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John Stones con la maglia del Manchester City.
, 20 Aprile 2023

John Stones: il primo falso centrale


La sua trasformazione in mediano è l'ultima trovata tattica di Guardiola.

Una ventina di minuti dopo la fine di Manchester City-Bayern Monaco, sui social della UEFA compare una foto di John Stones. Ha la sottomaglia strappata intorno al collo – forse per comodità o forse per uno di quei rituali scaramantici dei calciatori che non conosciamo – e un'espressione leggermente imbarazzata, contratta in un sorriso innaturale. Tra le mani regge il premio di migliore in campo e la sua posa impacciata tradisce la scarsa abitudine a ricevere riconoscimenti: sostiene la base della statuetta tra il pollice e l'indice, e la sfera usando la forza di tutte le dita dell'altra mano. È una lieve goffaggine, come se non ricordasse come si mantengono gli oggetti. Come se la sua grandezza biomeccanica si riducesse vertiginosamente dopo il fischio finale.

D'altronde nessuno poteva aspettarsi un'evoluzione così futuristica da Stones. Negli ultimi mesi era stato lavorato da Pep Guardiola come ultimo prototipo di falso terzino – ovvero un terzino solo sulla carta, che poi in fase di possesso diventa un centrocampista centrale aggiunto e aiuta la squadra a uscire dalla pressione. Un ruolo nuovo, che Stones ha imparato così velocemente da confonderci. Come ha fatto un difensore centrale di 29 anni elegante tecnicamente ma discontinuo a diventare un mediano di controllo?

Ora invece sappiamo che quello era solo il seme dell'ultimo esperimento che Guardiola aveva in mente per migliorare il City. Prima di arrivarci, però, dobbiamo soffermarci sull'intelligenza tattica di Stones, sulla sua pulizia tecnica palla al piede e sulla sua rivisitazione del ruolo di centrocampista centrale.

The City Maestro

A inizio aprile, contro il Liverpool, la sua prestazione a centrocampo al fianco di Rodri aveva incantato così tanto il pubblico inglese che la stampa lo aveva definito con eccitazione sguaiata "The City Maestro". Stones ci aveva mostrato perché Guardiola insegue ossessivamente queste ibridazioni di sistema, manipolando il pressing del Liverpool con passaggi orientati e smarcamenti tra le linee. «In termini di posizionamento per me è stata una grande curva di apprendimento, non è una cosa che viene naturale, ho dovuto imparare ogni movimento» ha detto Stones a BT Sports.

Grazie a giocatori come John Stones – capaci di mantenere il controllo dello spazio e degli avversari – abbiamo imparato a conoscere lo spirito iper-razionalistico delle squadre di Guardiola. Prendiamo il terzo gol al Liverpool, quello segnato da Gundogan al termine di un'azione corale in cui il City ha gestito la palla per quasi un minuto al limite dell'area. È strano vedere Stones giocare di sponda con De Bruyne e attaccare l'area, tornare indietro e ricreare triangoli con Rodri e Julian Alvarez. A volte queste ibridazioni nel sistema del gioco di posizione ci riavvicinano all'idea che gli schemi possano davvero reprimere il talento, che l'ossessività per il rigore tattico possa portare i giocatori a diventare ragionieri che giocano a calcio.

Con la sua semplicità nelle scelte – una semplicità che poi si traduce in una concentrazione marziale quando il City è in possesso e lui deve dirigere l'azione –, invece, Stones ha aggiunto un layer ulteriore di gestione a centrocampo. Come ha fatto notare qualche giorno fa Sam Lee in un lungo articolo su The Athletic, 29 dei 67 passaggi di Stones contro il Liverpool sono stati effettuati di prima. Questo ha permesso alla costruzione del City di essere più fluida. Tutti i gol sono nati da uno sviluppo centrale poi convolato in superiorità numerica sugli esterni, dove le connessioni De Bruyne-Mahrez e Gundogan-Grealish sono state illeggibili per la difesa del Liverpool.

Un semplice scarico sull'esterno e uno smarcamento verso sinistra hanno permesso a Stones di attirare su di sé Gakpo, così che Ruben Dias avesse campo davanti per lanciare su Grealish. Il modo di stare in campo di Stones nasce dalla testa, il tocco del pallone è solo un'emanazione secondaria.

Falso centrale

Stones è una cassaforte per il Manchester City. Secondo i dati raccolti da Opta, ha perso il possesso del pallone solo nel 6.7% dei tocchi effettuati – il valore più basso in Premier League tra i giocatori con almeno 150 tocchi. Col passare delle settimane la sua importanza è cresciuta e a oggi è impensabile vederlo fuori dai titolari di Guardiola. Il suo ruolo ibrido ha acuito il dominio del City con il pallone, e la sua capacità di lettura nel posizionamento tra le linee avversarie ha liberato due giocatori come De Bruyne e Gundogan, che ora agiscono più vicini a Haaland per sopperire ai suoi limiti in palleggio.

Dall'inizio del 2023 sono cambiate molte cose nel Manchester City. Per sostenere la verticalità di Haaland, un centravanti-cyborg abituato a essere servito sulla corsa e che non spreca energie a banchettare con la squadra in palleggio, Guardiola ha aggiunto una nuova patch nel sistema difensivo. Ha rinunciato alla creatività di Joao Cancelo – che prima di essere ceduto al Bayern Monaco interpretava il ruolo di falso terzino – e ha estremizzato la costruzione a tre del City escludendo anche l'altro terzino dai titolari e giocando, nominalmente con quattro centrali. È in questo contesto che l'essenzialità di Stones in fase di possesso rappresenta una coperta di linus per la manovra del City.

