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, 14 Agosto 2023
7 minuti

Abbiamo visto la prima partita di Saudi Pro League


E in generale siamo rimasti delusi.

"Erasmus" è la rubrica del lunedì in cui vi raccontiamo una partita frizzante dal weekend di calcio internazionale. Per recuperare gli episodi precedenti, li trovate qui.

Sarebbe forse fin troppo facile fermarsi alla superficie. È proprio lei, l'Arabia Saudita, che deve la sua ricchezza all'attività di scavo ed estrazione dalle viscere della terra. Non sarebbe coerente, quindi approcciarsi alla Saudi Pro League recuperando gli highlights della tripletta nella partita inaugurale di Roberto Firmino o sintonizzarsi su La7 di lunedì sera per il primo big match del campionato. Per capire se vale realmente la pena seguire il campionato saudita, per valutare se preferire una partita nell'aria condizionata del regno mediorientale o una gara tra squadre già matematicamente salve della Serie A Made in Italy verso fine marzo, bisogna scavare.

Troppo facile farsi condizionare da uno dei Cinque Fratelli (sarebbe meglio Cinque Sorelle, sempre meno delle nostre Sette ma non così apprezzate dalla Monarchia del Golfo), le squadre storicamente dominanti del calcio saudita, o da qualcuno dei quattro club la cui proprietà è stata trasferita nelle mani di società controllate dallo Stato all'interno dello Sports Clubs Investment and Privatization Project – progetto di cui Simone Tommasi e Michele Cecere hanno scritto alcune settimane fa. Per giudicare quanto il campionato arabo sia (ancora) lontano dai migliori campionati europei, è la classe media a ergersi come metro di paragone: cosa meglio di Al-Tai FC-Damac FC per farsi un'idea?

Al-Tai FC e Damac FC l'anno scorso hanno abitato le stesse zone di classifica, finendo per scambiarsi di posizione all'ultima giornata e costituire l'enjambement tra la parte destra e quella sinistra della classifica. Il Prince Abdul Aziz bin Musa'ed ha le sembianze di uno stadio progettato per ospitare solo e soltanto meeting internazionali di atletica, con un'unica tribuna coperta sul lato lungo e la pista attorno al rettangolo verde che pare estendersi all'infinito dietro le porte. I padroni di casa, i più amati del nord ovest d'Arabia, aprono così la Saudi Pro League 2023/2024 ospitando un'altra delle squadre non della capitale, giunta nella città di Haʼil dopo la trasferta più lunga dell'anno, assimilabile per distanza e impatto simbolico a un Südtirol-Palermo.

Orfani per la terza stagione consecutiva della sfida coi concittadini dell'Al-Jabalain FC, i Faris Al Shamal (Cavalieri del Nord, pressappoco) dell'Al-Tai si devono accontentare del derby dei soprannomi, inaugurando l'annata con la calcistica battaglia coi Faris Al Janub (Cavalieri del Sud, pressappoco) del Damac. Ad aggiungere tensione alla sfida è il ritorno in panchina di Krešimir Režić, giunto nel nord-ovest in estate dopo l'esonero della scorsa stagione della Saudi Pro League. Da quale squadra? Fatalmente, dal Damac.

Dal 1' trovano spazio tutti i nomi di grido (se di paura o stupore, fate voi) arrivati in estate: tra i pali Victor Braga, brasiliano con una mediocre carriera da riserva in Portogallo; la coppia di centrali difensivi Bauer-Roco, il primo 28enne, tedesco con passaporto kazako, reduce da una novantina di presenza in Bundesliga e da un biennio al Sint-Truiden in Jupiler Pro League, e l'altro 30enne, cileno e reduce dalla retrocessione con l'Elche in Spagna, che nel 2018 ha bagnato il proprio esordio in Europa League col Besiktas con un gol su assist di Adem Ljajic.

