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Considerazioni sparse su "Barbie"


Il nuovo film su Barbie non ha nulla a che fare con i vecchi cartoni animati prodotti dalla Mattel.


- Mettiamo subito le cose in chiaro: Barbie non è un film per bambine/i. È un film che si può vedere insieme alle proprie figlie e ai propri figli (non c'è violenza, non ci sono volgarità né blasfemie) ma che è stato scritto per parlare a un pubblico adulto: è una pellicola che parla esplicitamente di patriarcato, fascismo, genitali, mestruazioni, ruoli di genere, depressione, morte e altre amenità. La vostra bimba o il vostro bimbo non rimarranno scioccati, ma ci capiranno ben poco e non rideranno quasi mai. Barbie è un film che parla agli adolescenti e agli adulti, a chi ha smesso di giocare con le bambole da tempo, e lo fa usando il giocattolo per eccellenza in maniera del tutto convincente;

- Non fatevi ingannare dai temi elencati poco sopra, Barbie è una vera commedia super pop. Anzi, Barbie è la commedia pop più riuscita degli ultimi anni. Se non siete dei noiosissimi conservatori totalmente privi di autoironia, vi spancerete dalle risate per un'ora e cinquantaquattro minuti consecutivi. Le battute entrano tutte alla perfezione, i tempi comici sono sostanzialmente perfetti e il sarcasmo è tagliente come succede di rado. Il mondo di Barbieland - così come quello di Kendom Land e della sua Mojo Dojo Casa House sono così assurdi, estremi, irreali e kitsch che farebbero ridere anche senza una sceneggiatura;

- Sì, quei geniacci di Greta Gerwig (guardate il suo Ladybird se non l'avete mai visto) e Noah Baumbach (sì, quando uno è un genio può scrivere A Marriage Story e Barbie senza perdere un colpo) hanno scritto un grande, divertentissimo, coloratissimo e allucinato predicozzo femminista diametralmente opposto a ciò che molti hanno in testa quando parlano di femminismo, woke culture, et cetera et cetera. Barbie è precisamente il predicozzo di cui c'era bisogno, una sceneggiatura e una messa in scena che sbattono in faccia allo spettatore - nella maniera più esplicita e divertente possibile - le questioni del femminismo contemporaneo nelle sue infinite sfaccettature. Ah, se non lo sapeste, uomini e cavalli vengono presi per il culo per tutta la pellicola, senza possibilità di salvezza. Se pensate che questo potrebbe irritarvi, siete proprio coloro che hanno bisogno più di tutti di vedere Barbie e imparare a prendersi un po' meno sul serio;

- Tuttavia, Barbie è anche un film "corporate", pieno zeppo di product placement e comunque in una certa misura dipendente dagli umori di Mattel (l'azienda produttrice di Barbie). In mano a qualcuno di meno capace, questo avrebbe potuto portare a contraddizioni e problemi etici, sarebbe potuto essere soltanto un grande pink washing, ma questo non succede perché riesce a Gerwig rigirare la cosa a proprio favore, trasformando con grande ironia ciò che normalmente viene goffamente nascosto in scene esplicite e spesso esilaranti. Ci sono pubblicità ovunque, nelle quali si inseriscono false pubblicità (vi dico solo: Barbie Depressione) e la Mattel viene ampiamente presa in giro. Un piccolo problema etico rimane, legato a un personaggio e alla penultima scena: se avete già visto il film, ditemi la vostra nei commenti su questo, perché io ancora non ho un'opinione ben definita;

- Ci sarebbe ancora tanto da dire, perché (ovviamente) Gerwig e Baumbach hanno scritto anche un film profondo, stratificato, in cui coesistono piani di lettura e interpretazioni diverse e che vanno dal femminismo militante a una metafora del passaggio tra infanzia e adolescenza citando niente di meno che le teorie di Piaget. Purtroppo però lo spazio è risicato e gli spoiler sono vietatissimi, quindi vi passiamo alla parte "tecnica": Robbie e Gosling ci regalano un'interpretazione straordinaria, qualche chilometro sopra le righe come si vede raramente nel cinema hollywoodiano. La colonna sonora è una bomba (a volte è difficile non alzarsi e ballare in sala) e rimarrà a lungo tra i preferiti di Spotify. Scenografie e costumi sono belle e kitsch al limite del reale, la fotografia è saturata e plasticosa al punto giusto. Insomma, correte in sala a vederlo, se non altro sarà di sicuro un'esperienza divertente e insolita e per qualcuno anche formativa.


Autore

  • Genovese e sampdoriano dal 1992, nasce in ritardo per lo scudetto ma in tempo per la sconfitta in finale di Coppa dei Campioni. Comincia a seguire il calcio nel 1998, puntuale per la retrocessione della propria squadra del cuore. Testardo, continua imperterrito a seguire il calcio e a frequentare Marassi su base settimanale. Oggi è interessato agli intrecci tra sport, cultura e società.

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