Karim Benzema, il villain
Un attaccante leggendario che ha vissuto per rovinare le storie altrui.
Il 2 aprile 2016, al Clàsico del Camp Nou, il Barcellona arriva con una classifica che definire comoda è riduttivo. Il Real Madrid insegue a dieci punti e la Liga non è mai stata veramente aperta, tanto che all’andata i blaugrana avevano vinto per 4-0 senza neanche impiegare Messi.
È una partita che assomiglia a una formalità e il Barcellona sembra giocare un altro sport. Prima del decimo minuto, Suarez manca un appoggio comodo in area e nei dieci seguenti i suoi compagni sfiorano almeno altre due volte il gol, vedendosi anche negare un rigore abbastanza netto su Messi. Il gol, alla fine, arriva poco prima dell’ora di gioco: lo segna Piqué da calcio d'angolo. Per il Real è un gol umiliante sia sul piano tecnico – perché avrebbero potuto tranquillamente essere sotto di tre – che su quello filosofico visto che se c’è un giocatore in campo che più di tutti incarna la rivalità contro il Madrid e il Real quello è proprio Piqué.
Sembra tutto apparecchiato per un trionfo sportivo e simbolico del Barcellona, che in quel momento ha tredici punti di vantaggio sul Real. Dopo cinque minuti, però, Marcelo entra dentro il campo e, all’altezza della lunetta dell’area, scarica su Kroos nel mezzo spazio destro. Il tedesco mette in mezzo di prima ma Jordi Alba è sulla traiettoria e sporca il pallone, facendolo alzare in modo strano. Piqué prova a prenderla di testa ma nell’inarcare il corpo all’indietro la liscia malamente, sembrando quasi una foca da circo. Nel momento in cui il pallone sta superando la testa del povero Piqué, Benzema ha già letto la situazione: forse può colpirla bene anche di testa ma apre il piede destro e in semirovesciata la spedisce all’angolino basso.
Il gol di Benzema arriva totalmente contro l’inerzia della partita e il Barcellona, che fino a quel momento era in totale controllo, sembra sciogliersi. Nei trenta minuti che rimangono, il Real sfiora ripetutamente il secondo gol e neanche il rosso a Sergio Ramos nel finale sembra aiutare il Barcellona. Alla fine, il Madrid riesce a chiudere la rimonta: segna Ronaldo, controllando in area e scaricando col destro. Delle quattro partite seguenti, il Barcellona ne perderà tre, facendosi eliminare in Champions League dall’Atletico, vedendo il suo vantaggio in Liga quasi del tutto colmato e, soprattutto, vedendo il Real vincere la Champions League qualche settimana dopo.
Commentando la partita di Maradona contro l’Inghilterra a Messico 86, Jorge Valdano ha detto che: “Era impossibile prevenirlo. Quando un uomo sta facendo la storia, niente e nessuno può interferire. Tutto è allineato”. L'intervento di Benzema in questo Clàsico sembra confutare la teoria: il Barcellona in quel momento è la squadra più forte del mondo, un anno prima aveva vinto il triplete e la MSN è probabilmente nel suo momento più alto. Il suo percorso verso una riconferma e l'apertura di un ciclo sembra qualcosa di inevitabile. E probabilmente ha smesso di esserlo dopo questo momento.
Tre anni prima, in un momento simile, Benzema aveva solo sfiorato quell'impatto. Era la semifinale di ritorno di Champions League contro il Borussia Dortmund; quella che arriva dopo il poker di Lewandowski, per intenderci. È una partita che il Real gioca con il sangue agli occhi, sa che gli servono tre gol per vincerla: Benzema però parte in panchina; Mourinho gli preferisce Higuain. Il Real gioca una di quelle partite che sembrano maledette: nel primo tempo Özil trova proprio Higuain in area con un filtrante elegantissimo ma, da buona posizione, l’argentino calcia su Weidenfeller. Le combinazioni dell’ultimo Real di Mourinho sono spettacolari, agevolate dalla qualità di Di Maria, Özil e Modric. Rivedendo oggi questa partita alcuni errori sembrano semplicemente inspiegabili. Alla fine, Benzema entra intorno all’ora di gioco; non entra eccessivamente carico, ci mette quasi venti minuti a trovare il primo tiro della partita.
A differenza dei suoi compagni, però, sembra voler rompere il copione, dato che il suo primo – e unico – tiro della partita è anche il primo gol del Real Madrid. È un gol che non sarà decisivo ma l'ingresso di Benzema porta lucidità in campo. A due dalla fine, infatti, controlla una spizzata della difesa dentro l’area e, invece di farsi mangiare dalla fretta di trovare il tiro, entra dentro il campo e ha la lucidità di appoggiare in mezzo. Lo fa perfettamente perché il pallone arriva perfetto sui piedi di Sergio Ramos che controlla e tira per il 2-0.
