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Stephan El Shaarawy esulta mimando un faraone con le braccia incrociate sul petto.
, 4 Agosto 2023

La terza vita di Stephan El Shaarawy


Il Faraone è molto maturato negli ultimi anni alla Roma.

Il 22 dicembre del 2012 il ventenne Stephan El Shaarawy concludeva con 14 gol e 2 assist un girone d’andata di Serie A fantastico, che lo aveva consacrato come un giocatore imprescindibile per il Milan. Da quel momento però la sua carriera ha preso una piega differente da quello che ci si aspettava, è vero; ma a distanza di quasi undici anni il Faraone continua ad essere un giocatore importante in Serie A, seppure in maniera diversa.

Crescendo, El Shaarawy è cambiato come giocatore: è diventato molto più intelligente tatticamente e in grado di coprire differenti zone di campo. Nella passata stagione, José Mourinho lo ha schierato: largo a sinistra in una difesa a cinque; a destra in attacco; come seconda punta; al fianco di Abraham e, infine, anche nella sua posizione naturale, a sinistra in un tridente offensivo. Ed El Shaarawy si è sempre fatto trovare pronto, dimostrando uno spirito di abnegazione che gli è valso l’ammirazione del tecnico portoghese, che è arrivato addirittura a scusarsi pubblicamente per averlo escluso dalla partita di ritorno in Europa League contro il Salisburgo a febbraio.

Nel 2012 ipotizzare questa parabola di crescita era pressoché impossibile. Il talento sbarazzino che strappava la partita con le sue accelerazioni ha lasciato spazio all’uomo maturo, più saggio e fine lettore del gioco. Le qualità tecniche sono rimaste invariate: i piedi sono ancora educatissimi e la capacità di condurre il gioco in transizione è sempre eccezionale ma, inevitabilmente, nella testa del giocatore della Roma deve essere scattato qualcosa. Nella stagione 2018/19, quella precedente al trasferimento in Cina, El Shaarawy aveva giocato una delle migliori stagioni della sua carriera.

Poi, dopo l’esperienza allo Shanghai Greenland Shenua e il ritorno in giallorosso, qualcosa è cambiato. Anche a causa dei molti problemi fisici, non è più tornato a pieno il velocista che era. Ha riflettuto, ha ascoltato il proprio corpo e ha preso la decisione più umana che potesse prendere: ha scelto di adattarsi. Se, arrivati a questo punto, vi sorge spontanea una domanda è probabilmente la stessa che ci siamo posti noi e che ci ha portato a scrivere questo articolo: “Ma che tipo di giocatore è adesso El Shaarawy?”

Cosa non è cambiato

Se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio, per descrivere El Shaarawy non si può che partire dai tratti in comune tra il calciatore che fu e quello che è diventato. Da sempre – fin da quando, cioè, vestiva la maglia del Padova – lo stile di gioco di El Shaarawy si è appoggiato su due signature moves intramontabili: le accelerazioni a tagliare in diagonale il campo e le sterzate per rientrare sul destro e calciare a giro.

Entrambe si ritrovano ancora oggi intatte nelle partite di El Shaarawy. Lo dimostra la sua statistica sulle corse progressive della passata stagione: 3.70 per 90’. Un dato buono ma non eccezionale per un esterno offensivo – El Shaarawy rientra nel 72esimo percentile considerando gli esterni dei migliori campionati europei – ma che è invece molto alto tra i terzini a tutta fascia – dove invece è nel 94esimo percentile. Delle sue corse progressive, poi, 1.28 ogni 90’ terminano nell’area di rigore: un dato che pone El Shaarawy nel 98esimo percentile tra i terzini (dati Fbref).

Le accelerazioni di El Shaarawy avvengono principalmente in fase di transizione e spaccano a metà le difese che vivono costantemente minacciate dalla sua rapidità. Nella clip in basso c’è una breve dimostrazione di quanto Il Faraone sia efficace in questi contesti ancora oggi: i difensori avversari devono costantemente reagire ai suoi strappi verso il centro del campo ma sanno benissimo di non poter affondare il contrasto: El Shaarawy è infatti anche molto abile nel resistere al contatto e mantenere il possesso – è nel 99esimo percentile tra le ali che perdono meno il possesso, solo 0.53 volte per 90’.

La sua capacità di sterzare al limite dell’area, rientrare sul destro e calciare a giro è nota. Anche in una stagione dove è stato lungamente impiegato da esterno a tutta fascia, occupa il 91esimo percentile tra le ali offensive per numero di expected goals prodotti su azione – 0.32 per 90' – e l’88esimo per tiri in porta – 1.10.

La facilità con cui arresta la sua accelerazione, mandando fuori giri il marcatore è rimasta invariata, nonostante negli anni abbia diminuito i tentativi di dribbling. Eppure, anche quest’anno la maggior parte delle volte che è arrivato al tiro lo ha fatto dopo un dribbling – 0.44 per partita. Questo movimento è diventato così naturale per El Shaarawy che, come si vede nella clip in basso, sembra quasi che lo faccia con il pilota automatico inserito. Fin dal momento del dribbling sembra concentrato più sulla posizione del portiere che sull’avversario da saltare.

