Storie di calcio popolare a Milano: l'esempio del St. Ambroeus
Come una squadra amatoriale vuole fare da centro culturale del suo quartiere.
Questo è il terzo episodio di un ciclo di articoli-interviste dedicati alle esperienze di calcio popolare a Milano. Nell'episodio precedente avevamo parlato del Partizan Bonola, squadra impegnata nell'attivismo politico dell'omonimo quartiere. Potete recuperare l'articolo qui.
Ciao Francis
Mi accorgo che è una domenica insolitamente calda per essere marzo quando esco per andare a prendere la Linea Rossa in direzione Gorla. Questa è la terza e, per ora, ultima tappa di questo viaggio nelle realtà del calcio popolare di Milano. Appena uscito dalla metro mi trovo davanti al Cameroni, il centro sportivo che è la casa del St. Ambroeus, e vedo ragazzi e ragazze che prima dell'inizio della partita chiedono un'offerta libera per sostenere l'Armata Pirata, il cuore ultras della squadra. Sono tutti giovani e con tantissimo spirito e voglia di stare accanto alla squadra.
Questa domenica cade in un momento molto particolare per la storia politica di Milano. Tra pochi giorni sarà il ventesimo anniversario della morte di Davide Cesare, un militante del centro sociale O. R. So. ucciso da tre simpatizzanti di estrema destra. E il tributo che il St. Ambroeus gli dedica è un manifesto preciso dell'anima politica della squadra e della tifoseria: dall'alto della tribuna viene calato uno striscione col volto di Cesare e la scritta Dax, il nome con cui era conosciuto da tutti. Tutt'intorno un contorno di fumogeni e applausi. Sulle tribune ci sono circa centocinquanta persone.
Finalmente scorgo Davide, Presidente e tuttofare del St. Ambroeus. Ci sediamo sugli spalti, birra in mano e iniziamo a parlare:
Da quale idea nasce il St Ambroeus? Qual è il modello, se ce n'è stato uno, che avete seguito per creare questa realtà?
Il St. Ambroues è nato nel 2018 dall'unione di due progetti preesistenti: due squadre di calcio amatoriali nate grazie all'incontro di cittadini e nuovi cittadini milanesi all'interno dei centri di accoglienza straordinaria. Queste due squadre amatoriali hanno deciso di unire le forze e provare a iscriversi a un campionato FIGC secondo il modello dell'AfroNapoli United, una delle prime squadre che ha tentato questo percorso. Pur essendoci molta differenza, abbiamo sicuramente preso ispirazione da quella realtà.
Il St. Ambroues, in questi giorni di mobilitazione per i diritti dei migranti e per Dax - solo per citare quelle più recenti - è impegnato nel portare un messaggio politico e sociale: possiamo definire, questo, "lo spirito del piccione"?
Sì, sicuramente il St. Ambroues nasce dal fatto che lo sport viene utilizzato come strumento per creare comunità sia con chi viene da un altro paese e vuole stabilirsi in Italia, sia per chi a Milano ci vive da tempo ma soffre la mancanza di aggregazione non vincolati dalla logica del profitto. Creare una comunità all'interno di questa metropoli, un grande meltin' pot di diverse persone, con diverse storie alle spalle e, quindi, con un diverso background, è speciale ed è il cardine dell'idea del St. Ambroues. Inoltre, essendo anche un progetto di comunità, dove si vivono i problemi l'uno degli altri, da subito abbiamo sempre preso posizione rispetto a molti temi della politica che vengono affrontati ora, come, ad esempio, il tema delle migrazione. Si può dire che lo spirito della squadra è ben oltre il campo da calcio: è utilizzare lo sport come strumento aggregrativo, per creare comunità e per veicolare messaggi politici che secondo noi, nella fase storica attuale, sono necessari.
…perchè il piccione come simbolo?
Il piccione è l'unico vero animale milanese, della fauna locale. Pensiamo che sia l'animale più autoctono. Ci piaceva come idea simpatica di prendere un animale un po' bistrattato ma che, alla fine, rappresenta al 100% la nostra città e che, comunque, caga in testa a tutti.
Parliamo dell'Armata Pirata…
La nostra tifoseria è nata da subito, praticamente dalla prima partita. Inizialmente era un piccolo gruppo di studenti che voleva provare a sperimentare un modo di tifare una realtà svincolata dalle dinamiche del calcio moderno. Poi, anno dopo anno siamo cresciuti sempre più, tanto che ora abbiamo una delle tifoserie di calcio amatoriale più presenti a Milano: nata come un sogno di qualche studente e ora, ogni partita e che ora porta tra le 50 e le 100 persone a tifare.
Gorla: se dovessi spiegare a un non milanese come me cos'è questo quartiere, le sue contraddizioni e le sue peculiarità come lo faresti?
