Cosa è stato Brozovic per l'Inter
Cinque momenti per raccontare la sua storia con i nerazzurri.
Anche l'addio all'Inter, dopo otto anni e mezzo, l'ha fatto a modo suo. A modo suo significa nelle modalità meno convenzionali, più pazze e improvvisate che ci possano essere. Marcelo Brozovic lascia l'Inter dopo otto stagioni e mezzo per passare all'Al-Nassr e per convincerlo ci sono voluti giorni di trattative, milioni che da 60 sono diventati complessivamente 100. Nel mezzo ci sono stati post Instagram dedicati all'Inter, i soliti esilaranti scambi social con Barella a ricordare quanto sia stata divertente e appassionante la loro bromance, storie con scritto "More to come, stay tuned" e tanto altro. Insomma, sembra che Brozovic abbia approcciato questo trasferimento con la solita leggerezza con cui ha approcciato ogni minuto di calcio giocato, in campo e fuori, nel suo periodo in nerazzurro.
Si parte da qui con Brozovic, dal suo essere una persona estremamente fuori dagli schemi, per finire subito a circoscrivere il perimetro entro cui si è mosso nel suo trascorso nerazzurro. Ecco, il perimetro è semplicemente sterminato e non solo per l'innumerevole quantità di km percorsi in ogni partita, che ne fanno uno dei calciatori più resistenti alla fatica dell'ultimo decennio.
Con la sua partenza, l'Inter perde colui che – come scrive anche Daniele Tirinnanzi su Twitter – è stato il giocatore più rappresentativo di questa epoca nerazzurra. Dal suo passaggio nel 2014 dalla Dinamo Zagabria all'Inter di Mazzarri, e da quella Inter a quella che poi è tornata in Champions, ha vinto lo scudetto e ha sfiorato il trofeo più importante di tutti, Brozovic è stata l'autentica espressione della crescita dell'Inter perchè è dal suo spostamento in cabina di regia – grazie all'intuizione di Spalletti, sempre troppo poco celebrata – che il suo destino è cambiato radicalmente. Da vertice basso del gioco, da abilissimo tessitore della manovra, Brozovic è diventato uno dei centrocampisti più forti in circolazione e al suo fianco è cresciuta l'Inter intera, prima tentennando, poi arrivando a vincere e consolidarsi.
Brozovic non può che essere l'espressione più autentica degli ultimi otto anni nerazzurri, e ci sono cinque passaggi che aiutano a far capire meglio il percorso che ha attraversato all'Inter.
1 – Multi-tasking
Delle 330 partite disputate in maglia nerazzurra – condite da 31 gol e 43 assist – si ricordano praticamente soltanto quelle disputate da regista nell'ultimo quinquennio. Troppo scintillante, troppo sacerdote – come piace definirlo a Stefano Borghi in ogni telecronaca – per non rimanere impresso nel modo con cui conduce l'intera manovra. Ma i primi anni di Brozovic all'Inter, con Mazzarri, Mancini e De Boer, sono stati anni di grande sperimentazione anche per lo stesso croato. Il suo gol all'Udinese sotto la gestione Mancini rappresenta bene quanto Epic Brozo sia stato spostato qua e là nei suoi primi trascorsi italiani, in cerca di una posizione che potesse fargli esprimere al meglio le sue qualità.
Questo splendido gol arriva da una posizione di esterno sinistro, dove Mancini lo ha schierato più volte: a sinistra, a destra, spesso anche trequartista nel canonico 4231 a cui era affezionato il tecnico jesino. Con lo stesso De Boer si trova spesso a fare la mezzala coadiuvato da Medel, Joao Mario e Banega, in quel 433 che mai ha funzionato. Con l'arrivo di Pioli, Brozovic inizia a specializzarsi in una posizione più bassa: si sposta nel duo di centrocampo, al fianco di Gagliardini o Kondogbia, ma spesso il tecnico emiliano opterà per una mediana più robusta – siamo ancora nei due mesi in cui Gagliardini sembra the next big thing del calcio italiano – facendo ri-traslocare Brozovic in posizioni più avanzate in campo, che in quel periodo ricopre con la stessa Croazia. Sono anni in cui Brozovic fa intravedere lampi di talento, ma nessuno riesce a trovarne la collocazione e consacrazione definitiva.
