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Bernardo Silva esulta dopo il gol al Real Madrid.
, 18 Maggio 2023

Bernardo Silva è stato ineluttabile


Nel ritorno contro il Real Madrid, il portoghese ci ha mostrato tutta la sua unicità.

Ho una teoria. Anche se viviamo nell'era della coolness, in cui forgiamo i nostri gusti sulle timeline di Instagram e la cultura visiva è diventata predominante, qualsiasi occasione per scappare da questo sistema iper-estetizzato e preconfezionato è un'esperienza irripetibile, a suo modo unica. La doppietta di Bernardo Silva al Real Madrid, e in generale la sua prestazione totalizzante, piena di passaggi e dribbling finissimi, pause e controlli ritmati, è stata un atto rivoluzionario di questo tipo.

A guardarlo bene, Bernardo Silva è uno dei giocatori meno fichi su cui possiate concentrarvi. I suoi capelli sono sempre più radi, annuncio di un invecchiamento precoce; la barba incolta e curata gli dà un'aria da burocrate; la maglietta oversize, dentro la quale il suo busto piccolo potrebbe scomparire da un momento all'altro, lo accomuna a un trequartista degli anni Duemila. Anche la sua andatura in campo è piuttosto anonima e, se non fosse per la genialità di alcune scelte, tutto sommato potremmo pensare che Bernardo Silva sia un'ala destra come altre. Forse non è un caso se a fine partita, quando per qualche motivo il giornalista gli chiede se è tifoso di una squadra argentina, Bernardo Silva ammetta di essere un grande ammiratore di Pablo Aimar. Ha appena ricevuto il premio di Man of the Match dalla UEFA, eppure nessuno sembra dargli molta importanza. Le altre domande riguardano già la finale contro l'Inter o il suo possibile futuro al Barcellona.

In effetti si parla troppo poco dell'unicità di Bernardo Silva, del suo modo puramente creativo di stare in campo nella squadra tatticamente più rigorosa al mondo. Nella semifinale di ritorno contro il Real Madrid, a Bernardo sono bastati i primi minuti per ridurre tutta la partita al suo uno contro uno con Eduardo Camavinga, fino a ieri sera rivelazione della stagione del Real nel nuovo ruolo di terzino sinistro.

Ieri abbiamo assistito al migliore primo tempo del Manchester City di Guardiola. Un gioco geometrico e intenso, in cui le connessioni tra i giocatori offensivi (Gundogan e Grealish a sinistra, Bernardo e De Bruyne a destra) hanno disintegrato la difesa del Real Madrid. In un contesto tattico ai limiti della perfezione, però, è difficile evitare di sottolineare come tra gli undici in campo ce ne sia stato uno che brillava di una luce diversa. Contro il Real, Bernardo Silva ha tentato 6 dribbling - di cui 3 riusciti - e completato il 90% di passaggi - 52 su 58. Fin dai primi minuti le sue ricezioni a ridosso della linea laterale hanno mandato in crisi il sistema di marcature dei Blancos. Bernardo Silva è innanzitutto un giocatore intelligente, l'apostolo più fedele del gioco di posizione di Guardiola, e perciò sono stati elusivi anche i suoi movimenti senza palla.

Come ci ha mostrato il suo smarcamento alle spalle di Kroos nell'occasione del primo gol, Bernardo Silva ha un'abilità unica nel riconoscere lo spazio da attaccare. A fine partita, con le sue solite frasi un po' melense, che sembrano dire tutto e invece non dicono quasi nulla, Pep Guardiola ha commentato la sua prestazione: «Bernardo Silva è uno dei migliori giocatori che abbia mai visto». È un elogio banale, eppure contiene in sé una verità che prima di ieri sera non riconoscevamo del tutto. Bernardo Silva come uno dei giocatori più decisivi al mondo, un trequartista (o esterno, o centrocampista, insomma, ci siamo capiti) raffinato ma concreto, decisivo sia nei quarti di finale contro il Bayern Monaco che nella semifinale di ritorno contro il Real.

