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Illustrazione di Stanislav Lobotka
, 20 Luglio 2023

Lobotka è arrivato da lontano


L'evoluzione avuta dallo slovacco lo ha reso uno dei migliori registi del campionato.

Seth MacFarlane deve spostarsi da Boston a Los Angeles. Questo disegnatore quasi 27enne ha da poco visto la sua creatura Larry & Steve, nata come progetto di tesi mentre era studente alla School of Design di Providence, in Rhode Island, diventare una serie tv animata. Il progetto è stato finanziato dalla Fox, che chiede a MacFarlane di sviluppare quell’idea e nel 1999 nasce la serie Family Guy, nota in Italia come I Griffin. La nostra trasposizione del titolo serve ai telespettatori per collegare Family Guy all’altro programma animato che ha chiaramente ispirato questo disegnatore: I Simpson. La sera prima di partire per LA, però, Seth partecipa ad un evento alla sua vecchia università in Rhode Island e, come nelle migliori rimpatriate, alza il gomito e la mattina seguente si sveglia nel più classico degli hangover.

Potrebbe farcela lo stesso a salire sul volo 11 dell’American Airlines delle 07:59 per Los Angeles, se non fosse che la sua agente, informandolo dei dettagli della partenza, sbaglia a riferirgli l’orario. Quando MacFarlane arriva al gate, tuttavia, questo è chiuso, venendo costretto a prendere il volo successivo. Purtroppo però per diverse ore non ci sarà nessun volo successivo, perché l’American Airlines 11, decollato alle 07:59 da Boston, verrà dirottato da cinque terroristi e sarà il primo aereo a schiantarsi contro le Torri Gemelle di New York l’11 settembre 2001.

Probabilmente il caso di MacFarlane è quello simbolo. Un’eclatante concatenazione di eventi che si susseguono in maniera disarticolata tra loro, capaci di giungere a un finale che non può avere una connessione rispetto a ciò che è avvenuto prima. L’evento a Providence, la sbornia, l’agente che sbaglia un banalissimo orario, il personale dell'aeroporto di Boston decisamente fiscale. 

La carriera napoletana di Stanislav Lobotka, ad esempio, ha a che fare con il caso e la sorte. L'arrivo a Napoli, nel momento in cui è nel suo momento di hype al Celta Vigo, si sovrappone a quello di Gattuso, chiamato a sostituire Ancelotti dopo la tragica prima parte di stagione 2019/20, conclusa con 21 punti in 15 partite e il celeberrimo ammutinamento dei giocatori contro il ritiro imposto dalla dirigenza.

Si intuisce che la situazione in cui lo slovacco si inserisce non è proprio delle più gradevoli ma comunque gli consente di ritagliarsi uno spazio nelle rotazioni. Lobotka viene inserito da vertice basso: si alterna con Demme e ai fianchi ha Fabian Ruiz e Zielinski. La prima svolta in negativo però arriva proprio con lo stop per la pandemia: dopo quattro mesi fermo, Lobotka torna incredibilmente appesantito, diventando quasi un meme al punto che, quella stessa estate, viene direttamente ribattezzato Cap e’ Bomb, in riferimento al personaggio di Gomorra.

Stanislav Lobotka in campo nell'estate del 2020 con il Napoli.
Il design delle maglie Kappa del Napoli non lo ha aiutato. (Foto: Getty)

All'inizio della stagione 2020/21, la rotazione nel suo ruolo si risolve nel modo peggiore: Gattuso decide che il titolare è Demme e come prima alternativa ottiene il prestito di Tiemoué Bakayoko, suo pretoriano nel Milan. Si intuisce subito che Lobotka non è il giocatore ideale per lo stile di Gattuso: nelle rotazioni del 4-2-3-1, i centrali di centrocampo sono, volta per volta, Fabian Ruiz, Bakayoko, Demme, a volte addirittura Zieliński, adattato in un ruolo non esattamente congeniale per le caratteristiche del polacco. Lo slovacco è quindi ai margini del Napoli: gioca 15 partite per un totale di 139 minuti senza mai partire da titolare e la sensazione generale è che a fine stagione verrà ceduto; per lui chiedono informazioni Genoa e Cagliari.

Un lungo percorso

Lobotka nasce e cresce a Trenčín, città slovacca a pochi chilometri dal confine ceco. Esordisce in prima divisione a 17 anni, giocando 18 minuti nel match contro il Banska Bystrica. Dopo un’altra stagione in Slovacchia lo prende in prestito l’Ajax. Con la squadra di Amsterdam non esordirà mai, ma sarà uno dei giocatori più importanti dello Jong Ajax, ovvero i ragazzi dell’academy che partecipano al secondo livello del campionato olandese. Lobotka gioca quasi tutte le partite in campionato con lo Jong Ajax, ma il suo ruolo non è ben definito.

