Il derby di Los Angeles sta cambiando l'immagine della MLS
E recentemente ha portato ottantamila tifosi allo stadio.
Il 31 agosto 2014 diciottomila persone occuparono gli spalti dello StubHub Center di Carson, ad una ventina di chilometri di traffico dalla downtown di Los Angeles, per assistere alla trentaquattresima edizione del Clasico Angelino, la rivalità tra Los Angeles Galaxy e Chivas USA. A ospitare l’incontro, almeno ufficialmente, visto che entrambe le squadre considerano quello stesso stadio casa, sono i Chivas USA, ma a sentire l’atmosfera non si direbbe. Nonostante una curva, quella solitamente occupata dal tifo organizzato dei Galaxy, sia completamente inutilizzabile e coperta da un telone con il logo dei padroni di casa, ai gol degli ospiti il pubblico si infiamma ed è più rumoroso che mai. I Galaxy dominano con una facilità impressionante, costringono a numerosi interventi non banali il portiere avversario Dan Kennedy e comunque riescono a vincere 3-0. Landon Donovan, pur non segnando, e Robbie Keane, con un pallonetto delizioso, regalano spettacolo accompagnati nelle loro scorribande dallo scudiero Gyasi Zardes, autore di due reti.
Poco più di tre mesi dopo quella partita, i Los Angeles Galaxy vinceranno la loro quinta MLS Cup, la terza in quattro anni, battendo in finale i New England Revolution. Nemmeno un mese dopo quell’incontro, invece, ESPN annuncerà la sospensione delle operazioni dei Chivas USA. La franchigia, fondata nel 2004 da Jorge Vergara, proprietario del Chivas de Guadalajara, era nata come succursale dei giganti messicani e con l’idea di attrarre la considerevole popolazione di origine messicana nella metropoli californiana. Nonostante un successo iniziale – nel 2007 la franchigia allenata da Preki terminò la regular season al primo posto della Western Conference – il Chivas USA iniziò presto a scivolare in un vortice di disfunzionalità, e fu ben presto chiaro che al pubblico di origine messicana non interessava una succursale a poca distanza, preferendone la versione originale, sia pure in televisione – la Liga MX era, ed è ancora, più seguita della MLS anche negli Stati Uniti.
Alla sospensione delle attività dei Chivas USA sarebbe presto seguita una conclusione definitiva. Il giorno dopo il report iniziale di ESPN sulla difficile situazione della franchigia, Grant Wahl di Sports Illustrated riportò la notizia di un gruppo di investitori pronto ad acquistarla per cento milioni di dollari con l’obiettivo di effettuarne un rebranding e di ripartire con la costruzione di uno stadio nella downtown cittadina. Quella franchigia, anche se la MLS non la riconosce come una diretta continuazione dei Chivas USA, ma come un’expansion team a parte, sarebbe diventata il Los Angeles FC, entrata ufficialmente in MLS nella stagione 2018.
Quando, il 31 marzo del 2018, lo StubHub Center si ritrova per la prima volta in quattro anni ad ospitare una squadra di Los Angeles che non sono i Galaxy, l’atmosfera è decisamente diversa, come dimostrano anche i quasi diecimila spettatori in più rispetto all’ultimo Clasico Angelino. LAFC, come è nota, in breve, la franchigia, è entrata in MLS con tutt’altre ambizioni. Il primo allenatore è Bob Bradley, che curiosamente aveva allenato anche il Chivas USA, di ritorno negli Stati Uniti dopo l’esperienza sulla panchina dello Swansea. La stella della squadra è Carlos Vela, forse il nome più visibile e grande su cui LAFC potesse puntare, data la popolarità dell’ex Arsenal e Real Sociedad presso i suoi connazionali messicani. L’altro grande acquisto, Diego Rossi, è un segno del cambio di paradigma in atto nella MLS: non più – solo – leggende dello sport lontane dal loro prime, ma anche giovani promesse sudamericane che vedono nella lega un trampolino verso l’Europa.
