Erasmus: Hoffenheim-Colonia
Una delle nobili decadute del calcio tedesco fa visita alla squadra della piccola frazione di Sinsheim.
"Erasmus" è la rubrica del lunedì in cui vi raccontiamo una partita frizzante dal weekend di calcio internazionale. Se vi siete persi gli episodi precedenti, li trovate qui.
La Rhein-Neckar-Arena, che a quanto pare si chiama PreZeroArena per motivi di sponsorizzazione, si staglia sul paesaggio circostante. Appena arrivi alla fermata di Hoffenheim, lungo la linea ferroviaria secondaria che collega Heilbronn e Heidelberg, la vedi lì sulla destra, gigante e sproporzionata. Non perché sia effettivamente gigante, ma perché attorno a lei non c'è nulla. Niente di niente. Cammini lungo Eschelbacher Straße, percorri la Silbergasse e sei sotto alle tribune senza nemmeno accorgerti di aver attraversato l'intera città. Hoffenheim, che poi è un sobborgo di Sinsheim, è uno di quei posti che nel mondo devono esistere come contrappasso alla bellezza insostenibile delle Napoli o delle Firenze. A Sinsheim ci vai giusto per lavorare, a Hoffenheim per vedere TSG Hoffenheim-1. FC Köln.
Si scende dal treno e, se non fosse per la fiumana di sciarpe biancorosse dei tifosi del Colonia, penseresti di esser sceso a quella prima o a quella dopo. Ci si sente sbagliati perché si potrebbe essere ovunque: nessun ambulante che vende gadget improbabili, nessun food truck assalito per la fame prima del fischio d'inizio, nessun vessillo biancoblu nei paraggi. Anonimo e triste, come la storia del TSG prima di Dietmar Hopp.
Quando nel 1999 l'industriale informatico acquista la propria squadra del cuore, l'Hoffenheim è nella Verbandsliga Nordbaden, quinta divisione del calcio tedesco. Al tempo l'1. FC Köln ha già riempito la bacheca con tutti i trofei conquistati nel suo glorioso passato. Oggi si trovano di fronte due realtà antitetiche: il parvenu senza tradizione né fondamenta radicate contro il vecchio un po' attempato ma sempre da rispettare, in uno stadio da 30mila posti di una città da 35mila abitanti che ospita una società che nel 2017 ha scollinato quota 100mila membri.
Il calcio unisce universi paralleli: con 3 vittorie nelle ultime 4 e un pareggio insperato all'Allianz Arena l'Hoffenheim è uscito dalle secche della zona retrocessione; l'1. FC Köln è apparentemente tranquillo in 11esima posizione, ma ha solo 3 punti in più del TSG. Già solo la sfida in panchina vale il biglietto: da un lato le scarpe total white di Pellegrino Matarazzo, ultimo erede di una panchina scaldata negli anni precedenti da Flick, Rangnick e Nagelsmann; dall'altro la coppola, pronta a volare via da un momento all'altro in caso di escandescenza, di Steffen Baumgart, grandissimo artigiano del calcio tedesco prima a Paderborn e ora nel Nordrhein-Westfalen.
Effzeh! Effzeh! Effzeh! Un distaccamento di Colonia si è riversato nel sud ovest della Germania a riempire di calore e di colori delle tribune altrimenti semivuote. Si sentono solo loro, ma in campo si vede di più l'Hoffenheim. Il 3-3-2-2 con cui Matarazzo cerca di coprire al meglio i corridoi del campo è un Pollock applicato alle formazioni di calcio. Il TSG combina meglio al centro, die Geißböcke trovano praterie con cui colpire in ripartenza.
Durante una di queste ripartenze Linton Maina si lancia in velocità, si sposta a sinistra e la mette in mezzo. Il cross non arriverebbe mai a Davie Selke, la risposta tedesca ad Alberto Paloschi, ma trova il braccio sinistro di Brooks. Benjamin Brand non si accorge in diretta ma il VAR lo richiama al monitor. Rigore. Kainz spiazza Baumann, confermandosi forse la nota più positiva del Colonia di quest'anno e concretizzando un piano gara estremamente efficace. Tutto esiziale, essenziale, scarno. In linea con Sinsheim.
Il TSG si inceppa sulla trequarti, batte in testa e presta il fianco alle folate della squadra di Baumgart. L'allenatore con la coppola d'autore sospinge a sbracciate i suoi: Ljubičić è abilissimo nell'innescare le transizioni col minimo contatto del pallone, Kainz si fa trovare costantemente ai lati dei mediani di casa. Soprattutto dalla parte di Akpoguma, braccetto di sinistra della difesa dell'Hoffenheim, l'1. FC Köln trova terreno fertile ma Selke spreca quanto costruito dai compagni.
Anche voi vi ricordavate Angeliño come il futuro esterno sinistro di Guardiola? Ora veste la maglia blu dell'Hoffenheim e assomiglia molto a Federico Dimarco. Mancino educatissimo, fragilità difensive altrettanto evidenti. Baumgart, che nel primo tempo ha la fascia mancina dell'Hoffenheim sott'occhio, è lì lì per aggrapparsi a lui per impedirgli di ripartire.
Ellyes Skhiri, che presidia la mediana del Colonia - oltre che della nazionale tunisina, come agli scorsi mondiali - è un signor centrocampista: copre, corre, si muove senza palla, ripulisce, permette a Ljubičić di trovare la posizione ideale sulla trequarti.