2 – I fischi e la svolta in un mese
La consacrazione arriva con Spalletti, certo, ma non subito. I primi sei mesi con il tecnico di Certaldo non riescono a far scoccare la scintilla, ed è anzi sotto l'inizio della sua gestione che il binomio Inter-Brozovic è stato vicinissimo a spezzarsi. In occasione di un Inter-Bologna dell'11 febbraio 2018 – per intenderci quella partita decisa da un lampo estemporaneo di Yann Karamoh – Brozovic viene schierato ancora trequartista da Spalletti, ma al termine di 55' abulici viene sostituito.
Erano passati soltanto una decina di giorni da quando, nelle ultimissime ore di mercato, Brozovic sembrava in procinto di passare al Siviglia dopo una prima parte di stagione tutt'altro che scintillante. Fu proprio Spalletti a bloccare all'ultimo minuto una cessione ormai fatta – il Siviglia già aveva inviato un aereo per prelevare il giocatore -, ma quei fischi capitati pochi giorni dopo sembrano comunque essere il preludio di un'avventura al capolinea. Passa un mese esatto: dall'11/2/2018 all'11/3/2018 quando, in occasione di un Inter-Napoli casalingo, Brozovic viene schierato nei due di centrocampo, davanti alla difesa. Una folgorazione che ancora ricordo io e chi ha assistito alla partita, giocata piuttosto bene da tutta l'Inter nonostante lo 0-0 finale.
Quella partita – non potevamo saperlo nell'immediato, forse nemmeno Spalletti e sicuramente nemmeno Brozovic – consegna ai posteri uno dei registi più forti del mondo. Un giocatore capace di abbinare quantità a una qualità difficilmente pareggiabile in fase di impostazione e regia. Da un Brozovic discontinuo e indolente, a un giocatore che di partita in partita diventa l'autentico motore delle trame di gioco nerazzurre per i cinque anni successivi.
3 – Sacerdote
Se possibile, Conte mette ancora di più Brozovic al centro del proprio villaggio: non aiutato da un altro mediano al suo fianco, ma esattamente nel nucleo del suo 3-5-2, accompagnato dalle due mezzali. Quella a destra, Barella, diventerà il suo compagno più caro nonchè presenza fissa, tanto che presto avrebbero iniziato a passarsi la palla e scambiarsi di posizione a loro piacimento. A sinistra, i cambi sono stati più frequenti: Sensi, Gagliardini, Eriksen, Calhanoglu e Mkhitaryan. Con Conte Brozovic diventa un regista sempre più decisivo e abile non solo a impostare l'azione insieme ad Handanovic e al terzetto difensivo, ma anche a schermare le iniziative avversarie. "E poi deve lavorare un bel po’ sulla fase difensiva perché il suo è un ruolo chiave" afferma Conte nell'ottobre del 2019, due mesi dopo il suo arrivo.
Per questa fase scintillante della sua carriera, che arriva dopo aver disputato la finale del Mondiale 2018 con la sua Croazia da protagonista – anche in quel caso, già a regista al fianco di Modric – ho scelto un'immagine risalente al derby vinto dall'Inter per 4-2 nel febbraio del 2020. L'Inter chiude il primo tempo sotto di due reti, salvo poi realizzarne tre nei primi 20' del secondo tempo: ad aprire le danze è proprio il centrocampista croato con un tiro al volo, di sinistro, da fuori area. Come a dimostrare di non aver perso quelle che erano le sue doti balistiche da centrocampista più offensivo, nonostante l'enorme cambio di ruolo, compiti e responsabilità.
Al primo anno con Conte non arriva uno scudetto, bisognerà attendere un altro anno, ma intanto l'Inter disputa una grande Europa League, raggiungendo la finale nell'estate pandemica. Il minimo comun denominatore delle due stagioni è Brozovic, stella polare del 3-5-2 – interrotto soltanto nei primi due mesi dell'annata 2020-2021 – e di tutta l'Inter, giocatore ormai di vertice nel panorama internazionale.
4 – Un ulteriore salto di qualità
Sembrava impossibile ma, sotto la gestione Inzaghi, Brozovic riesce a compiere un altro passo in quella che era stata già una trasformazione sbalorditiva, nel giro di tre anni. L'annata 2021-2022, quella che culmina con lo scudetto vinto dal Milan all'ultima giornata e con l'Inter che solleva Coppa Italia e Supercoppa Italiana, è la migliore disputata da Marcelo Brozovic in carriera.
