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Considerazioni sparse post Manchester City-Inter (1-0)


L'Inter esce col cuore spezzato dalla finale di Champions League.

- A Istanbul Manchester City e Inter danno vita a una finale più psicologica che calcistica. Su un prato decisamente troppo bagnato va in scena una partita non troppo piacevole per gli esteti, in cui i nerazzurri mostrano al City i famigerati fantasmi, costringendo i ragazzi di Guardiola a giocare una partita contro la propria natura. Come spesso accade in situazioni come queste sono decisive una distrazione collettiva e una magia individuale (trovatemi voi un aggettivo migliore per il destro chirurgico di Rodri, se ce la fate). Il Manchester City vince così la sua prima Champions League: una partita dimenticabile in una serata memorabile per una squadra leggendaria;

- Sul charter che ripartirà stasera in direzione Milano la squadra di Simone Inzaghi imbarcherà sicuramente la consapevolezza di una stagione europea di incredibile livello, ma il check-in lo dovranno fare anche un paio di rimpianti. L'Inter era infatti riuscita nella parte più complicata del suo diabolico piano e le fin troppo vistose reazioni di Guardiola a partita in corso ci dicono che oggettivamente ci si era incanalati sul giusto binario. L'istinto del predatore è mancato, soprattutto alla LuLa, ma alla vigilia erano in tanti a pensare che questa sera fosse difficile anche solo fare bella figura;

- La finale di questa sera ci dice anche che il gioco del calcio sta evidentemente prendendo una piega sempre più teorica, in cui tutto ormai è giocato sul dettaglio, come accade per esempio in Formula1 e in MotoGP con la regolazione al millimetro degli assetti. Il primo tempo si può tranquillamente definire un atto di calcio recitato, in cui i 22 in campo son sembrati più attenti a rispettare le idee condivise alla lavagna che a lasciare il proprio segno distintivo sulla partita. Per i puristi ci sarà di che discutere (per esempio su come Inzaghi è riuscito a far giocare sempre spalle alla porta i 4 trequartisti del City), nel mentre però il destro chirurgico di Rodri e le sfortune di Lukaku, in compenso, ci hanno ricordato che questo rimane un gioco inafferrabile;

- In un match così teso e bloccato è quasi normale che siano ci siano più prestazioni deludenti che grandi performance. Gundogan, per esempio, gioca una delle sue peggiori partite stagionali e così fa Calhanoglu, quasi per osmosi in quella zona del campo. Trattandosi di atto conclusivo di una Champions League però, vogliamo puntare i riflettori sui migliori in campo e ne citiamo due per parte: per il City John Stones, ultimo capolavoro di Guardiola, e Ruben Dias, il vero segreto della formula vincente di Pep; per l'Inter Marcelo Brozovic, uno che gioca le finali come se fosse al parco, e Federico Dimarco, alla prova di maturità definitiva;

- L'ultimo ragionamento, come spesso mi capita, vorrei dedicarlo al futuro. Su questi schermi dopo l'incredibile semifinale di ritorno vinta 4-0 contro il Real Madrid, si era parlato di un Manchester City che poteva ritrovarsi ad avere paura, come i bambini quando da piccoli vengono lasciati al buio. Oggi Pep Guardiola di paura ne aveva tanta e probabilmente l'ha anche trasferita ai suoi ragazzi. I fantasmi si sono personificati nell'infortunio di Kevin De Bruyne (vedi finale persa contro il Chelsea) e in una serie di errori tecnici che al City raramente si vedono nell'arco di una stagione. L'Inter, però, potrebbe essere stata un'ultima vana speranza per il calcio europeo, perchè da domani i Citizens giocheranno senza dover più dimostrare al mondo di saper vincere e la prospettiva di aprire un ciclo è più che concreta.


  • Nato a Cremona il 23/11/1996. Conserva nell'armadio i pantaloncini del suo esordio in Serie D allo Stadio Euganeo di Padova. Non sa scegliere tra la parte sinistra e quella destra del proprio cervello e nemmeno quale sia il suo sport preferito. È fermamente convinto che il Paradiso sia un'Olimpiade che dura in eterno.

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