Lazar Samardzic è pura classe
ll talento dell'Udinese ha stupito tutti.
Quando, nell’estate del 2020, il Red Bull Lipsia acquista Lazar Samardzic per due milioni di euro, sembra aver messo a segno l’ennesimo colpo che nel giro di qualche anno frutterà milioni su milioni. Samardzic sbarcava nell’universo Red Bull con alle spalle un percorso da predestinato nelle giovanili dell’Herta Berlino, culminato con l’esordio in prima squadra appena 18enne. Fino a quel momento il classe 2002 si era palesato agli occhi dei calciofili più attenti attraverso compilation su YouTube montante ad hoc per evidenziare un talento che, ad onor del vero, non aveva bisogno di troppe sovrastrutture per essere riconosciuto.
Con il completo dell’Herta o con quello delle nazionali giovanili tedesche, Samardzic, già fisicamente strutturato per essere un adolescente, trotterella, compassato, all’altezza del cerchio di centrocampo. Gioca a testa alta e con il pallone sempre incollato al piede sinistro. Il suo stile di gioco rapisce per l’irriverenza con cui affronta gli avversari: attira la pressione per poi eluderla con finte di corpo sofisticate o sfruttando il corpo dell’avversario come perno per voltarsi e guardare in verticale; effettua cambi di gioco millimetrici con estrema naturalezza; imbuca per i compagni da qualsiasi posizione, destra o sinistra che sia, con tempismo e precisione. In un’intervista ha dichiarato di essere cresciuto con il mito di Mesut Özil; in effetti, nel suo gioco si vedono tracce del gioco illusionistico, quasi barocco nella sua espressione più pura, dell’ex numero 10 del Real Madrid.
A tratti, quelle di Samardzic, sembrano esibizioni.
Ci sono un paio di clip in cui, dopo aver intercettato un pallone a centrocampo, rallenta la corsa per attendere il ritorno dell’avversario e poi infilarlo con un tunnel d’esterno. Giocate che riflettono una personalità spiccata e un gusto per il bello che appaga lo sguardo. ”Si tratta di un giocatore di strada che si diverte nel giocare a calcio”, ha detto il uso ex allenatore nelle giovanili della Germania Michael Feichtenbeiner. Uno degli ultimi allenatori avuti all’Hertha Berlino, Alexander Nouri, ne ha esaltato invece il senso della posizione e la visione periferica, definendolo “un calciatore eccitante che suscita in noi molta immaginazione”. L’espressione utilizzata da Nouri per descriverlo è interessante perché aderisce alla perfezione con il prototipo di calciatore che Samardzic incarna: un fantasista che determina e indirizza i contesti nei quali si trova attraverso la propria creatività.
Il passaggio al Lipsia, dopo un’estate di lunghi corteggiamenti (in primis del Barcellona, certificato da una visita di alcuni rappresentanti culè a casa Samardzic), sembrava la tappa fisiologica di un percorso di crescita graduale. A Lipsia, Samardzic avrebbe trovato un ambiente improntato sullo sviluppo dei giovani e un allenatore, Julian Nagelsmann, perfetto esecutore di questo modus operandi, nonché ideatore di un sistema di gioco teso ad esaltare trequartisti di tocco e visione. L’ambientamento, però, non va come previsto. Come da lui stesso ammesso a posteriori, Samardzic paga la totale mancanza di esperienza accumulata tra i professionisti, un fattore preponderante anche dinanzi ad un talento luccicante.
Il prodotto delle giovanili dell’Herta Berlino tornerà sull’annata a Lipsia, definendola comunque formativa e arricchente, specie per il rapporto con Nagelsmann, dipinto come estremamente esigente sul piano dell’applicazione mentale, e con i compagni. Al termine della sua prima stagione al Lipsia, la seconda tra i professionisti se consideriamo la coda del campionato 19/20 nel quale esordisce con l’Herta Berlino, Samardzic ha meno di 300 minuti all’attivo nel calcio dei grandi: troppo poco per un ragazzo il cui potenziale va misurato in contesti più competitivi delle rappresentative nazionali giovanili. Da qui la decisione di cambiare aria.
Il Lipsia cede all’idea di farlo partire, ma pone il veto su eventuali cessioni in Germania, per evitare di rinforzare dirette concorrenti. La notizia sorprendente è che l’Udinese, mettendo tre milioni sul piatto, riesce ad acquisire il cartellino del giocatore, privando il Lipsia del suo controllo. Una scelta controintuitiva e tuttora di difficile comprensione da parte del club tedesco. Samardzic sceglie l’Italia, e Udine nello specifico, perché la ritiene una solida realtà e in cui ritagliarsi il giusto spazio per crescere. Gotti, però, ne centellina l’utilizzo. Lui risponde decidendo il match di La Spezia, al suo esordio, con una serpentina culminata con un destro – il piede debole – chirurgico.
