È stato il derby di Lautaro Martinez
Una prestazione incredibile, condita da un gol che rimarrà nella storia dell'Inter.
L’Inter si è ripresa Milano. Qualcuno potrebbe dire che in realtà è sempre stata sua, in virtù dell’ormai decennale superiorità quando arriva il giorno della stracittadina. Ma, dopo la corsa scudetto dello scorso anno e la crescita perentoria del Milan di Stefano Pioli, questo speciale derby in semifinale di Champions, 20 anni esatti dopo quello deciso dalle parate di Abbiati, suona come uno statement definitivo nel confronto tra cugini. L'Inter ha vinto e lo ha fatto senza lasciare il minimo dubbio, togliendo ai tifosi del Milan anche la possiblità di giustificarsi dietro la semi-assenza di Leao. La facilità e la determinazione con cui la squadra di Inzaghi è riuscita a creare pericoli per la difesa rossonera è stata disarmante per tutti i tifosi, ammutoliti proprio come i giocatori in campo. In entrambe le partite, i giocatori dell'Inter hanno dato l'impressione di poter trovare gli spazi da attaccare in modo naturale, quasi schioccando le dita. In particolare, ci sono stati due momenti in cui il Milan è sembrato paralizzarsi in campo, incapace di leggere l’azione ancor prima di prendere le contromisure adeguate. Ed entrambi i momenti hanno lo stesso denominatore comune: Lautaro Martinez.
Il primo è quello che ha portato al gol del 2-0 nella partita di andata, e che ha quindi indirizzato fortemente la contesa. L’attaccante argentino in verità non tocca nemmeno il pallone: gli basta un semplice velo per distruggere i sogni di mezza Milano. L'azione nasce da un'ottima riaggressione e dall'innesco di Barella per la corsa di Dimarco sulla sinistra. L'esterno nerazzurro, forse senza guardare, prova ad appoggiare verso il limite dell'area dove c'è Lautaro, che però è leggermente più avanti rispetto al pallone e deve voltarsi per recuperarlo. Inizialmente ci pensa ad andare sulla palla, ma alla fine rinuncia e la lascia passare. A raccoglierla c'è Mkhitaryan che, indisturbato, entra in area e segna il gol che inclina definitivamente l'inerzia del derby dalla parte della squadra di Inzaghi. Sono passati 10 minuti dei 180 totali, l’Inter è già avanti 2-0.
Di primo istinto viene da criticare il posizionamento dei difensori del Milan, che lasciano un buco per l’inserimento del centrocampista armeno, inseguito invano dal solo Tonali che, anche volendo, semplicemente non può fare tutto. Ma se andiamo a vedere bene la giocata di Lautaro è decisiva ai fini del gol più degli errori rossoneri. Il linguaggio del corpo dell’argentino è chiaro: sta andando incontro al pallone, con le spalle alla porta, quindi avrà bisogno di un tempo di gioco in più per girarsi e decidere cosa fare. Se dovesse giocare la palla di prima, è facile pensare che appoggerebbe all’indietro.
Per questo la difesa del Milan è completamente sorpresa quando si scopre che, in realtà, Lautaro quel pallone non lo vuole toccare. Nell'ottica dei difensori rossoneri il pallone sta per fermarsi, e invece, grazie all'intuizione di Lautaro, continua la sua corsa, riaccendendo un pericolo che sembrava essere scampato. Una giocata intelligentissima per quanto sobria. Liscia, per l’appunto. È come se fosse stato in grado di fermare il Milan, come nei videogiochi della serie di Prince of Persia, dove è possibile rallentare per pochi attimi il tempo.
Questa è solo la prima azione con cui Lautaro ha spezzato la schiena al Milan. La seconda arriva nella partita di ritorno, in un contesto di gara completamente diverso. Se il velo dell'andata è arrivato in un momento in cui il Milan non sembrava in grado di reagire a quanto stava succedendo in campo, al ritorno i rossoneri sono riusciti a portare in campo uno spirito diverso, anche se hanno faticato comunque a impensierire Onana.