In teoria nasce come mezzala; poi viene spostato mediano ma gioca anche trequartista. È un giocatore rapido e agile e viene usato ovunque nel 4-3-3. La sua duttilità è dovuta sostanzialmente ad una capacità tecnica di spessore, una corporatura non pesante e un baricentro basso, caratteristiche che gli permettono di tenere palla e perderla di rado. Gli olandesi, però, non credono in Lobotka e lo rimandano indietro. Una botta molto dura per un ragazzo di 20 anni.

In un club come l’Ajax la competizione era grande, forse è stato oscurato dai giocatori che erano davanti a lui nelle gerarchie”, a spiegherà così anni dopo Danny Blind, da ex giocatore dell’Ajax, intervistato prima del match di Champions League tra gli olandesi e il Napoli. Dopo quest'esperienza, però, Lobotka deve rifarsi una carriera: torna al Trenčín e finalmente si sente al centro del progetto: è titolare nell'anno che porta la squadra della sua città a vincere il suo primo campionato e l'anno dopo si ripete anche, guadagnandosi un secondo tentativo all'estero.

Stavolta la squadra che investe su di lui è il Nordsjaelland, un altro formidabile vivaio nordeuropeo che lo prende per circa mezzo milione di euro. In Danimarca, Lobotka gioca in un centrocampo a due, con accanto Mathias Jensen, ora al Brentford. Nel suo inizio di carriera quindi fa raramente il vertice basso: accade raramente anche al Nordsjaelland, dove invece emerge più il suo lato da mezzala di possesso. Nei due anni in Danimarca Lobotka viene quindi paragonato a Verratti. Per una certa somiglianza fisica, certo, ma soprattutto perché Lobotka conduce palla con estrema facilità, saltando Il primo pressing avversario grazie ad una rapidità di passo che vedremo svilupparsi negli anni.

L'evoluzione verso il ruolo di vertice basso la completa in Spagna, dopo che il Celta Vigo investirà cinque milioni per metterlo a disposizione del suo tecnico, l'ex vice di Luis Enrique Juan Carlos Unzué. Dopo aver vagato nei ruoli di mezzo, lo slovacco trova quella che viene definita la comfort zone tra i due interni. L’allenatore spagnolo chiede a Lobotka di gestire il ritmo del gioco e il suo regista si trasforma nel giocatore che attiva la manovra. Un fondamentale importantissimo per Unzué, che chiede alla sua squadra di non alzare mai il pallone, iniziando ogni azione tramite un corto fraseggio.

Lobotka è bravissimo nello smarcarsi, posizionarsi nella zona di luce del passaggio quando i difensori hanno palla. Ma è nella gestione dell’azione che i numeri sono da giocatore di prima fascia. Nella prima stagione al Celta Vigo, Lobotka supera il 90% di passaggi effettuati in 38 partite di campionato. Un dato che calerà nei 18 mesi successivi, senza mai scendere sotto l’88%, si rasenta praticamente la perfezione.

Alcune situazioni in cui Lobotka resiste alla pressione.

Questa differenza in negativo tra la stagione 2017/2018 e quelle successive è probabilmente legata anche al cambio di modulo e le difficoltà che il Celta Vigo soffre dopo l’addio di Unzué. Gli spagnoli, che curiosamente, decidono di acquistare anche l'ex compagno di Lobotka Mathias Jensen, cambiano quattro allenatori in un anno e mezzo e nessuno di questi sceglierà il centrocampo a tre, portando quindi Lobotka a giocare più avanti e a coprire maggiori zone di campo. Varia quindi il modo di stare in campo del Celta Vigo, ma non la capacità tecnica e l’idea di gioco di Lobotka, che spesso è il centrocampista tra i due del blocco a salire e a proporsi in fase offensiva. Insomma, lo slovacco viene ritrasformato da un regista davanti alla difesa a una mezzala di possesso. Ritorna più creativo e più verticale; un giocatore molto più simile a quello visto in Danimarca, Slovacchia e Olanda.

Comparazione dei radar di Lobotka:
Nella stagione 2017/18 Lobotka si comporta da regista, con un maggior volume di passaggi; nella stagione seguente il suo contributo cresce in termini di creazione occasioni.