La trasformazione tattica

La prima volta che José Mourinho lo ha schierato dal primo minuto largo a sinistra nella difesa a cinque è stato nella stagione 2021/22, nella vittoria esterna contro il Genoa di fine novembre. L’esperimento era stato così convincente che il tecnico lo aveva confermato quattro giorni dopo nella quinta gara del girone di Conference League vinta 5-0 contro lo Zorya, e poi ancora nella successiva sfida di Serie A vinta 1-0 con il Torino.

Proprio nel miglior momento della stagione, però, El Shaarawy aveva dovuto gestire una serie di infortuni muscolari che avevano ridotto il suo minutaggio e intralciato l’esperimento. Nei pochi scampoli di gara giocati da gennaio in avanti era stato impiegato soprattutto come esterno alto, e solo verso fine stagione era stato riportato indietro nei 5 di centrocampo, quando però ormai la Roma aveva davanti a sé solo partite ininfluenti e la testa già alla finale di Tirana.

Sembrava che questo tentativo fosse destinato a diventare una soluzione-tampone da utilizzare solo in extremis, a maggior ragione con il ritorno in pianta stabile di Leonardo Spinazzola; ma già nel ritiro estivo prima della scorsa stagione Mourinho ha riproposto El Shaarawy in quella posizione. Dopo aver superato l’ennesimo problema muscolare, Il Faraone si è quindi ritagliato sempre più spazio nel ruolo di esterno sinistro difensivo.

Tra ottobre e novembre, complici l’infortunio di Dybala e un attacco non sempre convincente, riuscire a generare vantaggi offensivi già in quella zona di campo era infatti diventato vitale per la Roma, e in questo l’ex giocatore del Milan è sempre rimasto assolutamente capace.

Inoltre, avere davanti a sé un giocatore come Pellegrini, a cui viene chiesto di svariare in ampiezza lungo tutto il campo, permette a El Shaarawy di prendersi delle libertà in più. Appena Il Faraone si lancia in profondità, il numero 7 stringe verso il centro del campo andando a costituire una linea a tre sulla trequarti avversaria:

El Shaarawy (sulla sinistra) dialoga con Cristante e si lancia in profondità mentre Pellegrini stringe dentro il campo.

Un giocatore con quelle caratteristiche tecniche è diventato fondamentale anche nella fase di prima costruzione. A differenza di Spinazzola, che tende a dialogare molto sul corto coi difensori e a volere il pallone sui piedi, l’attitudine di El Shaarawy a sganciarsi a tutta velocità costruendo triangoli veloci coi compagni cambia completamente le prospettive. Nel primo terzo di campo il terzino campione d’Europa gioca il 25% del suo totale di palloni toccati – 16.62 – mentre l’ex Milan meno del 20% – 11.84.

Come si può vedere dalla foto, la Roma si schiera con due linee compatte in fase di prima costruzione: la prima composta dai tre centrali e la seconda dai due mediani e i due esterni. È proprio in questo scenario che si notano le differenze tra i due giocatori: nel momento in cui El Shaarawy scarica il pallone è già pronto ad attaccare lo spazio, e per una squadra statica come quella di Mourinho è sempre utile poter contare su soluzioni così dinamiche.

El Shaarawy 1

Soprattutto, la maturità raggiunta da El Shaarawy alla Roma è evidente in tutte quelle letture che adesso riesce a gestire e che in passato non appartenevano di certo al suo bagaglio. In questo tweet si vede una situazione in cui la difesa della Roma è abbastanza confusionaria. Cristante aiuta Karsdorp sulla fascia ma non chiude la linea di passaggio costringendo Mancini ad uscire dalla linea dei centrali per rimediare. Merino ne approfitta ed entra in area di rigore alle spalle di Llorente, ma El Shaarawy capisce tutto con largo anticipo e permette alla Roma di tornare a comporre la linea a tre ed evitare una possibile imbucata.

Questa è una lettura difensiva che dieci anni fa non ci saremmo aspettati: passare dall’essere un’ala monodimensionale a un giocatore più sfaccettato e consapevole del gioco – nell’ultima stagione è stato, tra gli esterni offensivi in Europa, nel 74esimo percentile per palloni intercettati e nel 66esimo per palloni allontanati – è significativo della maturità raggiunta con gli anni.

Qui sotto c’è un altro esempio del lavoro difensivo di cui è capace oggi El Shaarawy, un segno evidente del grande lavoro fatto da Mourinho su di lui. Il Faraone inizia in affanno, costretto a inseguire Rabiot verso il centro del campo dopo che Matic si è allargato sull’esterno. Lo recupera e lo accompagna fino al limite dell’area, dove lo lascia in custodia al terzino in modo da potersi sganciare per andare a difendere il cuore dell’area. Risultato: nel prosieguo dell’azione è il primo ad arrivare sulla palla vagante e a spazzare un’azione che poteva diventare pericolosa.