Ci vuole poco a LAFC per fare una grande impressione sui nuovi rivali cittadini. Nel primo derby Vela sembra camminare sulle acque, e segna due gol nel primo tempo che mandano in visibilio la consistente presenza di pubblico ospite sugli spalti dello StubHub Center. Anche i Galaxy, comunque, non rinunciano ad attrarre grandi nomi. A metà del secondo tempo, Zlatan Ibrahimovic entra per il suo esordio con i Galaxy sotto 3-1. Lo svedese con un assist trova il colpo di testa del 3-2 di Pontius. Poi, su un rilancio del portiere avversario respinto di testa da Daniel Steres al settantasettesimo, lo svedese segna uno dei gol più incredibili della sua incredibile e rocambolesca carriera, completando una rimonta che sarebbe stata coronata, nei minuti di recupero, dalla doppietta di Ibrahimovic per il definitivo 4-3.
Questa è forse la cosa che più ha spinto El Trafico, nome del derby che nasce dall’incontro della parola Clasico con il traffico – forse l’elemento più riconoscibile di Los Angeles, anche davanti alla scritta Hollywood – nel pantheon delle rivalità calcistiche statunitensi fin dal suo primo incontro: magari per la vicinanza con l’industria cinematografica, ma tutto quello che vi succede sembra uscito da una sceneggiatura, e i suoi rivolgimenti fanno pensare che se uno sceneggiatore la riscrivesse parola per parola, ci sembrerebbe troppo perfetta per essere realistica.
Quella di Los Angeles è una rivalità quasi didascalica. Il bianco contro il nero. I sobborghi contro la downtown. Il noi c’eravamo prima contro la freschezza di ciò che è nuovo. La MLS 1.0 – franchigia tra le dieci originarie, nome strutturato alla statunitense, con il nickname Galaxy a seguire la città rappresentata, lo stadio costruito fuori dalla cinta daziaria losangelina, a Carson, dove il terreno costa meno – contro la MLS 3.0 – “FC” nel nome, stadio scintillante nel centro città, celebrità come Magic Johnson e Will Ferrell tra i proprietari e grandi nomi in rosa fin dal primo anno. El Trafico è lo specchio del percorso della MLS, e vive sulla tensione tra quello che la lega è stata, quello che è, e quello che ambisce a diventare.
Sul campo è difficile anche solo ricordare un’edizione noiosa o che non abbia regalato spettacolo: il risultato più comune tra le due squadre è un 3-2, non ci sono mai stati 0-0, e se i Galaxy sono in vantaggio nella serie complessiva con nove vittorie a sei, è anche vero che LAFC ha vinto entrambi gli scontri diretti svoltisi ai playoff, rispettivamente nel 2019 – con Zlatan Ibrahimovic che, alla sua ultima partita in MLS, trovò il modo di beccarsi un’ultima volta con il pubblico rivale – e nel 2022.
In uno dei tre derby giocatisi in questo 2023, valido per la US Open Cup, la coppa nazionale statunitense, i Galaxy hanno vinto in casa dei rivali solo per la seconda volta nella loro storia, schierando i titolari contro, di fatto, la seconda squadra di LAFC, con molti prodotti del vivaio all’esordio tra i professionisti. Dopo il gol vittoria di Riqui Puig, celebrato dallo spagnolo mostrando la propria maglietta al 3252, il tifo organizzato di LAFC, è uscito un video in cui Giorgio Chiellini, vedendo Puig intervistato in zona mista, gli dà del pagliaccio. Momento instant classic all’interno del folklore calcistico losangelino, la polemica tra il difensore italiano e l’ex Barcellona è servita come benzina da inserire nel serbatoio della rivalità per quello che era forse il più grande incontro – sicuramente a livello di pubblico – nella storia di El Trafico.
Le due franchigie californiane si sarebbero dovute sfidare al Rose Bowl di Pasadena nel weekend inaugurale della stagione MLS. Questo doveva essere il grande evento d’apertura di una nuova era per la lega, quella dell’accordo con Apple per la trasmissione di tutte le partite in tutto il mondo, ma la partita era stata rinviata per le piogge torrenziali che avevano colpito la California. Un evento casuale, dunque, potrebbe aver dato origine ad una nuova tradizione per la lega, visto che lo spostamento della partita al quattro luglio, festa d’indipendenza statunitense, ha permesso alle due franchigie di entrare nei libri dei record. Gli ottantaduemila spettatori assiepatisi sugli spalti del Rose Bowl, infatti, rappresentano una cifra mai toccata prima per una partita singola di MLS, battendo i quasi settantacinquemila del Bank of America Stadium per la partita casalinga inaugurale di Charlotte FC lo scorso anno.
