Erasmus: Brøndby IF-FC København
Il derby di Copenhagen ha consolidato il primato dell'FC.
"Erasmus" è la rubrica del lunedì in cui vi raccontiamo una partita frizzante dal weekend di calcio internazionale. Se vi siete perso gli episodi precedenti, li trovate qui.
Nel fastidioso fine settimana che si infila tra il primo e il secondo atto dell'Euroderby come il pezzetto di basilico che rimane tra gli incisivi dopo un bel piatto di trofie al pesto, occorre andare altrove. Occorre prendere e partire, cambiare aria, allontanarsi dalla cappa opprimente che assorbe tutto ciò che viaggia appena sopra le nostre menti pallonare. Un derby è sempre un derby, però. Le coreografie, gli sfottò, la tensione sono il pane del calcio. Ne servirebbe un altro. Non quello di Milano, ma qualsiasi altro. A 1445 km di distanza, ecco ciò che fa per noi. Brøndby IF-FC København.
A separare il Parken di Copenhagen, teatro della tragedia a lieto fine più recente della storia del calcio europeo, al Brøndby Stadium sono un quarto d'ora di macchina, un paio di quartieri della capitale danese e una rivalità tanto giovane quanto accesa. Sono i Drengene fra Vestegnen gli autoctoni, quelli che c'erano prima, sin dal 1964. Guarda caso è proprio nel 1991, un anno prima che venisse fondato l'FC, che il Brøndbyernes Idrætsforening (risparmiamo la traduzione, l'inchiostro virtuale finirebbe prima) raggiunge il picco della propria storia europea, venendo eliminata in semifinale di Coppa Uefa dalla Roma di Völler e Rizzitelli. Dal 1992 i ragazzi di Vestegnen, sobborgo multietnico dell'area metropolitana di Copenhagen, ha finalmente avuto un rivale da guardare negli occhi. A tu per tu. A un tiro di schioppo.
La nuova arrivata, erede della tradizione ultracentenaria del Kjøbenhavns Boldklub (club più antico dell'Europa continentale), è più ricca, distrugge qualsiasi record economici e di appeal all'esterno, ma è pur sempre la nuova arrivata. La maggioranza dei danesi e dei copenaghensi è ancora fedele al gialloblu di Brøndby, nonostante il total white del Byens Hold abbia il suo perché. La Sydsiden trasuda orgoglio, punto dal fatto che l'FC è ancora in lizza per il titolo e il Brøndby no, ma sobillato dall'idea che una loro vittoria equivale a una sconfitta dei parvenu cittadini. Il settore ospiti ribolle di striscioni a firma FCKFC, che non è la sigla di un insulto anglosassone ma poco ci manca e la sua porca figura la fa. Reduci dalla sanguinosissima sconfitta a Nordsjælland la testa della classifica è ora presidiata dai padroni del Right to Dream Park (Danimarca miglior paese per nomi degli stadi a mani basse). L'FC ha un punto da recuperare a 4 giornate dalla fine. La 3f Superliga è ancora in bilico, a patto di espugnare quello che vorrebbe chiamarsi Viltfort Park.
Il 9 di cui sopra ha deciso l'ultimo derby di Copenaghen, insieme al rigore parato da Hermansen a quel Vavro. Ohi fa coppia con Kvistgaarden, altro uomo da tenere d'occhio per i taccuini degli scout europei. Lo stadio completamente giallo, la maschera di Grabara tra i pali dell'FC, i fischi della Sydsiden non appena Mikkel Redder fischia l'inizio e Darany appoggia a Clem. Tempo 2 minuti e capitan Claesson rifila un pestone in pieno volto a Winther. Giallo e fischi dei 25 mila per lui, un sopracciglio sventrato e un turbante berbero per il 2001 difensore danese. Vorremmo soffermarci sulla costruzione 3+2 del Brøndby o su quella 4+1 dell'FC ma suvvia, un derby è un derby, e così abbiamo occhi solo per i duelli rusticani che Kvistgaarden instaura con qualsiasi bipede di bianco vestito gli capiti a tiro.