Qualcuno potrebbe notare che per segnare un gol come quello che ha portato in vantaggio il Manchester City c'è bisogno di un genio del gioco come Kevin De Bruyne. Un centrocampista capace di strappare il velo di Maya della realtà per vedere oltre il passaggio più banale. È così. Ma come si dice, in fondo il vero riconosce il vero, no?

Comunque, anche se ha già segnato un gol pesantissimo, la partita di Bernardo Silva non fa che migliorare. Al 36esimo il City attacca l'area del Real Madrid partendo da sinistra. Per la prima volta Grealish è libero di condurre il pallone e, arrivato ai sedici metri, trova con un'imbucata minimale l'inserimento di Gundogan alle spalle di Valverde. Il tedesco calcia piuttosto timidamente, dando il tempo a Militao di chiudere la diagonale. La palla subisce un rimbalzo innaturale, e sembra stia per fermarsi sui dieci metri quando Bernardo Silva si coordina inarcandosi in avanti.

Bernardo non è poi così basso - secondo Wikipedia raggiunge i 173 cm - ma la corporatura gracile lo rende quasi un hobbit nel calcio contemporaneo. Forse è anche per questo che appena lo abbiamo visto colpire quel pallone vagante con la testa abbiamo pensato fosse uno scherzo. Cosa vuole fare, questo giocatore piccolo e indifeso, nel cuore di una difesa in cui domina la potenza di Militato e Alaba?

Invece l'idea di Bernardo Silva è stata geniale. Camavinga e Kroos si erano affrettati a coprire lo specchio di porta lasciato libero da Courtois, che a sua volta era uscito per murare il tiro di Gundogan, e, se Bernardo l'avesse schiacciata, i due difendenti del Real gli avrebbero negato il gol. Per questo ha scelto di colpire la palla leggermente da sotto, per dargli un effetto velenoso, un lob dolce eppure teso, che si è incastrato in porta proprio sopra la testa di Camavinga. «Sono piccolo ma sono bravo con la testa, eh?» ha scherzato Bernardo Silva in conferenza stampa. È un gol essenzialmente facile, reso però unico dall'afflato artistico con cui Bernardo Silva adorna ogni pallone toccato.

Essere decisivo per la vittoria del Manchester City in Champions non dev'essere una sensazione nuova per Bernardo Silva. Ad aprile, nei quarti di finale contro il Bayern Monaco, aveva giocato altre due partite eccezionali. Negli occhi del pubblico era rimasta l'azione in cui, intorno al 70esimo, era sgusciato via a Davies e de Ligt sul lato corto dell'area di rigore. Le continue sterzate di Bernardo Silva provenivano dall'iperuranio, dove a calcio si gioca danzando sui cadaveri dei difensori, esseri umani troppo grandi e impacciati per poter entrare negli stessi interstizi della realtà.

Poi nel secondo tempo aveva dimostrato ancora la sua decisività con un altro colpo di testa - stavolta un'incornata da centravanti vero, che aveva portato il risultato sul 2-0. In quella partita Bernardo Silva non aveva solo dominato il duello con Alphonso Davies, girando intorno al proprio svantaggio atletico con il controllo del pallone e dei tempi. Barney Ronay aveva scritto sul Guardian dei suoi movimenti senza palla grazie a cui il portoghese è ormai diventato un uomo chiave del Manchester City in Champions. Da questo punto di vista è giusto sottolineare quanto il pensiero di Bernardo Silva in campo sia originale. Quest'anno Guardiola lo ha schierato da falso terzino sinistro o mediano in Premier League, e lui ha offerto alla squadra la sua intelligenza, quella sottile abilità nel leggere l'azione almeno un paio di passaggi in anticipo.