Proprio alla fine della stagione sotto la guida di Unzué che le squadre italiane si avvicinano al Celta Vigo per chiedere informazioni su Lobotka. Ci sono due giocatori-emissari che sondano il terreno. Il primo è uno degli idoli di infanzia del centrocampista: Marek Hamsik, un eroe sportivo in Slovacchia e capitano del Napoli. L’altro è Milan Skriniar, che tra l'altro ne parla ripetutamente bene a mezzo pubblico: "Secondo me può diventare un giocatore fortissimo". Gli spagnoli però chiedono 35 milioni di euro e le due squadre della nostra Serie A desistono. Lobotka deve aspettare altri sei mesi per arrivare in Italia.

Al centro di tutto

Il destino entra nella carriera di Lobotka in modo effettivamente surreale: mentre Giuntoli lavora alla sua cessione, cercando di rientrare di almeno parte dei venti milioni investiti un anno e mezzo prima, la storia recente del Napoli cambia radicalmente. La squadra di Gattuso arriva all'ultima giornata, in casa contro l’Hellas Verona già tranquillo, con l'obbligo di vincere per avere la certezza del quarto posto.

All'ora di gioco il Napoli è avanti per 1-0 grazie al gol di Rrahmani ma dopo il pari di Faraoni non riesce più a ritrovare il gol. Il pari finale fa implodere la stagione del Napoli, che manca la qualificazione in Champions vista la contemporanea vittoria della Juventus sul Bologna. La serata di Gattuso diventa quindi decisamente spiacevole: la sua riconferma a Napoli era legata alla Champions League e il suo suicidio sportivo all'ultima giornata ne sancisce l'addio, segnato, per giunta dal solito tweet antipatico di De Laurentiis.

Per Lobotka questo sembra semplicemente un prologo al suo triste addio, visto che anche l'Europeo è una sostanziale delusione – giocherà appena 45 minuti su tre partite. Quando, però, a Napoli arriva Luciano Spalletti, finalmente Lobotka finisce nelle mani di chi lo aveva voluto due anni prima; eppure, alle prime uscite in amichevole, il titolare desginato del Napoli è ancora Diego Demme.

Cambierà tutto dopo alcune settimane, in modo decisamente inaspettato: il 24 luglio 2021 si sta giocando Napoli-Pro Vercelli, seconda partita del ritiro estivo degli azzurri; dopo 18 minuti Demme subisce un colpo sul ginocchio, un’entrata troppo violenta per essere il 24 luglio. Demme è costretto a uscire dal campo zoppicando, accompagnato da due membri dello staff del Napoli. Dagli esami emerge una lesione al collaterale mediale del ginocchio che lo tiene fuori per due mesi.

Spalletti a quel punto, non avrebbe più un regista a disposizione, dato che Fabian Ruiz è ancora in vacanza dopo gli Europei. Lobotka, che sembrava destinato all'addio, si trova a giocare tutte le partite della preseason. Nelle prime due giornate della stagione 2021/22, Lobotka è quindi il titolare del Napoli, con Fabian Ruiz e Zambo Anguissa ai fianchi. Quello che sembra la chiusura del redemption arc di Lobotka si interrompe però bruscamente, per un infortunio muscolare, che ferma anche lui per due mesi.

A questo punto Demme potrebbe riprendersi quel ruolo, ma il tedesco è in ritardo di condizione e Spalletti sceglie spesso il trio con Fabian Ruiz davanti alla difesa e Zielinski nel suo posto da mezzala, con il polacco leggermente più avanzato. Lobotka torna in campo il 28 novembre 2021, nel 4-0 alla Lazio di Sarri, e da allora giocherà tutte le partite in Serie A disputate dal Napoli, ad esclusione di 4 gare in cui è subentrato e altre 4 in cui era infortunato. Il feeling tra Lobotka e Spalletti è iniziato piano, ma dalla fine del 2021 è diventato evidente a tutti. Lo slovacco è riuscito a convincere l’allenatore che quel suo modo di intendere la posizione di regista ha un senso.

Il percorso che ha portato Lobotka a diventare il regista titolare del Napoli è stato tutto tranne che lineare: il suo vagare in campo lo ha reso un giocatore straordinariamente versatile ma la sua struttura fisica – 170 centimetri per 68 chili di peso – sembrava impedirgli di esplodere realmente in quel ruolo. Eppure, la sua capacità di lettura del gioco lo rende in grado di sopperire al fatto di non avere una falcata enorme, rendendolo molto utile anche in fase di non possesso nella chiusura delle linee di passaggio e nel recupero palla, soprattutto quando, una volta tornato dall'infortunio, ha ritrovato una condizione fisica ottimale.

