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Antonio Candreva
, 29 Agosto 2023

Antonio Candreva sta vivendo una nuova giovinezza


Come Paulo Sousa ha rivitalizzato il talento dell'esterno romano.

La Serie A, in una delle sessioni di calciomercato più bizzarre della storia, riparte da alcune certezze: Antonio Candreva è una di queste. Il centrocampista romano, classe '87, è infatti uno dei giocatori più esperti e longevi del nostro campionato. Nella partita contro l’Udinese ha toccato quota 470 partite giocate nella sola Serie A, rimanendo secondo solo ad Andrea Consigli per numero di presenze (tra i giocatori ancora in attività). Non un traguardo banale, se si pensa che alcuni mostri sacri del nostro campionato come Daniele De Rossi, Roberto Baggio, Alessandro Costacurta hanno collezionato meno presenze del centrocampista attualmente in forza alla Salernitana.

Questi numeri lascerebbero presagire ad una carriera lineare, progressiva, senza troppe sbavature. Eppure la carriera di Candreva è stata tutt'altro che lineare, anzi per certi versi somiglia al moto ondoso delle montagne russe. Momenti di picco, in cui il numero 87 sembrava inarrestabile in tutto il suo strapotere fisico si sono alternati a momenti di down, in cui lo stesso giocatore sembrava un lontano parente di se stesso. In un certo senso la sua carriera è stata perfettamente aderente alla parabola del campionato italiano, quasi come se Candreva fosse stato un'estensione di esso, una personificazione allegorica del movimento calcistico nazionale. Non a caso, una delle fasi peggiori della sua carriera coincide con il drammatico Italia-Svezia che ci ha impedito di giocare il mondiale di Russia. Tanto che i giornali dell'epoca – anche alla ricerca di un capro espiatorio – avevano additato Candreva come uno dei principali artefici della disfatta.

Un rendimento altalenante assolutamente inspiegabile. Con la maglia biancoceleste della Lazio addosso, Candreva è stato uno degli interpreti più determinanti. Bruciava un fuoco ardente dentro di sé, che fuori si tramutava in un brutale killer istinct. Ricordiamo tutti i missili terra-aria sganciati da quel piede destro, spesso e volentieri finiti sotto al sette. Con la maglia dell'Inter, invece, sembrava aver smarrito tutta la magia che aveva incamerato negli anni precedenti. Si è trasformato in un meme vivente, dando in pasto alle telecamere il lato tecnico peggiore di sé. Ricordiamo tutti quel periodo di Banter Era dell'Inter in cui era fin troppo facile ironizzare sui tentativi di cross sbilenchi dell'esterno romano. Tanto che addirittura i suoi cross erano presi come metro di paragone per definire una scelta sbagliata.

La parentesi interista, dalle tinte tragicomiche, sembrava poter chiudere la carriera di Candreva. Non tanto in senso letterale, quanto metaforico. Sembrava non si potesse vedere più il giocatore spacca-partita visto alla Lazio. Eppure, da quando Paulo Sousa siede sulla panchina della Salernitana, si è visto un nuovo, rigenerato, Antonio Candreva. Come si dirà più avanti, il tecnico portoghese ha portato Candreva al centro della manovra, spostandolo da quella zona laterale di campo che era abituato a calcare. Il rendimento è sotto gli occhi di tutti.

A questo punto vale la pena porsi una domanda: e se non avessimo goduto di tutto il talento di Candreva a causa delle rigide funzioni che gli venivano richieste inizialmente? Per rispondere a questa domanda bisogna prima di tutto capire come il ruolo di Candreva è cambiato nel corso del tempo.

Il paradosso della duttilità

Le principali doti dell'ex Lazio sono senza dubbio l'atletismo e la duttilità tattica. Transfermarkt, a questo proposito, ci dice che Candreva ha calpestato tutte le zolle del centrocampo: ha giocato su entrambe le fasce, sia come ala che come laterale, come trequartista e, in qualche occasione, anche da centrocampista centrale. Candreva però non ha mancato di ribadire come il suo ruolo preferito sia quello del trequartista e che, proprio per via della sua duttilità, si sia ritrovato a ricoprire anche altre zone di campo.

Il primo spostamento stabile verso l'esterno è avvenuto col passaggio alla Lazio, sotto la guida di Edy Reja, ruolo poi mantenuto da tutti gli allenatori che si sono avvicendati sulla panchina della Lazio (Petković, Pioli e, per qualche partita, Inzaghi). La scelta di ritagliare a Candreva un posto sulla destra all'altezza della trequarti avversaria si è rivelata particolarmente azzeccata, visto il suo modo di attaccare direttamente la porta.