Al Real basterebbe un solo gol per passare ma il tempo è troppo poco e non riesce nell'impresa. Lo statement però è quello: se bisogna rovinare una bella storia altrui, lui è il primo che gode nel farlo.
Benzema forse è il villain di tutte le storie in cui è stato coinvolto. Uno di quelli che ha avuto un percorso da eroe, fatto di sconfitte che negli anni sono diventate vittorie, ma con una prospettiva ribaltata. Se nel 2013 non era riuscito a rovinare la storia del Borussia Dortmund, nel 2016 ci è riuscito indirettamente e, andando avanti, lo farà in modo ancora più sadico e violento.
D’altronde, è abbastanza facile imbattersi in video di Benzema che corre verso i portieri e li fa uscire male, rinviare male o controllare male. In un video su YouTube dal titolo “Questo è cosa succede quando i portieri vedono arrivare Benzema” si vedono circa due minuti di errori su rinvii e uscite a vuoto di vario genere. Ci sono anche i primi due errori che lo hanno trasformato in una sorta di incubo dei portieri.
Il primo, quello di Ulreich nella semifinale di Champions League del 2018 contro il Bayern, ha qualcosa di metafisico, anche se la presenza di Benzema sembra più di contorno che altro. Innanzitutto, è un retropassaggio di Tolisso ma Ulreich sembra buggarsi: esce basso come a prenderla con le mani ma a metà strada capisce di aver fatto un errore. Certo, la palla di Tolisso è abbastanza infelice e i suoi compagni non sembrano avere la reattività sufficiente per metterci una pezza. Fatto sta che, in quel momento, Ulreich reagisce come quando non riesci a trovare il cellulare nelle tasche salvo poi accorgerti che è nella tua mano. Il pallone gli passa sotto il corpo e Benzema, che in questo è forse l’essere più cinico del pianeta, deve solo appoggiare in porta.
È probabilmente questa la sensazione che ha provato anche Karius nella finale di Kiev qualche settimana dopo. Nel rivederlo cinque anni dopo, quell’errore è ancora più surreale. Karius la gioca con tutta la serenità del mondo, come se non vedesse neanche Benzema. Anche in questo caso, siamo davanti a un portiere che sembra buggarsi.
Forse la spiegazione del titolo di quel video sta in questo: quando Benzema ti corre incontro l’unica reazione è la passività e la rassegnazione. L'accettazione del tuo tragico destino mentre intorno a te il mondo non aspetta altro che l'ennesimo contenuto tragicomico da buttare in pasto all'algoritmo. La grandezza quasi malefica di Benzema forse risiede in questo: rendere celebri i suoi avversari nel modo in cui meno avrebbero voluto.
Non so se quei gol abbiano condizionato i portieri che poi lo hanno affrontato negli anni seguenti. Quando, quattro anni dopo, Donnarumma si vede Benzema correre incontro, la sensazione sembra diventata quella del panico più totale. Lo stesso si può dire di Mendy. Certo, anche loro non sono mai stati portieri sicuri con il pallone ma quanti attaccanti possono dire di mettere così tanta paura a un portiere d’élite semplicemente andandogli a mettere pressione?
Qualcuno ha provato a chiedersi se questi errori siano stati forzati in qualche modo da Benzema o se sia semplice fortuna o organizzazione. La risposta più immediata, e forse più razionale, è che Benzema è un grandissimo pressatore e che tutti i portieri che ha punito erano portieri con dei limiti in possesso – Donnarumma e Mendy – o semplicemente di basso livello. Questa spiegazione giustifica la meccanica con cui gli errori si manifestano; lui stesso, in un'intervista ad AS nell'aprile del 2022, ha detto che questi suoi gol non sono mai stati casuali: "Non credo nella fortuna, è una questione di lavoro".
Quello, però, che questa lettura non spiega è come mai questi gol siano arrivati nei momenti più cruciali delle partite, diventando sempre decisivi. Personalmente non so se ci sia un momento in cui è legittimo aspettarsi errori simili o se semplicemente la loro portata scenica sia sempre principalmente riconducibile al fatto che sono sempre inaspettati. Ciò che rimane di assurdo è che quelli di Benzema sembrano arrivare contro il flusso narrativo delle partite in modo talmente violento da cambiarne la direzione.
Di questi quattro gol non c'è uno che non sia risultato decisivo per una vittoria ma, soprattutto, non ce n'è uno che non abbia demolito l'autostima dei portieri avversari. Dopo l'errore nella finale di Kiev, Karius è praticamente scomparso dal giro: ha giocato due anni nel Besiktas senza essere pagato per poi rimanere confinato nelle panchine di Union Berlin e Newcastle. Certo, non era un portiere straordinario neanche prima di quella partita ma un crollo simile era fuori da ogni previsione anche per lui. E la sensazione è che, togliendogli la palla dalle mani, Benzema gli abbia anche tolto ogni certezza.