Sul campo, lo spettacolo è stato ancora una volta degno della storia di questa rivalità: Tyler Boyd, cresciuto come tifoso dei Los Angeles Galaxy – eraa andato addirittura a vederli giocare in amichevole in Nuova Zelanda, dove si era trasferito dalla California a dieci anni – ha segnato il suo terzo gol in tre partite consecutive contro LAFC, tutti e tre bellissimi. Douglas Costa, fino a qualche settimana fa uno dei peggiori Designated Player visti nella MLS degli ultimi anni, ha regalato una prestazione solida, efficace, con alcune giocate esaltanti come l’esterno che ha aperto il contropiede della vittoria, quello concluso da un Riqui Puig che si è calato perfettamente, con il gol della vittoria e soprattutto la successiva esultanza, in un ruolo da nuovo villain di questa rivalità.
Per certi versi, tutta la rivalità tra Los Angeles Galaxy e Los Angeles FC gira proprio intorno al concetto di villain, a chi debba spettare il ruolo di nemico naturale per i tifosi di tutte le altre franchigie. Per i tifosi MLS, i Galaxy hanno per anni rappresentato il cattivo perfetto. La squadra che vinceva – nessuno come loro ha cinque MLS Cup – ma lo faceva, ai loro occhi, perché la lega li favoriva, perché creava regole ad personam – come la Designated Player Rule, nata per David Beckham, o l’aumento del numero di Designated Player a tre per permettere l’arrivo di Omar Gonzalez – perché potevano fare quello che volevano. Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Un po’ per un decennio di disfunzionalità a livelli storici dei Galaxy, risultato sciopero del tifo dei gruppi organizzati terminato solo con il licenziamento del presidente Chris Klein, e un po’ per l’ambizione messa in mostra dai nuovi arrivati – che già nella loro seconda stagione in MLS battevano il record di punti assoluto di una stagione regolare – LAFC è velocemente riuscita ad eguagliare se non a superare i Galaxy come portabandiera della lega, il volto più riconoscibile del torneo e, di conseguenza, la squadra che fa piacere odiare se non si è tra quelli che la amano.
Quando lo scorso anno i Black & Gold sono riusciti a firmare, nella stessa sessione di mercato, Giorgio Chiellini e Gareth Bale con contratti non da Designated Player – e quindi stipendio inferiore ad un milione e seicentomila dollari – e l'ex Fiorentina Cristian Tello come terzo Designated Player senza cedere nessuno di una squadra che era già in testa alla stagione regolare. In molti si sono chiesti come fosse possibile riuscirci senza violare le stringenti regole del salary cap MLS; una perplessità che non ha colpito solo i tifosi, visto che il GM dei Philadelphia Union, Ernst Tanner, è stato multato dalla lega dopo aver detto di “sentirsi fregato” dalla firma di Gareth Bale per uno stipendio ridotto rispetto al passato. Vincendo poi la MLS Cup, proprio contro gli Union e proprio grazie ad un gol allo scadere di Bale in una finale già indicata come la più memorabile nella storia della lega, LAFC ha di fatto completato il suo processo di lakersizzazione, in simbolo di qualcosa di forse più grande che del semplice odio per una franchigia, quel processo che i Galaxy avevano completato prima di loro, ma che si stanno vedendo strappare dalle dita.
Il calcio americano sembra essere, da sempre, disperatamente alla ricerca di autenticità, una catchphrase che è all’origine di molte delle tantissime divisioni che popolano il movimento ad ogni livello, principalmente perché nessuna delle persone coinvolte sembra ancora aver capito cosa intendano esattamente per autenticità. Qualsiasi cosa sia l’autenticità, comunque, El Trafico ce l’ha, è riuscito a catturarla in una bottiglia come il genio della canzone di Christina Aguilera. Non è l’unica rivalità del calcio statunitense, molti potrebbero dire che non è neanche la migliore – soprattutto i tifosi di Portland Timbers e Seattle Sounders – ma ha qualcosa di diverso, che la rende veramente unica nel panorama nordamericano: è scoppiata la scintilla, ed è subito sembrato come se stesse bruciando da sempre.
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