L'attacco diretto alla porta veniva facilitato ulteriormente dai suoi compagni del tridente offensivo. Miro Klose, ad esempio, per quanto tecnicamente brutalista, era un attaccante tanto abile a occupare l'area quanto a svuotarla, alimentando l'istinto di Candreva a penetrare in diagonale puntando alla porta. Il Candreva laziale, poi, era un giocatore più propenso al dribbling di quello del periodo interista. Una caratteristica che lo rendeva adatto a giocare nell'ultimo terzo di campo senza troppo preoccuparsi di coprire gli altri settori di campo che gli erano alle spalle.

Guardando alcuni spezzoni di Candreva alla Lazio, si nota subito la grande libertà di movimento di cui godeva. Non era ancora ingabbiato in quel ruolo antipatico di crossatore compulsivo che avrebbe assunto all'Inter e questo gli ha consentito in più occasioni di poter sfogare il proprio estro e la sua istintività. Come un bambino che si approccia al calcio di strada.

Il Candreva della Lazio poteva essere decisivo anche partendo da sinistra e rientrando dentro il campo.

Nel momento del suo passaggio all'Inter, Candreva è uno degli esterni più impattanti della Serie A. Al tempo stesso, però, l'Inter è nel pieno della sua banter era e in quella stagione cambia tre volte allenatore: prima con le dimissioni di Mancini e poi con gli esoneri di De Boer e Pioli. Nella sua prima fase interista, Candreva viene collocato nella stessa porzione di campo che già presidiava alla Lazio, ma con funzioni diverse rispetto a quanto faceva prima. La libertà di movimento viene ridotta ai minimi termini, rendendo il suo gioco altamente prevedibile. Insomma, non è più Candreva che costruisce l'azione per se stesso, ma Candreva che costruisce l'azione principalmente per Icardi.

L'Inter in quegli anni particolarmente concitati, si aggrappa ai gol di Mauro Icardi. L'argentino, nonostante la giovane età, diventa anche capitano e ciò in un certo senso lo legittima a sentirsi al centro del progetto. Icardi in quel momento è il fulcro del gioco dell'Inter, con Perišić e Candreva ai suoi lati che sembrano giocare solo in funzione ancillare. Ma mentre Perišić riesce a trovare anche una certa continuità realizzativa, Candreva sembra esser deputato solo a sparare palloni in mezzo. Come se non si potesse fare altro in un campo da calcio.

In poche occasioni i famigerati cross di Candreva hanno condotto ad un'azione da gol (o anche solo ad azioni realmente pericolose). Tanto è vero che Spalletti, qualche tempo dopo aver preso la guida dell'Inter, farà un pubblico mea culpa: "Gli ho chiesto io di tirarli in quel modo, sul vertice corto per andare ad anticipare. Poi uno che ha un piede importantissimo come Antonio ha bisogno che gli si conceda mezzo metro. Cercherò di liberarlo un po’ perché le sue qualità sono superiori alle mie conoscenze, lo lascerò libero di interpretare le scelte". Con queste parole, Spalletti ha di fatto evidenziato il limite più grosso che Candreva ha incontrato nel corso della sua carriera post-laziale: l'assenza di libertà nelle giocate.

Con l'arrivo di Conte si apre però una seconda fase della parentesi interista di Candreva. L’allenatore leccese con l’arrivo di Lukaku e la partenza di Icardi mette subito in chiaro le sue intenzioni in campo. Il 3-5-2 di Conte è un concentrato di automatismi iper-allenati, soprattutto nella gestione del possesso. In questo contesto, anche la preparazione estiva a ritmi folli aiuta Candreva a tornare in campo con un fisico più asciutto e un approccio quasi militare al suo ruolo. Un po' come successo durante l'Europeo di tre anni prima, Candreva si presenta in campo come esterno a tutta fascia, perdendo definitivamente la sua libertà creativa in campo.

I dati fbref a questo proposito ci dicono che tra il 2017 e il 2019 (quindi nel passaggio tra Spalletti e Conte) i palloni toccati da Candreva sono molti meno che nel resto della sua carriera e al tempo stesso molto più concentrati nella trequarti difensiva. È evidente come la funzione del centrocampista romano sia ulteriormente cambiata rispetto ai primi anni con la maglia dell'Inter e, soprattutto, come si sia progressivamente allontanato dallo svolgimento della manovra e dalla porta avversaria. Con Conte in panchina, Candreva assume più la fisionomia di un maratoneta che di un'ala destra fisica come lo era alla Lazio. Assume uno stile di gioco molto più spigoloso che qualitativo, indubbiamente più funzionale alla squadra del mister leccese. Dopo esser stato reinserito nell'organico da Conte, però, la sua esperienza all'Inter si chiude dopo appena un anno con il suo passaggio alla Sampdoria.