Terzino destro, col pericolosissimo numero 88, si posiziona Ibrahim Hussain Al-Nakhli, 26enne giunto dal Damac in estate e subito di fronte agli ex compagni; in mezzo al campo, alla sinistra di Alfa Semedo, 25enne della Guinea Bissau, cresciuto nelle giovanili del Benfica e capace di segnare all'esordio in Champions a 21 anni contro l'AEK. Accanto a lui c'è Bernard Mensah, trequartista ghanese acquistato per €6.000.000 dall'Atletico Madrid nel 2015 e arrivato dal Kayserispor dopo 6 stagioni in Turchia; in avanti Virgil Misidjan, 30enne olandese scuola Willem II, arrivato da una settimana dal Twente e con 5 titoli consecutivi vinti in Bulgaria con il Ludogorets.

Scritte in bianco su sfondo grigio chiaro: un applauso ai grafici e ai SMM dell'Al-Tai.

Subentrato in corsa nel marzo scorso, alla guida del Damac c'è Cosmin Contra, che qualcuno si ricorderà per la rissa scatenata con Edgar Davids al Trofeo Tim 2002 nella sua unica stagione al Milan e che, dopo alterne fortune da allenatore tra Spagna e Romania, ha traslocato in Arabia per allenare l'Al Ittihad; nel 2022 ha però perso il campionato all'ultima giornata dopo aver sprecato 16 punti di vantaggio sull'Al Hilal, venendo esonerato e sostituito da Nuno Espirito Santo. Non figura nell'XI titolare Fahad Barakah Al-Johani, 31enne arrivato proprio dall'Al-Tai in estate e a cui Transfermarkt riconosce come ruolo naturale quello di punta centrale e come alternativa difensore centrale.

Nonostante la grafica, Domagoj Antolić non è brasiliano ma un 33enne di Zagabria con 17 anni alle spalle, tra giovanili e prima squadra, nella Dinamo.

Primo aspetto surreale: il fischio d'inizio coincide perfettamente con quello di Al Nassr-Al Hilal, finale di Arab Cup Champions League. I dubbi sulla volontà di promuovere l'intero prodotto sorgono spontanei: prima di arrivare ai livelli del tanto bistrattato calcio italiano, per fare un esempio, la sovrapposizione di competizioni differenti ma che coinvolgono le stesse squadre non è consigliata, costringe l'appassionato a dover fare una scelta quando un semplice cambio d'orario avrebbe evitato tutto. Come se in Italia si giocasse uno spareggio salvezza e una finale dei play-off di Serie B nello stesso momento.

La palla è in pieno controllo del Damac sin dal fischio d'inizio: anche quando gli ospiti si dispongono con una difesa posizionale su 3 linee compatte, sono loro a decidere quando e come l'Al-Tai gliela riconsegnerà dopo un lancio troppo lungo o un appoggio troppo corto. L'unico non arabo in maglia rossoblu, Antolić, vorrebbe anche dirigere tempi e modi del pressing della squadra di Contra, ma spesso si ritrova a coprire i buchi di compagni che, banalmente, non hanno idea di dove stare in campo. Lo si ritrova un'azione a costruire come terzino destro e quella dopo a sostituire l'esterno destro nell'avanzare quando la costruzione dell'Al-Tai si sviluppa sulla fascia vicino alle panchine: l'ipotetico gioco di posizione di Contra, finora, è solo presunto.

Numeri illeggibili e una pettorina probabilmente cucita per un ragazzino delle giovanili destinata a Cosmin Contra.

In linea teorica bisognerebbe aggiungere qualcosa sulla gara. Si dovrebbe apprezzare come giocatori che fino a un paio di stagioni fa promettevano di avere un futuro dignitoso in Europa, in un contesto embrionale come la Saudi Pro League, facciano la differenza anche giocando in ciabatte, qualunque cosa questo voglia dire. E invece no. Il primo tempo si sussegue tra errori tecnici e una diffusa insofferenza mentale allo sforzo di una partita di calcio professionistico. Ad attirare l'attenzione, inevitabilmente, sono dettagli che con la palla di cuoio c'entrano lateralmente.

In ordine sparso: uno steward poco interessato sullo sfondo; tanti giovani a cui è stato detto di mettere la prima maglia bianca che trovavano nell'armadio e, sulla destra, un uomo con un cappellino che cerca di togliersi da davanti un megafono per osservare gli scambi di posizione tra Mensah e Tariq.