Gorla è un quartiere dormitorio e con pochi servizi per i giovani, soprattutto. Un processo di gentrificazione importante è già in atto a sud del quartiere, soprattutto tra la zone di Pasteur e Turro. Questo rimane un luogo con pochissime offerte di vita per i suoi abitanti e il centro sportivo rappresenta il cuore del quartiere per chi ci vive. Per noi è importante condividere e tessere rapporti con le altre associazioni, con i giovani che vivono qui e che vedono in questo spazio un importante luogo di aggregazione.
Come vi rapportate rispetto alla città di Milano? Cosa significa vivere e giocare calcio popolare, sia maschile che femminile, in una città che si è trasformata in un qualcosa di esclusivo?
Rispetto alla città ci sentiamo di rappresentare la vera Milano. Poco tempo fa c'era la news che Dimarco - terzino sinistro dell'Inter - era stato il primo milanese a segnare in un derby da quarant'anni [per l'Inter, ndr]. Questo rappresenta le contraddizioni di un calcio moderno slegato in cui le squadre sono slegate dal contesto che rappresentano. Noi ci sentiamo, come dicevo, la vera Milano: un'associazione che rappresenta la vera e moderna milanesità, meticcia e ricca di diversità al suo interno. Questa è una caratteristica che, da sempre, contraddistingue un territorio che ha una storia, come sappiamo, di migrazioni alle sue spalle. Dalle campagne, dal sud italia e ora dal mondo. Noi ci sentiamo la Milano che intercetti sulla 90 [linea di autobus, ndr] la sera. Noi ci sentiamo di rappresentare, anche in maniera autentica, la nostra città e per questo abbiamo voluto indossare delle divise con la croce e la bandiera simbolo di Milano.
Il calcio popolare quanto impatta nella socialità di zona? Possiamo definirlo politico in senso stretto?
Sicuramente il calcio popolare, in questo momento storico in cui la sinistra [intesa come radicale, ndr] non riesce ad aggregare, è un ottimo strumento per coinvolgere persone che non vengono dai circuiti tradizionali della militanza. Il 90% della nostra realtà è composta da persone che non provengono da centri sociali e da realtà politiche in senso stretto. Paradossalmente, il calcio e lo sport popolare sono stati il principale strumento aggregatore tra queste soggettività e la politica in senso stretto. Non mi riferisco a quella dei partiti ma a quella dei movimenti sociali che mettono al centro le grandi tematiche contemporanee e le fanno proprie. Dal punto di vista dell'aggregazione e della socialità questo è uno dei nostri grandi obiettivi. A livello numerico, nonostante i grandi numeri e il poco tempo di presenza di questa realtà, siamo ancora un pò lontani dall'essere epicentro della socialità di Milano. Se possiamo darci un obiettivo irraggiungibile, che però ci può ispirare, vogliamo rappresentare, a livello simbolico e di senso di appartenenza, quello che il St. Pauli rappresenta per il suo quartiere di Amburgo.
Per il St. Ambroues nella sua globalità qual è l'orizzonte? Vi rifate al pragmatismo meneghino, all'idea di avanzare un passo per volta, o avete progetti di crescita ambiziosi?
Pur essendo milanesi, noi siamo diretti verso orizzonti che parevano utopici ma che poi nei fatti si sono dimostrati concreti: prendere una struttura in gestione, allargarci e avere molte persone che gravitano attorno alla squadra. La stessa tifoseria partiva da una manciata di ragazzi e ora conta molta gente. Siamo pragmatici e utopisti allo stesso tempo. Ci piace sognare e ci piace fare di tutto per concretizzare queste utopie e obiettivi. Queste cose possono combaciare e convivere. La nostra realtà ne è un esempio. Il prossimo obiettivo, per esempio, è quello di strutturaci sempre più come associazione, avere una stabilità economica che ci permettere di essere più tranquilli e aprici ai giovani tanto da poter avere un vero settore giovanile. Questo è il nostro lungo e breve termine. Un passo alla volta sperando, un giorno, di divenire la terza squadra di Milano.
Le tre realtà che ho avuto l'onore di conoscere e visitare in questa serie di reportage, l'Ardita Giambellino, il Partizan Bonola e il St. Ambroeus, devono restituire l'idea che Milano non è quella della narrazione tossica voluta da chi sulla città specula. Al contrario, Milano è un coacervo di umanità meravigliosa, di spiriti ribelli, di sopravvissuti e sopravviventi. Se glielo permetti, Milano riesce ad aprirsi davanti a te e arricchirti in ogni aspetto. Gli stereotipi e la visione macchiettistica di un luogo lasciamolo a chi superficialmente non si lascia emozionare. Come si sarebbe trovato su un qualunque muro negli anni settanta: viva il Calcio Popolare, viva la Milano che lotta.
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