Il minutaggio, nonostante il gol, non cresce: l’Udinese si schiera con un canonico 3-5-2 in cui le mezzeali fungono da equilibratori di gioco, occupandosi con grande diligenza di entrambe le fasi. In più, lo slot di mezzala destra è occupato dal Tucu Pereyra, barometro della squadra per qualità tecniche ed emotive. Samardzic appare e scompare, pennella sulla testa di Beto il pallone che vale il pareggio in extremis a Bergamo, poi finisce nel dimenticatoio con l’avvento di Cioffi. Il sostituto di Gotti, dovendo gestire l'infortunio di Pereyra, opta per un centrocampo più muscolare in cui le mezzeali, come se fossero le torri in una scacchiera, seguono movimenti codificati verticali oppure orizzontali, anteponendo l’ordine in campo ai propri istinti.
Samardzic, in questo parallelismo con il mondo degli scacchi, sarebbe la regina, troppo anarchico per inserirsi in uno schieramento di stampo militaresco. Nel finale di stagione, ad obiettivi raggiunti, Cioffi allenta la presa e gli concede un po’ di minuti. Samardzic lo ripaga subito, segnando un gol straordinario contro l'Empoli: dopo aver catturato un pallone sulla trequarti avversaria, il classe 2002 elude l’intervento dell’avversario pettinando il pallone con la suola, per poi aprirsi la finestra di tiro e battere Vicario con un mancino fulminante. Per lui, questa è una forte candidatura come uomo da cui ripartire l’anno dopo, ad apprendistato concluso.
Un gol che è quasi una dichiarazione d’intenti.
Per la stagione 22/23, l’Udinese punta su Andrea Sottil, nel segno della continuità tattica, ma con qualche variazione sul tema. Samardzic, nel frattempo, oltre ad aver fatto sue alcune dinamiche del campionato italiano, ha raggiunto una dimensione fisica e atletica sufficiente per ritagliarsi maggiore spazio. Sottil usa il bastone e la carota: da una parte lo stimola in conferenza, richiedendo maggiore continuità, dall’altra gli affida una maglia da titolare, da mezzala destra. Agendo nel mezzo spazio destro, Samardzic fa fiorire il suo calcio: la presenza di Pereyra sull’out destro facilita la risalita del pallone, e Samardzic ne giova associandosi con l’argentino e Deulofeu, un altro che parla la sua stessa lingua calcistica, garantendo qualità nell’ultimo terzo di campo e partecipando attivamente, da subentrato ma anche da titolare, all’avvio di stagione folgorante dell’Udinese.
Con il minutaggio crescono anche i numeri. Con Roma e Sassuolo va a segno, evidenziando l’aspetto più entusiasmante del suo bagaglio tecnico: la tecnica di tiro. Samardzic calcia in modo estremamente naturale e, soprattutto, variegato. Le traiettorie generate dal suo mancino possono essere morbide ma anche taglienti, un particolare che gli consente di attingere da un campionario piuttosto ampio quando deve rifinire o concludere l’azione. Il punto più alto di questa esibizione, Samardzic lo tocca nella gara contro la Cremonese, quando sorprende tutti, Carnesecchi in primis, calciando d’esterno dal limite dell’area. Un gol di stordente bellezza, all’interno di un’azione nella quale fa sfoggio di tutta la sua sapienza calcistica, celebrato dall’account Youtube della Serie A con un video che lo ripropone da ogni angolazione.
Lui stesso lo ha commentato questo gol definendolo una giocata istintiva ma figlia di tanta pratica fatta in allenamento. In più, ha aggiunto di non reputarlo il gol migliore dei 5 realizzati in campionato, perché in quello contro il Sassuolo ci ha aggiunto due pettinate con la suola, un dettaglio non da poco per lui.
Oltre ai gol Samardzic inizia ad aggiungere sostanza al suo gioco: pur essendo poco propenso al lavoro difensivo, mette più ordine in fase di non possesso, il singolo aspetto che più ne aveva frenato l’ascesa nei primi mesi in Italia. Allo stesso modo, migliora nei movimenti senza palla, alternando azioni di supporto al regista in fase di costruzione ad altre in cui sovraccarica la trequarti per garantire maggiore libertà di movimento ai portatori di palla. Nonostante ciò, la sua indole resta sempre quella di gravitare in zona palla per toccarla il più possibile e gestire i ritmi dell’azione.