Quando è arrivato al Manchester City, Bernardo Silva era un trequartista dribblomane, ma anche fragile. Il lavoro con Guardiola ha accentuato il suo controllo tecnico sulle partite, e oggi possiamo considerarlo a tutti gli effetti un centrocampista totale. Nel capolavoro tattico del primo tempo giocato dai Citizens contro il Real Madrid, che in futuro potremmo ricordare come l'apogeo del calcio come manifestazione estetica-organizzativa, Bernardo Silva è apparso ai nostri occhi come il primus inter pares di questo sistema. A differenza di Messi nel Barcellona di Guardiola, cioè, il talento di Bernardo si gonfia e tracima all'interno della struttura tattica del City. Per certi versi, potremmo definirlo il giocatore ideale per Guardiola, quello che il tecnico avrebbe creato se si fosse messo in laboratorio a produrre il calciatore più adatto per il suo gioco.

In un articolo uscito poche ore dopo la semifinale su The Athletic, Daniel Taylor ha analizzato i movimenti di Bernardo Silva e la sua intelligenza nella ricerca dello spazio libero: «Prendi la palla, amala, trattala come un amico. Passala a un compagno di squadra, continua a muoverti, renditi disponibile a riprenderla. Ripeti» ha scritto. «È una formula semplice, ma ci vuole anche qualcosa di speciale per perfezionarla a questo livello. E Bernardo, chiaramente, è speciale». Trovo però che ci sia anche qualcosa di misterioso nel calcio di Bernardo Silva, nella sua interpretazione geometrica e artistica insieme, che gli ha permesso di diventare il discepolo preferito di Pep Guardiola.

Prendiamo la giocata più bella della partita. Al 65' il Real Madrid mantiene il possesso della palla sulla trequarti del City. Kroos riceve qualche metro a sinistra del cerchio di centrocampo, riempiendo lo spazio lasciato da Alaba, che da terzino sinistro si è accentrato dietro la pressione di De Bruyne. Il tedesco lo cerca per creare superiorità tra le linee del City e Alaba riesce a verticalizzare per Benzema. Gli spazi in cui il Real è costretto a palleggiare sono claustrofobici, però, e il Pallone d'Oro sbaglia l'aggancio. A quel punto riparte la costruzione celestiale del City di Guardiola ma, più che affrettare i tempi, Gundogan dà la pausa per far respirare i compagni e riparte da Ruben Dias.

Il Manchester City palleggia in area con la stessa confidenza con cui trova la rifinitura in fase offensiva e, nonostante venga pressato da Benzema, Stones prova un fendente centrale che trova Bernardo Silva. Il portoghese sfiora appena il pallone con il tacco; lo accarezza come un bambino che ha paura di rompere il suo giocattolo preferito. Kroos vede la sfera solo dopo che gli è passata tra le gambe, e, quando si gira, Kevin De Bruyne si è già involato verso la trequarti del Real Madrid.

Come ha scritto una volta Roberto Bolaño: «Fra le diverse felicità che può offrire la letteratura, la più alta è l'invenzione». Non so se Bernardo Silva abbia mai letto Bolaño, di certo con questa giocata ha messo in pratica quella visione puramente creativa.

Non è solo un gesto tecnico eccezionale. Certo, a Bernardo Silva è bastato farsi passare il pallone sotto il tacco sinistro per uscire dalla pressione di Kroos con una piroetta così semplice da farti saltare sulla sedia, come se per lui fosse tutto così naturale, e così ha stappato il campo per la ripartenza di De Bruyne come una scatoletta. Una giocata utile, nella Weltanschauung guardiolesca in cui una bella giocata è sempre una giocata utile, che produce un piccolo vantaggio che si diffonde per osmosi su tutta l'azione. Eppure c'è qualcosa di più, in quel gesto tanto minimalista da bucare il quadro in cui è inserito.

Con quel colpo di tacco Bernardo Silva ha fissato la grandezza della sua creatività, dell'estro irrefrenabile che lo accompagna nel campo da calcio. È stato un momento in cui ci siamo trovati di fronte a un'onnipotenza tecnica fulminea, come se avessimo preso coscienza in un baleno di quanto Bernardo sappia essere decisivo, irrefrenabile. O, come se fosse diventato un cattivo della Marvel, così ineluttabile.


  • Nato a Giugliano (NA) nel 2000. Appassionato di film, di tennis e delle cose più disparate. Scrive di calcio perché crede nella santità di Diego Maradona. Nel tempo libero studia per diventare ingegnere.

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