, cosa che prontamente è stata fatta con il nuovo numero 9 biancorosso. Anche in questo mercato sono arrivati colpi esteri: detto di Brenno, il portiere brasiliano arrivato dopo qualche tentennamento dal Gremio, a centrocampo è stato scelto Edjouma, gigante franco-marocchino proveniente dall'FCSB scelto per sostituire Folorunsho.

I colpi più rilevanti, dopo un empasse di qualche settimana, sono però arrivati nelle ultime settimane di mercato. Peppe Sibilli, trequartista elegantissimo con tanta voglia di riscatto; Davide Diaw, prima punta "di categoria"; Mattia Aramu, top assoluto di categoria nel pieno della carriera, che ha già lavorato con Mignani a Siena. Il colpo più intrigante e più letterario, però, è quello di Ismail Achik, ala destra marocchina dell'Audace Cerignola – di cui vi abbiamo parlato nella monografia sul club gialloblù. Seguito e inseguito da un anno, l'approdo di Achik a Bari in quest'estate sembrava un colpo annunciato da mesi, prima del congelamento della trattativa a luglio. Sul gong di mercato, però, è arrivato un ritorno di fiamma: la trattativa con il Cerignola è proceduta liscia, anche grazie al rapporto di profonda stima reciproca covato da Polito e Di Toro, due tra i migliori dirigenti in ascesa del calcio italiano, concludendosi con un accordo tra i 300 ed i 400 mila euro per un ragazzo reduce da 10 gol e 7 assist alla prima stagione nei professionisti.

Nonostante i pochi anni di carriera, Polito ha già una carriera rilevante alle spalle. Di più: al di là dei risultati, si è già creato un’identità forte, inattuale ma non antiquata. Ha un carattere duro ma sa essere diplomatico, vede calcio in ogni momento utile ma conosce norme e regolamenti al dettaglio, nel condurre le trattative ragiona già col portafoglio in mano, senza abbandonarsi a spese folli. Il suo è un profilo che interessa diverse società di Serie A: si sono fatti i nomi di Empoli e Napoli, società nelle quali un profilo del genere si integrerebbe spontaneamente. In attesa di conoscere il suo futuro, aspettiamo la prossima conferenza di Ciro Polito per sentir parlare di calcio e aneddoti inaspettati.


  • Nato ad Andria nel 2001. Studente di economia e management con una smodata passione per i quiz, l'animo di Jimmy McGill e la figurina di Edin Dzeko nel portafoglio.

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