Gli ospiti provano a risalire tramite la fascia sinistra, con le conduzioni autorevoli palla al piede di Sørensen e le associazioni tra Daramy e Haraldsson tra le linee; tutte le iniziative dei padroni di casa passano dal destro di Daniel Wass, passato inspiegabilmente al Wanda Metropolitano dopo un quinquiennio al Valencia e ora tornato nella società che l'ha svezzato e gli ha aperto le porte del calcio europeo. La palla la tiene l'IF, il gol lo fa l'FC: Daramy si abbassa per scrollarsi di dosso la marcatura dei centrali, allarga a destra per Jelert che ha troppo, troppo tempo per pennellare in mezzo. Capitan Claesson ha spazio e modo di calcolare la traiettoria, torcersi in mezzo all'area e balzare verso il traversone come se una molla l'avesse tenuto a terra sino a quel preciso istante. Il colpo di testa è un'aquilone che nel pomeriggio soleggiato di maggio copenaghense farebbe felici bambine e bambini ma che manda in estasi migliaia di giovani che si emozionano per un pallone che rotola su un prato verde. FC in vantaggio, Claesson contiene la moltitudine dell'affetto dei tifosi dei Lions, il København è momentaneamente in cima alla Superliga.
Metà scarsa di primo tempo e i cartellini gialli estratti da Redder sono già 3. Non conoscendo il danese non intendiamo le indicazioni di mister Jesper Sørensen (settenario di livello dantesco, consentitecelo) dalla panchina di casa, ma la fronte corrugata suggerisce un corrispettivo scandinavo di "Facciamo a cazzotti, almeno". Al Brøndby questo rimane: mettere i bastoni tra le ruote a chi ha usurpato il potere in città e in patria. Il movimento alla destra dei centrali di Josip Radošević, un passato dimenticabile nel Napoli di Benitez, cerca di offrire un'alternativa alla creazione degli uomini di Vestegnen, ma i ritmi sono dettati dal centrocampo di Jacob Neestrup. Un solo difetto: Roony non è ancora entrato, e chissà se potremo gustarlo oggi. Si è messa troppo bene troppo presto.
Kvistgaarden salta per l'ennesima volta Clem, come se il campo pendesse verso la Sydsiden e il gol fosse una spiacevole eccezione. Il 36 conquista il corner e guarda infervorato la gradinata, agitando le braccia come uno spaventapasseri. Su un fallo subito in ripartenza di Daramy è ancora lui a stuzzicarlo con una sfacciataggine che viene da non si sa dove, visti i chili e i centimetri di differenza. Per passare inosservato, Kvistgaarden non passa inosservato.
Daramy si accascia a terra appena prima dell'intervallo. Si rialza ma chiede il cambio. Sta per arrivare il momento? No. Non entra Roony. Entra un Larsson qualsiasi. Riveros continua a crossare dalla sinistra senza trovare la testa di una maglia gialla, Kvistgaarden continua a ricalcare l'identikit del giocatorechesegiocanellatuasquadraèunidolomasecel'haicontrononlosopporti, caricando il Brøndby Stadium un fallo laterale sì e un contrasto pure. Ma 0-1 all'intervallo è.
La ripresa iniziata con la torciata dal settore ospiti degna di un giovedì notte nella prima settimana maggenga partenopea del 2023. E la maschera blu di Grabara ai loro piedi non aiuta di certo a fugare i dubbi. L'IF si riversa completamente in avanti (e con completamente si intende Hermansen che calpesta il cerchio di centrocampo) fino a che Kvistgaarden conquista il rigore con l'ennesima furiosa percussione che incontra la scivolata altrettanto folle di Ankersen. Solo gamba, palla nemmeno per sbaglio. Sul dischetto si presenta Ohi. Grabara spiazzato. 1-1, palla recuperata in fondo al sacco in fretta e furia e dito all'orecchio per ascoltare il silenzio del settore ospiti. Nessuna ammonizione. Strano, tocca dirlo. Le torce ora rilasciano un fumo giallo, con Kvistgaarden che vorrebbe essere in Sydsiden e non a conquistarsi rigori dopo 30 metri palla al piede.