La capacità di togliere certezze agli avversari è il filo rosso che unisce questi quattro gol di Benzema. Un sottile gioco psicologico in cui lascia nelle menti degli avversari delle vocine che gli ripetono che forse non sono semplicemente abbastanza bravi. Quelle che hanno accompagnato Karius verso una fine di carriera prematura ma anche quelle che hanno accompagnato Donnarumma verso il periodo più complesso di una carriera già piena di momenti difficili.
Il Benzema del 2022 è qualcosa di ancora più assurdo di quello di quattro anni prima: quando strappa il pallone dai piedi di Donnarumma apre una cavalcata gloriosa per il suo Real Madrid e fa accartocciare la carriera di un portiere straordinario. E ora che Benzema ha lasciato il Real, la vocina che ha lasciato a Donnarumma sembra essere rimasta ancora lì, a tormentarlo in eterno. Non lo abbiamo mai visto così insicuro e nervoso come dopo quell'errore. Tanto che, pochi mesi dopo, contro la Germania in Nations League, probabilmente si vede il volto di Benzema sul corpo di Werner e sbaglia il passaggio, regalando il pallone a Gnabry per il gol del 5-0 della Germania.
Quanto Donnarumma sia rimasto segnato possiamo immaginarlo vedendo la sua reazione nel post-partita, quando la corrispondente Rai gli fa notare che è il secondo errore del genere in pochi mesi. In quel momento, Donnarumma forse si sente umiliato e risponde quasi furente: “Non è la prima volta? Quando mi è capitato? Col Real Madrid col fallo?”.
Abbiamo visto avvitarsi la carriera anche di Edouard Mendy, che arriva al quarto di finale contro il Real Madrid come uno dei migliori portieri al mondo e ne esce a pezzi. Nell'agosto successivo si fa strappare un pallone dai piedi in una partita contro il Leeds, poco dopo perde il posto da titolare e a fine stagione anche la maglia del Chelsea, che lo scarica in Arabia Saudita.
Questi quattro gol non hanno una genesi specifica: singolarmente li avrebbe potuti segnare chiunque altro ma messi in fila danno forma a un pattern quasi sovrannaturale, come se solo Benzema avesse la capacità di incutere così tanto terrore ai suoi avversari, di far credere loro di essere semplicemente inadeguati. Ciò che più colpisce di questi gol, però, è come Benzema sia riuscito a insinuare dubbi nei suoi avversari soprattutto nei momenti in cui lui doveva o poteva averne. I primi due gol, a Ulreich e Karius, sono arrivati nella primavera del 2018, ossia in una stagione in cui Benzema aveva segnato solo 5 gol in Liga e solo pochi mesi dopo che i tifosi del Real lo avevano pesantemente fischiato, spingendo addirittura Cristiano Ronaldo a prendere le sue difese.
Forse è stata quella la sua origin story, quella che lo ha trasformato nel villain capace di dominare la mente, disperdendo insicurezze in essi. Dopo anni in cui si è sacrificato anima e corpo verso i suoi compagni, Benzema ha cambiato strategia: ha iniziato ad attingere dalle energie dei suoi avversari, lasciandosi dei gusci vuoti alle spalle quando va a esultare. Forse i fischi del Bernabeu sono stati anche la vera origine della sua forza dialettica, espressa brillantemente in quel "Gioco per la gente che capisce di calcio" detto proprio nel 2018 dopo il duecentesimo gol con il Real Madrid.
Forse quel lato villain della sua personalità è stato quello che ci ha permesso di vedere un giocatore così fenomenale in campo e così decisivo nei momenti più importanti. Il suo modo di giocare con le emozioni dei suoi avversari è stato violento ai limiti della brutalità e alla fine non sorprende che anche il suo addio al Real Madrid abbia seguito questo pattern.
Benzema è stato un villain anche nel suo addio: ha illuso i tifosi del Real Madrid con la prospettiva di una sua permanenza; ha preso in giro le voci di mercato che lo volevano in Arabia Saudita dicendo che "chi parla è internet, e la realtà non è su internet". Alla fine, però, via da Madrid ci è andato per davvero, portando il suo talento e il suo Pallone d'Oro in Arabia Saudita nel momento in cui il mondo la vede come il male assoluto per il calcio.
Nessuno era veramente preparato a questo momento, così come nessuno lo era quando Benzema ha tolto la palla dalle mani di Karius o dai piedi di Donnarumma. Ma se c'è una cosa in cui Benzema rimarrà sempre il più grande dei villain, forse è proprio quello di colpire proprio quando meno ce lo aspettiamo.
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