Sottil, e in seguito anche la squadra, gli affidano quindi il delicato compito di fluidificare una manovra offensiva altrimenti stagnante, e lui, con l’avanzare della stagione, riesce a farsi carico brillantemente di questo compito. L’età, in questo caso, non è un fattore: l’ex Lipsia ha mostrato a più riprese di avere la freddezza e la personalità per gestire il pallone in zone calde e assumersi la responsabilità di forzare la giocata quando necessario. Samardzic conclude la stagione come leader tecnico di una squadra di metà classifica del campionato italiano, alla sua seconda stagione in Italia e con meno di 100 presenze tra i professionisti. Il trampolino di lancio perfetto per un’estate, quella che stiamo vivendo, da potenziale protagonista.
Da diversi mesi il suo nome è stato accostato a tutte le big del nostro campionato, a partire dal Napoli campione d’Italia per arrivare alla Juventus. Negli ultimi giorni si era parlato anche di Inter, ma con l’arrivo di Frattesi è possibile che la pista si raffreddi, anche se per caratteristiche sarebbe potuto essere un buon sostituto di Barella, forse anche più di Frattesi stesso. Oltre ad affiancare Calhanoglu in costruzione, Samardzic avrebbe potuto replicare le sventagliate di Barella sul lato debole, rendendo ancora più letale l’accorrente Dimarco. In più, alzandosi sulla trequarti, avrebbe aumentato la qualità in rifinitura, associandosi con Lautaro o cercando direttamente la conclusione.
Lo stesso apporto potrebbe darlo alla Juventus, prendendo possesso dello scettro di mancino demiurgo della trequarti offensiva attualmente privo di padrone dopo l’addio di Di Maria e il grande vuoto lasciato da Dybala. Ma se la Juventus dovesse, come risulta da ultime indiscrezioni, puntare su Milinkovic-Savic, perchè non andare a sostituire proprio il compagno di nazionale nella Lazio di Sarri? Samardzic, che ha scelto la Serbia, assecondando la volontà dei genitori di origine balcanica, potrebbe lenire il dolore dei tifosi della Lazio garantendo qualità e fisicità nell’ultimo terzo di campo, oltre che un buon quantitativo di tiri dalla distanza che non farebbero rimpiangere il Sergente. A tal proposito, nei primi cinque campionati europei, Samardzic, con 4 centri, è alle spalle dei soli Messi, Griezmann e Valverde per gol realizzati da fuori area.
Ma le alternative non sono finite. C’è il Milan, ad esempio, alle prese con un restyling del centrocampo e della trequarti, e a caccia degli eredi di Tonali e Brahim Diaz e del sostituto di Bennacer. Samardzic potrebbe integrarsi sia come trequartista in un ipotetico 4-2-3-1 che come mezzala in caso si virasse verso il 4-3-3. Rispetto a Diaz, il serbo garantirebbe più controllo e razionalità nella gestione del pallone, qualità che bilancerebbero il caos e l’entropia generati dagli strappi di Leao. A Napoli invece, la prima squadra che si è mossa concretamente per lui, erediterebbe i compiti di Zielinski, sempre in quel ruolo ibrido tra mezzala e trequartista che sembra cucito apposta per lui. La sua tendenza ad agire sul centro destra renderebbe anche più equilibrato l’attacco del Napoli, sempre inclinato verso sinistra data la presenza soverchiante di Kvaratskhelia.
Infine, giusto per non farsi mancare nulla, perchè non andare ad infoltire la batteria di specialisti nei calci piazzati nella Roma di Mourinho? Con lui e Dybala da destra e Pellegrini da sinistra, i calci d’angolo dei giallorossi avrebbero un’efficacia simile ai calci di rigore. Tutte queste squadre, chi più e chi meno, hanno mostrato interesse per lui, incassando una parziale apertura dell’Udinese che, stando ai cinguettii degli esperti di mercato, avrebbe richiesto circa 25 milioni. Una cifra sicuramente alta ma tutt’altro che proibitiva, soprattutto se si considerano età, prospettiva ed esperienza accumulata in Serie A.
In tutto ciò, Samardzic non sembra avere fretta: ha scelto Udine per crescere in un campionato competitivo cosciente di aver bisogno di un passaggio intermedio prima di ambire a piazze più importanti. La scelta si è rivelata vincente, nonostante qualche intoppo iniziale. Samardzic è migliorato, ha ampliato il suo bagaglio tattico e arricchito il proprio gioco, ma salvaguardandone l’essenza raffinata e stilosa. Guardandolo, potremmo definirlo un edonista del calcio, uno che si crogiola nella bellezza delle proprie giocate, ma prima di ogni altra cosa ha dimostrato di essere un calciatore forte che sarà divertente continuare a seguire.
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