Cambio per l'FC. No. Non è quel momento. Entra Falk.
Lund si divora l'ennesimo colpo di testa concesso dalla difesa di Jesper Sørensen su calcio piazzato, Riveros continua a imperversare sul binario vicino alle panchine ma dopo il pareggio è il Brøndby a rintanarsi sotto la Sydsiden. Il possesso palla del primo tempo era 63%-37% per i gialloblu, quello della prima metà del secondo è 24%-76% per l'FC. Non è il contesto ideale per un dribblatore seriale come Roony, no? Non ancora.
Dopo 70' impiegati a devastare psicologicamente il centrosinistra della difesa del København, finalmente Kvistgaarden ha un'occasione pulita. Il movimento a elastico lo porta a tu per tu con Grabara, sotto le migliaia arrivati da qualche quartiere più a nord che lo beccano da inizio partita. Il diavolo della Tasmania in maglia gialla e pantaloncini blu ha la possibilità di andare in paradiso. Tira addosso a Grabara. Sul ribaltamento di fronte il Brøndby è sbilanciato, recupera palla ma Radošević è mangiato dal gegenpressing dell'FC. Sørensen crossa rasoterra e il Larsson qualsiasi deposita in rete. Cognome sulla schiena mostrato alla Sydsiden, bacio allo stemma e København di nuovo virtualmente in testa. Nessuna ammonizione, di nuovo, e l'idea che forse non è un Larsson così qualsiasi. Anche Andreas Cornelius, in tuta sulla tribuna alle spalle delle panchine, alza i pugni al cielo verso il settore da cui arriva ora un fumo bianco. Perché un derby è sempre un derby, e questi due minuti possono segnare il destino dell'intera Superliga.
Perché un derby è sempre un derby, e allora Daniel Wass ben pensa di entrare a forbice da dietro su Jelert, scatenando la panchina dell'FC. Rosso inevitabile, irrazionale e inspiegabile ma inevitabile. Padroni di casa in 10, Sydsiden ammutolita e Sørensen che completa una prestazione da MVP col colpo di testa a centro area per l'1-3. Tribune che iniziano a svuotarsi, rumori provenienti solo da quell'angolo là. Manca giusto un cambio per rendere il pomeriggio completo. Si infortuna persino il Larsson qualsiasi, che scopro solo al momento del cambio che è figlio di Henrik Larsson e allora il qualsiasi decade immediatamente, quasi a obbligare mister Neestrup a inserire un giovane dalla panca. Invece no. Roony non entra. Lo si vede solo quando, al fischio finale, la panchina dell'FC si riversa sotto il settore ospiti a cantare. Copenaghen è solo, almeno per oggi, biancoblu.
[Inciso sul prossimo demone del calcio mondiale. Roony Bardghji, Roony sulla maglia. Pronuncia? [ˈruːniː barˈdaˤdʒiː], ovviamente. Per chi non mastica la scrittura fonetica, si legge "RUNII BAR-DAG-GI". Nato in Kuwait da genitori siriani, le condizioni di lavoro del padre consigliano a mamma, papà, Roony e fratellino a chiudere le valigie ed emigrare in Svezia nel 2012. Per il resto della storia andare immediatamente su YouTube a recuperare "372 DAGE", prodotto dal København in concomitanza con l'esordio tra i professionisti di Roony a 16 anni e 6 giorni. Il classico diciassettenne con già una trentina di presenze tra i pro', un paio delle quali in Champions e un altro paio in Europa League, insomma. Alla faccia della sostituzione etnica.]
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