Al 31' la prima scena di campo surreale: Alfa Semedo, uno che potrebbe davvero dominare se facesse almeno finta e che invece, nonostante la fascia al braccio, le ciabatte di cui sopra le ha lasciate di fianco al letto, si libera del pallone nel cerchio di centrocampo. Il passaggio verso Misidjan è loffio, così come tutti quelli tentati sino al momento. Bedrane anticipa e cerca Antolić sulla fascia sinistra. Roco, probabilmente irretito da un capitano che, perso il pallone, rimane fermo a indicare i movimenti dei compagni senza muovere nessun altro muscolo, rompe la linea e, senza alcun motivo calcistico logico, compie uno scatto di 30 metri in diagonale per strappare la sfera dai piedi del croato. Contrasto vinto e pallone riciclato verso Mensah o lo stesso Misidjan? No: contrasto vinto e palla spedita in strada. Pubblico in visibilio.

Al 43' la seconda scena di campo surreale: Hassan Abosurhri, trequartista del Damac ammonito pochi minuti prima per una maldestra simulazione in area avversaria, contrasta Misidjan sulla propria trequarti. Entrambi cadono a terra e l'arbitro fischia fallo per l'Al-Tai. Vista la zona di campo e la dinamica dell'azione, il secondo giallo scatta in automatico. Abdullah Al-Harbi si avvicina e aspetta solo che Abosuhri si rialzi per espellerlo. Attenzione, fermi tutti: dalla pancia dello stadio arriva una voce. Nessun gesto con le dita; nessuna corsa a perdifiato verso il monitor VAR; nulla se non un dito che spinge la cuffia il più possibile dentro al padiglione auricolare: decisione cambiata, senza farlo capire esplicitamente. Fallo per il Damac. Quando Contra e tutta la panchina ospite si stanno già attrezzando per predisporre la gestione della superiorità numerica. Così.

Step on foot?

La prima frazione raggiunge l'apice nel recupero: Abdulaziz Ali Al-Bishi, attaccante con 21 presenze nell'Arabia Saudita, spreca l'unica reale occasione da gol prodotta da entrambe le formazioni sino al momento. Qualsiasi commento sarebbe superfluo, le immagini parlano da sé.

Tutta la curiosità che si poteva avere sul calcio come agglomerato di gesti tecnici e agonistici si è trasformata in attesa per l'apparizione del dettaglio grottesco. Ad esempio la scoperta che la scritta Jabal Damac sul colletto degli ospiti significa Montagna di Damac, come se l'Atalanta avesse come sponsor Città Alta. La quantità di tempo irreale impiegata dal VAR per determinare il fuorigioco di Misidjan sulla rete di Harzan.

Sei minuti di controllo per determinare questo.

La nostalgia che assale al 64' chiunque abbia giocato a PES 2013, fondando una Carriera Allenatore buttandosi a colpo sicuro come primo acquisto su un trequartista ossuto dell'AZ con potenziale pressoché illimitato, e vedere subentrare Maher a Bader Munshi. Adam sembrava avercela fatta anche nella vita reale, negli anni del PSV di Cocu, ma una squadra dove Maxime Lestienne faceva doppiette in Champions non poteva essere effettivamente presa troppo sul serio. Tornato all'AZ nel 2018, a 7 anni dall'ultima volta, e dopo un triennio a Utrecht, la scelta dell'Arabia. La disposizione della difesa del Damac sul gol decisivo di Al-Harabi che ha meno a che fare con un rettangolo verde rispetto al dripping painting di Pollock.

Il risultato finale dirà 1-0 Al-Tai, con una mischia degna di Mai Dire Gol nel recupero ad aumentare i rimpianti del Damac. Per i Cavalieri del Sud le lacune in fase di finalizzazione sono enormi, per cui la società è corsa subito ai ripari. Quale attaccante centrale col vizio del gol avrà mai accettato la corte saudita? Esatto, abbiamo pensato tutti a lui: Assan Ceesay.

Giudicare il livello medio di attrattività e competitività di un torneo dopo una singola partita è impossibile e pretestuoso. La Saudi Pro League merita di essere seguita, sì. Se si vogliono gustare un paio d'ore di risate amare. Per una partita di calcio, magari, è ancora troppo presto.


  • (Bergamo, 1999) Calcio e pallacanestro mi hanno salvato la vita, ma anche il resto degli sport non è male. Laurea in Lettere, per ora, solo un pezzo di carta.

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