Erasmus: Club Brugge-Union Saint-Gilloise
La partita che tutto il Belgio aspettava.
"Erasmus" è la rubrica del lunedì in cui vi raccontiamo una partita frizzante dal weekend di calcio internazionale. Se vi siete persi gli episodi precedenti, li trovate qui.
Le città sull'acqua hanno sempre un che di inquietante. Forse perché intrinsecamente fragili, come se poggiassero su fondamenta simili a falangi e polpastrelli piuttosto che a palmi aperti. Forse perché non danno l'indicazione chiara su quale debba essere la mappa con cui rappresentarle, riempiendo i buchi tra le curve degli infiniti canali o colorando d'azzurro i labirintici intrecci che devono giustificare la presenza di così tanti ponti. L'inquietudine che generano le Venezia di questo mondo lasciano sempre col fiato sospeso, essendo liquide per natura e per filosofia. Bruges non fa eccezione. "Bruges la morta", la Bruggia del paesaggio lagunare che s'aduggia, il set di "La coscienza dell'assassino", la città dei Brugse Zotten, "i pazzi di Bruges". O, più banalmente, la città che nel primo sabato di maggio ospita non solo il torneo di Ultimate Frisbee più importante d'Europa ma anche Club Brugge-Union Saint Gilloise, seconda giornata del Play-off I della Jupiler Pro League.
Sulla cervellotica formula della Jupiler Pro League non è il caso di soffermarsi. Basti sapere che Il Club Brugge è sostanzialmente costretto a vincere per non trovarsi escluso dalla lotta per i primi due posti, mentre l'Union Saint Gilloise coi 3 punti riaggancerebbe il Genk in testa al gironcino da 4. Si aggiunge l'amicizia storica dei capitolini coi cuginastri del Cercle, con cui condividono la casa nel quartiere di Sint-Andries, ed ecco che la partita assume sfumature ancor più artistiche. Se crepuscolari, decadentiste, gotiche o oscure, quello dipende dalla soggettività. Ai piedi bagnati del Beffroi, ogni tinta ha la sua ombra.
Il cielo è grigio e, se abbiamo capito l'atmosfera che ci circonda, non sappiamo se aspettarci una schiarita o un temporale. A est della cerchia di Reien che racchiudono il centro storico di Bruges l'arbitro Lothar D'hondt dà il via alla danza macabra, a meno di un anno dalla vittoria decisiva dei nerazzurri in questo stadio contro lo stesso Union, guidato da Felice Mazzù e seguito dai soliti fedelissimi Bhoys. Prima del fischio d'inizio a Simon Mignolet, portiere che dalle parti di Anfield non ricordano con chissà che sorriso sulle labbra, viene consegnata la Scarpa d'Oro, non esattamente il trofeo che assocereste per prima cosa se si pensa a un estremo difensore. Le ombre e le tempere slavate di Bruges, valle a capire.
Il Brugge presenta la prima sorpresa ancor prima di scendere in campo: lo speaker annuncia che Skov Olsen ha avuto un malessere all'ultimo momento. Non è nemmeno in panchina. Lo dice in nederlandese e in francese, per farsi capire da entrambe le tifoserie e per confondere chi non parla nessuna delle due lingue. L'Union difende marcando a uomo i riferimenti centrali e invitando il possesso del Brugge verso le fasce, con Adingra e Boniface pronti a mangiarsi il campo dietro la compassata difesa avversaria non appena Teuma e Burgess decidono di provare a scavalcarla.
Tutti i talenti della squadra di casa sembrano distratti; paiono specchiarsi come sulle rive del vicino Vesten: Onyedika e Jutglà non paiono le colonne portanti di una squadra che in stagione ha perso solo una volta in casa. Lang, esterno accostato anche al Milan, sbatte continuamente contro Bart Nieuwkoop. Burgess non fa passare nulla dietro, e così la manovra del Brugge si incaglia.
In comune col Brighton di De Zerbi, l'Union ha solo la proprietà di Tony Bloom. È una squadra quadrata e verticale: se il Brugge ci mette sempre un tocco in più la squadra di Geraerts ce ne mette uno in meno. Lang sfugge a Nieuwkoop che, come il più classico esterno olandese più atletico che intelligente, lo abbatte nella maniera più plateale possibile. Il Club Brugge cresce col passare dei minuti, grazie a Vanaken che prevale nel duello tra tuttocampisti col maltese più forte della storia.
Il nostro Bart sbaglia una scalata e apre un'autostrada per Meier, che sbatte su Moris. Sul ribaltamento di fronte è sempre Bart che sfiora soltanto il cross di Adingra, sfruttando le uscite in diagonale fornite dalla coppia Van Der Heyden-Amani. Se però qualcuno deve sbloccare la partita nel 2023, è molto probabile che questa persona sia nigeriana e si chiami Victor. Può Victor Boniface esimersi dal mettere in buca d'angolo il lancio panoramico di Van Der Heyden? 0-1. Bhoys in festa, annuncio del gol in olandese e in francese, primo tempo che si conclude tra smorfie di disappunto e di tedio.
Dopo un intervallo tra birra, musica techno a tutto volume e qualche goccia di pioggia, gli stessi 11 non fanno in tempo a rimettersi a posto che Amani recupera alto e, molto barellianamente, scarica il destro da fuori area. Deviazione di Mechele, guantoni di Mignolet cosparsi di burro e raddoppio servito. I tifosi dell'Union accendo qualche fumogeno giallo. Non sarà la tristezza domenicale del giorno crepuscolare di Moretti, ma allo Jan Breydel Stadion questo sabato sera ha più o meno lo stesso aroma. Sempre dal settore ospiti parte Vamos a la Playa. D'altronde, il 50% dei Righeira tifa Union.
Boniface si vede togliere il gol del 3-0 per fuorigioco. Nel Brugge entrano Chemsdine Talbi 17enne passato in prima squadra insieme a mister De Mil, un biondissimo Romeo Vermant e Antonio Nusa – che ha rinnovato il contratto in settimana, rimandando il suo prossimo trasferimento multimilionario. Ci si avvicina stancamente e languidamente verso il 90', quando Vanaken pensa bene di risvegliare le tribune ormai volte alla birra con cui consolarsi con un colpo di testa preciso su calcio d'angolo.
Nessun assedio, nessuna barricata, nessuna emozione particolare, a parte un paio di sgroppate di Bart che sul più bello fa come Peter Griffin quando si dimentica come ci si siede. L'1-2 finale taglia le gambe al Club Brugge e ridesta i sogni di titolo dell'Union Saint Gilloise. Festeggiano i gialloblù, ma nemmeno più di tanto. Si disperano i nerazzurri ma, svagati come sono sembrato, nemmeno più di tanto. Tutto così diluito, diradato. Annacquato, come solo in una delle infinite Venezia del Nord.
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