Per un breve momento la squadra di Pioli ha trovato ritmo e anche coraggio; solo l'errore di Brahim Diaz non gli ha permesso di trovare anche il gol. Lautaro, intorno al ventesimo, sembra però nutrirsi di quel coraggio; lo fa con un'altra azione in cui sembra rallentare il tempo. È sulla propria trequarti e circondato da maglie rossonere, con Theo Hernandez in pressione e Tonali in aiuto. Nello spazio di un fazzoletto prima rallenta, come volesse mettere la pausa alla manovra, magari tornando indietro. Poi effettua una virata, fluida e rapida, che lascia sul posto sia Tonali che Theo e, rivolto ormai verso la porta avversaria, parte in progressione, scattando all’improvviso e sorprendendo definitivamente i propri avversari. Riesce a fare circa 20 metri, prima di essere steso alla disperata da Tonali, che da quella situazione disperata è riuscito a ricavarci un fallo ma, misteriosamente, non un cartellino.
Questa fotosequenza in cui Lautaro è riuscito a districarsi in una situazione difficile è la perfetta immagine di cosa è stato questo derby di Champions. La superiorità e l’astuzia con cui "il Toro" elude gli avversari creando vantaggi netti è inarginabile. E per l’Inter, con un’intensità fisicità e mentale del genere, è sembrato veramente tutto troppo facile. Come per Lautaro, in un periodo di forma dove gli sembra riuscire tutto.
L’attaccante argentino è stato probabilmente il miglior giocatore dell’eliminatoria, prendendosi il premio di uomo partita della UEFA nella gara di ritorno. Ha anche segnato il gol decisivo della partita di ritorno: un missile calciato di collo pieno che è riuscito addirittura a far sembrare impreparato Maignan. La dinamica dell’azione è un bignami della differenza mentale tra le due squadre, con Kalulu e compagni che guardano il pallone rimpallare tra un corpo e l’altro senza sapere come intervenire, e i giocatori dell’Inter che invece appaiono più concentrati e intensi e riescono a impossessarsi di ogni palla vagante. Una differenza di approccio che si è rivelata decisiva, perché nei momenti di confusione il pallone ha finito per sembrare attratto da chi lo desiderava di più. Non è un caso che in questa circostanza sia finito proprio tra gli scarpini di Lautaro.
È molto difficile trovare un protagonista assoluto in questo percorso che ha portato l’Inter a giocarsi una finale di Champions League. Tra la longevità e l’esperienza di Dzeko e Mkhitaryan, il vigore caotico di Barella, le percussioni di Dimarco, i lampi di Lukaku, la compattezza di Acerbi e Bastoni o l’intelligenza di Calhanoglu e Brozovic sembra di fare un torto a qualcuno nell’esprimere una preferenza. Ma, allo stesso tempo, Lautaro è emerso come grande protagonista proprio nella sfida più importante, diventando il simbolo di questo incredibile percorso.
Se due stagioni fa era Lukaku il volto dell'Inter che dominava i derby, ora Lautaro si sta prendendo quel ruolo. È cresciuto tecnicamente ma anche caratterialmente: evita di reagire ai numerosi falli subiti o di lasciarsi prendere in momenti di sbruffoneria. Nel derby perso nella scorsa stagione era stato colto in brutti gesti verso gli avversari – si diceva, addirittura, che avesse sputato a Theo Hernandez. Ora non è più quel Lautaro: è una versione più grande, più matura e più carismatica.
Lautaro Martinez incarna la fame e il talento dell'Inter e il mondiale vinto a dicembre sembra avergli dato ulteriore fiducia nei propri mezzi. Nei due derby di Champions è entrato in campo con la fascia da capitano e ha giocato da grande attaccante ma soprattutto da grande leader. Ora è a un passo dalla gloria e a Istanbul avrà nuovamente la possibilità di rallentare il tempo attorno a sé. Del resto, il legame tra Inter e Argentina è sempre stato intenso. Non è un caso che sia diventato lui l’uomo in prima linea per riportare l’Inter sul tetto d’Europa.
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