Considerazioni sparse post Roma-Bayer Leverkusen (1-0)
La Roma tira fuori il suo abito da sera, pronta a sporcarlo nel fango di una partita sporca e complicata, dalla quale esce meritatamente vincitrice contro il Leverkusen.
- Il confine sottile, quello che separa il successo dal fallimento (sportivo) di una stagione, per la Roma si è fatto ancora più stretto e si chiama Europa League. In campionato appare ormai una chimera risalire oltre il sesto posto, che comunque non darebbe nemmeno la certezza di una qualificazione nella seconda coppa europea. Resta quindi il sogno di tentare l’impresa del back-to-back nelle coppe. Bianco o nero, non esistono più scale di grigi. La Roma lo sa e tira fuori il suo abito da sera, pronta a sporcarlo nel fango di una partita sporca e complicata, dalla quale esce meritatamente vincitrice nei primi 90’ contro il Bayer Leverkusen;
- Mourinho si presenta con un 3-5-2 pressoché obbligato, che vede Bove e Pellegrini mezzali e il doppio centravanti Abraham-Belotti. L’avvio sembra lanciare sinistri presagi: dopo 40 secondi il Bayer potrebbe già passare, ma il destro di Andrich difetta della potenza necessaria per superare Rui Patricio; cinque minuti dopo è Wirtz a fallire un rigore in movimento. La Roma però si ricompatta, trova rapidamente le contromisure all’esuberanza nell’1vs1 degli avversari, e alla fine quello di Andrich risulterà l’unico tiro in porta delle aspirine;
- I giallorossi crescono alla distanza, quasi nutrendosi della ritrovata solidità. Belotti come di consueto fa a sportellate con tutti e ci mette una dedizione quasi commovente, anche se ormai sembra più un mediano prestato all’attacco che un centravanti. Spinazzola e Celik, reduci da una stagione non esaltante, accompagnano all’uscita senza graffi l’esuberanza di Frimpong e Hincapiè. Cristante mette in campo tutta la sua intelligenza calcistica, riuscendo nell’impresa di non far rimpiangere Smalling al centro della retroguardia. Il coniglio fuori dal cilindro, però, lo tira fuori il calciatore che non ti aspetti: Edoardo Bove, prodotto del vivaio classe 2002, che avvia una grande percussione da mezzala assaltatrice e la conclude scaraventando di prima in rete la respinta di Hradecky su Abraham.
- La posizione di Bove, già provata contro l’Inter, è una delle chiavi tattiche della sfida, una delle poche variazioni che la Roma concede al suo sistema rigido. Il ragazzo ha ottimi tempi di inserimento e una propensione quasi naturale a lanciarsi su ogni seconda palla, perfetta per raccogliere il lavoro sporco dei due davanti. A fargli da contraltare, il sempre generoso Pellegrini tende a giocare più basso, per aiutare l’uscita del pallone e supportare il deus ex machina Matic nel ruolo di frangiflutti. Nel finale ci sarebbe campo anche per tentare il colpo del 2-0, ma a parte una conclusione di Belotti la Roma sembra non averne più e preferisce gestire. Dybala e Wijnaldum, ancora a mezzo servizio, entrano solo negli ultimi 15’ per far girare più veloci le lancette;
- Stanca, segnata dagli infortuni, non esteticamente appagante, eppure la Roma resta una squadra estremamente fastidiosa da affrontare, soprattutto in una Coppa. Mancano ancora i 90' di ritorno, e servirà un altro grande match per sperare. Ma la prova di ieri dei giallorossi è semplicemente un manifesto dell’identità calcistica che Josè Mourinho ha costruito in questi 2 anni: una squadra attenta e cattiva, volta a minimizzare i rischi e quindi quasi restia ad avere la gestione del possesso, pronta a difendere con un blocco molto basso per poi ripartire e disposta a pazientare per lunghi momenti alla ricerca dell’errore avversario o del jolly (leggi calci piazzati). E’ spettacolare da vedere? Sicuramente no, quantomeno per gli amanti del calcio champagne. Ma per peso specifico del match, e per le condizioni in cui ci arrivava, era probabilmente l’unica strada percorribile per centrare un risultato del genere. La risposta del pubblico, poi, la dice lunga su quanto questa squadra sia riuscita ad entrarci in simbiosi, grazie anche a notti come quella appena trascorsa.
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