La libertà con Paulo Sousa

Il ringiovanimento muscolare sotto Conte è stato senza dubbio utile per Candreva. Negli anni successivi alla parentesi interista, l'esterno romano è sceso in campo in quasi tutte le partite di Serie A, a meno di rare eccezioni. Il suo ruolo, però, è rimasto prevalentemente quello di esterno di centrocampo. C’è anche da dire che Candreva, essendosi trovato in ambienti con poche ambizioni, ha riacquistato il posto da leader tecnico ed è tornato a produrre maggiormente in termini offensivi, come dimostrano i 12 gol e 18 assist in due anni con la Samp. È in questo contesto che Candreva, pur non essendo stato spostato formalmente di ruolo, ha iniziato ad avere un po' più di libertà nei movimenti. E infatti l'esterno romano si trasforma in un jolly offensivo, che parte dalla fascia di competenza e converge in mezzo per trovare corridoi per i compagni di squadra.

La questione del ruolo è apparsa chiara fin da subito a Paulo Sousa, che ha sostituito Davide Nicola sulla panchina della Salernitana. L’allenatore portoghese è estremamente analitico nelle sue scelte - e anche molto disposto a parlarne, come avvenuto dopo la partita contro la Roma di inizio stagione - e ha contribuito all'ultimo step nell'evoluzione in campo dell'esterno romano. A questo proposito il tecnico lusitano dirà di Candreva: “È un giocatore di un’intelligenza tale da poter essere impiegato ovunque. Voglio che sia dentro al campo e che sappia leggere i veri momenti della gara. Stiamo parlando di un giocatore molto importante per noi ed io devo provare a sfruttare le risorse a disposizione nel miglior modo possibile”.

Il manifesto del nuovo Candreva è racchiuso nell’elaborata azione che porterà al gol del momentaneo 1-1 contro la Roma. L’ex Lazio sembra essere l’unico nella squadra di Sousa a godere di assoluta liberà di movimento e a poter galleggiare in tutta la trequarti offensiva. Nell’azione qui sotto, Candreva parte da destra, attacca la profondità e legge bene il movimento di Bradaric. Mentre il terzino andrà dentro al campo, Candreva occuperà momentaneamente la fascia sinistra per giocare qualche pallone con i difensori della squadra granata. Ne approfitta poi del varco lasciato dalla difesa giallorossa per inserirsi e rifilare un destro sotto la traversa su cui Rui Patricio può fare ben poco.

Ciò che veramente sorprende è la morbidezza con cui Candreva gioca il pallone, come se stesse affrontando la partita in pantofole. Come se non avvertisse la fatica di muoversi instancabilmente in mezzo al campo, anche se nella partita contro la Roma ha percorso più chilometri di tutti gli altri. Un atteggiamento diverso dal ruvido aratore della fascia destra che eravamo ormai abituati a conoscere, sintomo di una serenità e libertà ritrovata in mezzo al campo. E questo, ovviamente, si manifesta platealmente anche nelle giocate: come il secondo - splendido - gol contro la Roma in cui prima stoppa la palla di destro e poi con un morbido sinistro mette la palla alla destra dell’incolpevole portiere dei giallorossi.

Il modo in cui Paulo Sousa ha messo Candreva al centro della sua squadra ci ha restituito un giocatore con qualità che non avevamo visto. Abbiamo sempre visto Candreva muoversi in maniera frontale verso la porta avversaria e quasi mai muoversi spalle alla porta. Ora, invece, con Paulo Sousa sembra che la tendenza si sia invertita: il nuovo trequartista della Salernitana si abbassa spesso per cercare scambi con i compagni e per cercare di stirare le maglie della difesa avversaria.

Paulo Sousa non è stato solo bravo a interpretare le qualità tecniche di Candreva, ma ci ha anche ricordato come il talento - perché sì, Candreva è un giocatore di talento - debba essere portato al centro e non sacrificato in nome del collettivo. Anche perché si è visto come l’ex Lazio, con una maggiore libertà di movimento, sia in grado di associarsi meglio ai suoi compagni di squadra. Disperdere il talento in nome di convinzioni rigide è uno dei peccati più gravi che si possano commettere nell’ambito calcistico ed è probabilmente ciò che la scuola italiana sta pagando da quasi un decennio a questa parte. Ma questa, come direbbe l’Avvocato Buffa, è un’altra storia. Ritornando a noi, invece, siamo sicuri di poterci godere in questo momento storico uno dei migliori Candreva.


  • Classe 1996. È ancora convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone. Gli piace l'odore delle case dei vecchi. Considera il 4-3-3 simbolo della perfezione estetica.

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