Rispetto alla squadra iper-organizzata di Conte, la prima Inter di Inzaghi è molto più libera e fluida. Lo hanno affermato a turno tutti i giocatori, ma di fatto lo ha attestato fin da subito il campo: l'arrivo di Inzaghi ha coinciso con un'Inter ancor più protagonista sul terreno di gioco, ancor più vogliosa di dominare il possesso di palla e – a differenza del biennio precedente – più creativa, qualitativa e fantasiosa nella manovra.
Tutto ciò ha reso Brozovic ancor più centrale, mobile e protagonista nello scacchiere nerazzurro: Brozo chiuderà la stagione con solo 2 gol e 1 assist in Serie A, ma la sua importanza si vede nel 90% dei passaggi completati, nell'essere stato premiato come miglior centrocampista del campionato e come autentico centro di attrazione di una squadra che chiude con il maggior numero di tiri e gol fatti. La gestione Inzaghi rende l'Inter sempre più Brozovic-dipendente.
La dipendenza si è fatta sentire ancor di più nel 2022-23, quando Brozovic è stato lontano dal campo per circa quattro mesi. Non è un caso che – nonostante la straordinaria affermazione di Calhanoglu nel suo ruolo – l'Inter abbia comunque perso un'ampia percentuale di imprevedibilità e fluidità in fase di impostazione, oltre che di ordine anche nelle transizioni difensive, fino al suo ritorno a pieno regime ormai sul finire del mese di marzo.
Da lì, dal suo ritorno in cabina di regia, l'Inter produce due mesi in cui, con Brozovic sul campo, perde soltanto la finale di Champions League contro la squadra più forte al mondo, al termine di una partita in cui Inter e Brozovic hanno dimostrato di aver meritato pienamente la possibilità di calpestare quel palcoscenico. Cinque anni dopo quell'Inter-Napoli che ormai sembra lontanissimo, eppure così decisivo.
5 – Epic Brozo
Avremmo potuto inserire la foto in cui Brozovic si trova al supermercato con delle pizze surgelate, il video con cui fa finta di sparare delle pallottole negli spogliatoi, le sue mani allargate in ogni partita, l'esultanza nell'anno dello scudetto con cui mima lo scoppio di una bomba, la stessa che si è tatuato sul collo, oppure la foto di Brozovic travestito da coccodrillo a casa sua – perchè tra le altre cose è Brozovic ad aver creato la moda di sdraiare un giocatore dietro la barriera con la celebre mossa del coccodrillo.
Torno invece sulla stretta attualità, sul suo passaggio all'Al-Nassr: l'immagine riguarda uno degli scambi social con Nicolò Barella, risalente proprio alle ore calde della trattativa. Un'immagine che spiega quanto Brozovic, anzi Epic Brozo – espressione nata su Twitter cinque anni fa e ora di dominio pubblico – sia fuori dagli schemi. Dentro il campo, con quelle sbracciate che ne contraddistinguono ogni sua richiesta di entrare in contatto con la palla, e soprattutto fuori, in qualsiasi cosa che fa.
L'Inter e la Serie A perdono un giocatore epico, che non ruba gli occhi come fanno i giocatori estremamente scintillanti e qualitativi, ma che non viene nemmeno ammirato come chi si fa fatica a notare per la mole di lavoro sporco. Brozovic è stata l'unione di questi due concetti: un giocatore così presente e così centrale da risultare, a volte, quasi invisibile. Un giocatore che negli ultimi cinque anni si è attestato come uno dei migliori centrocampisti mondiali nel suo ruolo, di cui l'Inter è stata dipendente e da cui ora dovrà essere in grado di emanciparsi.
E, dopo il giocatore, arriva il personaggio: pazzo nel senso più puro e innocente del termine, da sbellicarsi le risate a ogni video o foto che lo ritraggono in pose o atteggiamenti non conformi. Brozovic è stato il simbolo degli ultimi otto anni di Inter, uno dei giocatori più decisivi dell'ultimo quinquennio di Serie A. E un personaggio che mancherà a tutti, salutando a modo suo.
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