Situazione di transizione negativa del Napoli: Lobotka scappa verso la linea difensiva.
Su un pallone perso a centrocampo, Lobotka si trova subito pronto a scappare all'indietro.

Le capacità atletiche e soprattutto aerobiche di Lobotka lo rendono poi un giocatore formidabile anche in pressione, tanto che Spalletti lo ha usato molto per aggredire il regista avversario e accorciare la squadra in avanti per forzare situazioni di transizione. Poi, avere Victor Osimhen e Khvicha Kvaratskhelia da fare correre in verticale rende tutto molto più facile.

Però, come detto già in precedenza, la parte migliore del gioco di Lobotka si vede quando può giocare sotto pressione. Lobotka è un giocatore dal baricentro basso e la sua conformazione gli permette di torcersi completamente sul pallone in quelli che Spalletti ha definito “balletti”. Una specie di danza, favorita da una mobilità laterale agevole, data proprio dall’altezza non imponente.

Lobotka si muove e cerca il pallone in maniera differente rispetto alla quasi totalità dei registi che giocano in Serie A. Lo slovacco, infatti, propone ai compagni linee di passaggio ben più rischiose rispetto ai suoi colleghi di ruolo: non si muove incontro ai difensori come hanno fatto altri grandi del ruolo come De Rossi o Busquets nella tradizionale salida lavolpiana; piuttosto, chiede molto spesso il pallone dando le spalle all’avversario e mettendosi di fronte al suo compagno. 

Ai ragazzi delle scuole calcio, di solito, gli allenatori segnalano questo posizionamento frontale come un errore. Bisognerebbe porsi di lato, dicono, indirizzando il piede debole verso l’avversario così che, nel momento prova a rubare il pallone, il regista può controllare il pallone e scaricarla sul lato, oppure lanciare direttamente, utilizzando il piede forte libero per un cambio di campo, ad esempio. Lobotka, invece, pare aver superato questa che è un’impostazione classica del ruolo. Il regista del Napoli, proprio grazie alla sua dinamicità, si può permettere di affrontare il pressing giocando di spalle, togliendo punti di riferimento all'avversario.

Lobotka si gira a destra, a sinistra o parte dritto. Può compiere tutte e tre le scelte, senza che il suo avversario abbia un indizio su ciò che avverrà. Chiaramente questa posizione del corpo diminuisce la visione del contesto rispetto al movimento laterale più classico, ma la qualità di Lobotka è proprio qui: riesce a capire quale sarà la decisione dell’avversario, per poi scappare da quel pressing e aprire il gioco verso le due mezze ali, oppure direttamente su Kvaratskhelia, il giocatore che cambia poi il ritmo all’azione offensiva degli azzurri.

Uscita dalla pressione di Lobotka contro la Juventus.
Lobotka riceve palla girato di spalle e avanza, McKennie e Di Maria accorciano ma lo fanno in modo tardivo.

In Serie A solo due giocatori hanno questo stile di gioco paragonabile al movimento di Lobotka: Bennacer e Maxime Lopez, altri due centrali di bassa statura, estremamente tecnici e bravissimi a sfruttare il baricentro basso. Spalletti, però, sembra avere un tocco diverso con questo tipo di centrocampisti: quando, nel 2002, aveva ripreso in mano l'Udinese, era stato proprio lui a rispolverare una grande intuizione di Roy Hodgson nel suo breve periodo friulano, che un anno prima aveva arretrato un trequartista come David Pizarro nel ruolo di regista davanti alla difesa, trasformando il cileno in uno dei centrocampisti più eleganti della Serie A. I punti di contatto tra Lobotka e Pizarro sono evidenti, sopratutto nell'audacia con cui hanno imparato a controllare il pallone contro la pressione, avendo fiducia nei propri mezzi tecnici, e nel modo in cui hanno imparato a condurre il pallone.

Un discorso simile si potrebbe fare per Marcelo Brozovic, che Spalletti ha trovato come un trequartista incompiuto all'Inter e che ha trasformato nel perno del centrocampo interista che arriverà a vincere lo scudetto. Forse è proprio Spalletti ad avere una sensibilità particolare per il ruolo, visto il suo passato da centrocampista. Lobotka è stato per ora l'ultimo a beneficiarne, diventando un regista brillante come nessuno in Serie A e il suo percorso ha reso questa legittimazione più che mai meritata.


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