Ciò non toglie che schierare El Shaarawy come quinto di difesa espone qualche volta a dei rischi. Rischi su cui, però, la Roma riesce spesso a rimediare grazie alle eccellenti letture di Nemanja Matic. In un'occasione durante la partita con la Real Sociedad, El Shaarawy si fa ingolosire da un tentativo di recupero in avanti sul giropalla dei baschi ma sbaglia il tempo dell’intercetto e lascia scoperta la fascia dietro di sé. Qualche passo indietro c’è però Matic, che si allarga prontamente verso sinistra per coprire lo spazio lasciato vuoto.

È questione di DNA. Ibrahimovic direbbe “puoi togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal ragazzo”. Noi potremmo parafrasarlo così: “puoi togliere El Shaarawy dalla trequarti offensiva, ma non la trequarti offensiva da El Shaarawy”. Quel momento in cui l’istinto vince la razionalità è dove i giocatori tecnici fanno la differenza, e El Shaarawy non è da meno. Anche perché, quando ha la possibilità di attaccare in contropiede, sa ancora essere devastante.

Il gol del vantaggio nella gara d’andata di Europa League contro la Real Sociedad ne è una testimonianza diretta. Nel momento in cui Karsdorp controlla il pallone lui fiuta già l’odore del sangue. Si lancia in uno scatto che se fosse stato fatto qualche metro più in là, sulla pista d’atletica, gli sarebbe valso il pass per la 4x100 alle Olimpiadi di Parigi, e arriva puntuale all’appuntamento col pallone. La finta di corpo di Abraham è meravigliosa, il gesto atletico e tecnico del numero 92 lo è altrettanto.

Gesto atletico e tecnico, per l’appunto. El Shaarawy è un giocatore tecnicamente educatissimo e lo è con entrambi i piedi, peculiarità che gli permette sia di accentrarsi per calciare “a piede invertito”, sia di continuare la corsa verso il fondo per cercare il cross. Ha un’ottima visione di gioco ed è un passatore di livello medio-alto.

A livello statistico occupa l’84esimo percentile tra le ali per numero di passaggi tentati in 90’ (47.86) e l’83esimo per quelli riusciti (38.09), dati che si impennano fino al 95esimo percentile per i passaggi a medio raggio, compresi cioè tra i 15 e i 30 metri di lunghezza. Cerca spesso l’imbucata centrale per gli attaccanti e, come si vede in questa clip, la trova anche in contesti particolarmente difficili e angusti. Non a caso occupa l’88esimo percentile tra i terzini per numero di passaggi chiave (1.58 per 90’) e il 97esimo per palloni filtranti (0.26).

L’evoluzione di El Shaarawy negli ultimi anni, insomma, ha preso una piega che nessuno si sarebbe aspettato. Sicuramente c’entra la naturale maturità che un calciatore raggiunge con l’avvicinarsi dei trent’anni, ma non può sottovalutarsi il ruolo avuto da Mourinho nell’accelerare questo processo. In più, i tanti infortuni muscolari avuti dal suo ritorno a Roma hanno fatto sì che El Shaarawy venisse spesso inserito a gara in corso in posizioni di campo e con compiti dettati dalla necessità del momento, e questo deve aver contribuito ad affilarne la duttilità tattica.

Sul finire della scorsa stagione, a causa delle molte assenze, del turnover in vista della finale di Europa League e di un periodo di forma negativo di Abraham e di Belotti, il Faraone è stato schierato anche come seconda punta sul centro-destra.

El Shaarawy 2

Nella foto sopra si vede il primo tentativo fatto dal tecnico portoghese in questo senso, ancora a inizio annata. La Roma aveva pareggiato il vantaggio iniziale della Juventus e Mourinho aveva tolto Dybala per tornare alla difesa a cinque – precedentemente El Shaarawy era entrato al posto di Mancini, in una versione della Roma più offensiva che potesse recuperare lo svantaggio.

La squadra, in quel momento, aveva bisogno di uno sforzo difensivo maggiore e si era quindi schierata diversamente: Pellegrini più arretrato tra Cristante e Matic, in modo da formare una linea di centrocampo a 5, ed El Shaarawy alto accanto a Abraham. Una soluzione tattica che è stata riproposta più volte, in cui El Shaarawy ha sempre offerto il suo contributo e, pur non raggiungendo acuti particolarmente significativi, ci ha messo dedizione tattica e ha mostrato una volta di più di poter essere un coltellino svizzero nelle mani di Mourinho con la sua duttilità.

Dunque, che giocatore è diventato El Shaarawy? Un giocatore estremamente maturo, si potrebbe dire. Uno dedito al sacrificio, tatticamente intelligente e consapevole delle sue qualità. Per la Roma è un giocatore importantissimo e il biennale che gli ha appena offerto ne è la dimostrazione. La Roma non può e non vuole privarsi di questo El Shaarawy, così ordinato quando serve ma anche pronto a scatenare la parte più istintiva di sé quando ce n’è la possibilità. D’altronde puoi togliere El Shaarawy dalla trequarti offensiva, ma non la trequarti offensiva da El Shaarawy.


  • Nato nella torrida estate romana del 1996, studente di Storia contemporanea e appassionato di cinema. Crede che stoppare il pallone con la suola sia il requisito minimo per giocare ad alti livelli.

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