Kainz recupera il traversone troppo lungo di Schmitz, alza lo sguardo e vede un pennellone in maglia rossa in mezzo all'area. Sia mai che una volta o l'altra, calciandola nelle sue zone, questo incocci per sbaglio col pallone e la palla trovi il modo di entrare. Pensato, detto, fatto. Davie Selke segna. Per sbaglio, ma glielo si deve riconoscere.
Effzeh! Effzeh! Effzeh! La palla la tiene di più il TSG, le occasioni le hanno solo i Caproni del NordReno-Westfalia. Baumann con le sue parate tiene in piedi la difesa, tutt'altro che impeccabile, dell'Hoffenheim. C'è solo il Colonia, in campo e nelle orecchie, come il fischio ovattato che rimane dopo una serata in discoteca. Le linee di Matarazzo (ottimo titolo per un romanzo scapigliato) si alzano, si abbassano, si scaglionano, tutte con un proprio ritmo e un proprio spazio. Tanto la coppola col 72 è costantemente a rischio di essere azzannata dal proprietario per la tensione, tanto il suo undici è calmo e accorto nell'infilarsi nelle maglie larghissime del TSG.
All'intervallo è 0-2, potevano anche essere 3 o 4, ma guardando i 10000 arrivati da Colonia poteva essere pure 4-1 che non sarebbe cambiato nulla.
Al rientro dagli spogliatoi Pellegrino Matarazzo inserisce Dabbur, spostando Bebou sulla destra e sovraccaricando il lato con la spinta di Kaderabek. L'intensità dei biancoblu aumenta esponenzialmente: recupero di palla altissimo, Angeliño trovato sul lato debole, intervento decisivo dell'unico ex della partita, quel Marvin Schwäbe cresciuto nel settore giovanile di Sinsheim ma prestato in giro per la Germania e scaricato al Brøndby prima di fargli trovare spazio alla PreZeroArena.
L'aggiunta di un elemento alla linea avanzata favorisce la risalita e la circolazione dei padroni di casa. Effzeh! Effzeh! Effzeh! Maina inizia a infrangersi sistematicamente contro lo scoglio Brooks, vanificando l'acume delle letture di capitan Hector su quella fascia. Davie Selke prosegue nella sua partita fatta di errori con il pallone tra i piedi. L'Hoffenheim riesce finalmente ad avere superiorità numerica anche negli ultimi 16 metri: Kramarić lascia scorrere l'appoggio di Kadeřábek da destra e colpisce col sinistro, per assicurarsi un maggiore specchio della porta da sfruttare, a botta sicura. Eric Martel, mediano ventenne che sa molto di Scalvini, sbuca dal nulla come in Acchiappa La Talpa, si immola e salva un gol certo.
Davie Selke esce. Finalmente. Non che il compagno di reparto stia facendo meglio: (Effzeh! Effzeh! Effzeh!) Linton Maina si sgonfia e si affloscia con l'andare dei minuti, sbagliando tutto lo sbagliabile. Steffen Baumgart non apprezza, ma finché la coppola è ancora indosso la situazione è sotto controllo. La Südkurve smette di pretendere di reggere il confronto con le bandiere e le ugole arrivate da Colonia. Shkiri e Martel coprono il 30% della Terra non bagnato da oceani o acque continentali, tenendo alto il baricentro dei Caproni (qui per un approfondimento sulla famiglia di capre elette a mascotte nella storia del Colonia, qui per la pagina Facebook di quella attuale). Effzeh! Effzeh! Effzeh!
A 10' dalla fine entra Kasper Dolberg, un ciuffo biondo e due zigomi spioventi che sanno di rimpianto e talento sprecato. Si fa fatica a vederlo qui, non tanto per il valore dell'Hoffenheim ma per quello che il danese sarebbe potuto essere. All'ennesimo cross di Kaderabek del secondo tempo, il primo che Dolberg riceve in area, lo stop di petto finisce a 10 metri dal piede destro dell'ex Ajax e Nizza. Nemmeno il muro biancorosso regge una visione così malinconica. Non si sente più un Effzeh! volare. Tutti distolgono lo sguardo dal campo. Si stringono l'un l'altro, voltando le spalle al terreno di gioco. Oscillano, emettendo un suono gutturale talmente primitivo da essere la cosa più affascinante dell'ultimo quarto di partita.
Lo speaker annuncia l'ingresso in campo di Kilian. Si alza il sopracciglio di tutti. L'illusione dura poco, pochissimo: non è Mbappé, ma Luca. Thielmann si candida a essere il giocatore di cui innamorarsi dopo averlo visto giocare a malapena un quarto d'ora, sparando un missile sotto la traversa che gli garantirà un sacco di fischi nelle orecchie nelle prossime sere. Baumgart salta in braccio all'assistente, mostra il pugno alla tribuna e si batte il petto urlando. Siamo al 92' sullo 0-2 tra due squadre praticamente senza più nulla da chiedere alla Bundesliga. Nel giorno dell'annuncio ufficiale del ritiro del capitano Jonas Hector, Colonia sa da chi dover ripartire.
Dolberg tratteggia l'ultima pennellata della partita, stringendo il destro sul primo palo e mandando i titoli di coda sull'1-3. Brand fischia la fine. Lo stadio esulta, pensando già a tutto ciò che si potrà fare lontano da Hoffenheim e Sinsheim.
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