Nell'andata dei quarti di finale di Champions League, giocata proprio contro il Bayern, però, forse ci siamo trovati di fronte a un altro momento di rottura. Uno di quei momenti nella storia del calcio, cioè, di fronte ai quali rimaniamo attoniti. Che ruolo stava interpretando, Stones? Perché quello che doveva essere un difensore centrale, il ruolo degli sconfitti, di quell'archetipo di essere umano che dedica la propria vita al sacrificio e all'umiliazione, si alzava davanti agli altri tre per fingere di essere un mediano?

Stones si alza in linea con Rodri sulla prima costruzione del City.

E soprattutto, come ha imparato a fingere così dannatamente bene?

Stones scende in linea coi centrali nel 4-4-2 in non possesso del City.

Il ruolo in cui ha giocato John Stones nelle due partite contro il Bayern Monaco non ha ancora una definizione precisa ma, con un po' di pigra creatività, potremmo definirlo "falso centrale". A uno occhio poco allenato potrebbe sembrare un'inezia, un piccolo e ossessivo cambiamento di schemi da parte del più nevrotico degli allenatori sul palcoscenico internazionale. Invece il dominio del City è stata la fotografia dell'incidenza di quei piccoli dettagli sul risultato finale di un quarto di Champions League.

Guardiola e il controllo

Qualche settimana fa Mikel Arteta ha detto che, a causa del suo tormento per il controllo razionalista da imprimere all'aleatorietà del calcio, se proprio Guardiola dovesse descriversi lo farebbe come «l'allenatore più difensivista del mondo». Lo stesso Pep che, al termine di City-Lipsia rispondeva seccato all'ennesima domanda su Haaland – che in quella partita aveva segnato cinque gol. «Non credo ci sia mancato lui nelle scorse Champions. Il problema è che abbiamo concesso troppi gol».

Forse è un topos abusato nel calcio contemporaneo. Il gioco degli intellettuali che palleggiano leggendo Hemingway mentre si crogiolano sui limiti della conoscenza umana e del gioco di posizione contro gli assatanati che corrono sognando un gegenpressing così violento da diventare "morte, distruttore di mondi". Eppure c'è un elemento esistenziale in tutto ciò. Nella frenetica ricerca del controllo sulle partite da parte di alcuni allenatori, cioè.

Guardiola sembra cosciente di non poter mantenere la realtà sotto il proprio scacco. Gli imprevisti sono parte del nostro modo di vivere, di relazionarci, di scegliere chi o cosa diventare. L'acquisto di Erling Haaland non era una piccola apertura verso l'aleatorietà? L'inoculazione di una dose controllata di caos nel sistema? Dopo aver assaggiato sulla propria pelle il fuoco del caos generato dal Real Madrid, era arrivato per lui il momento di accettare l'entropia per evolversi.

Eppure, le scelte che Guardiola effettua in campo sembrano mirare ancora nella direzione opposta, verso la volontà di controllo. Il ruolo ibrido di Stones, dopotutto, è solo l'ultimo tentativo di Guardiola di liberarsi dal caos che muove i rimbalzi e i giri della palla. È una mossa tattica quanto filosofica e idealistica: una scelta che punta non solo a modificare la realtà, a vincere le partite di calcio, ma a ricreare il mondo stesso sotto un vertiginoso ordine razionale. Eliminare le contingenze, sviluppare il calcio come gli scacchi, secondo un rigoroso nugolo di mosse prestabilite.

Come ha detto una volta Johan Cruyff: «Il calcio consiste fondamentalmente in due cose. La prima: quando hai la palla, devi passarla correttamente. La seconda: quando te la passano, devi saperla controllare. Se non la controlli, non la puoi neanche passare».

Ecco, se accettiamo la visione cruyffiana in cui il controllo della palla è panteistico, ed è quella caratteristica a generare tutti gli scenari possibili in campo, John Stones è diventato uno dei migliori registi al mondo. Non solo per la precisione dei suoi passaggi, che spesso sono corti e diretti a rassicurare il City – in parole povere: servono a non perdere la palla – ma per la sua attitudine cerebrale al gioco. Stones non vede solo le azioni, ma è uno di quei rari giocatori che le crea.

Contro il Bayern la sua posizione avanzata si è accoppiata naturalmente a quella di Jamal Musiala, che provava a ricevere nei mezzi spazi per ripulire i palloni e provare ad alzare il baricentro del Bayern. La sua intenzione era quella di chiamare fuori i difensori del City per avere campo da attaccare alle loro spalle. Contro uno dei migliori talenti della nuova generazione, però, a Stones è bastato leggere la traiettoria della palla, concentrandosi su quella e non sull'avversario, per anticiparlo e difendere con la stessa ansia del calciotto del giovedì sera.

Un'azione del 7' minuto. Qui il passaggio di Upamecano è impreciso, ma non così superficiale come l'anticipo di Stones ce lo fa apparire.

Stones non gioca mai con urgenza. Quando il pallone arriva tra i suoi piedi sembra raffreddarsi, come se le cose nel mondo accadessero troppo in fretta e lui volesse fermare il tempo. È veloce soprattutto nel pensiero. Se in campo aperto Sané e Gnabry avrebbero potuto fare di lui ciò che volevano, spostandolo solo con i refoli delle loro accelerazioni brutali, negli spazi centrali le sue letture sono inestricabili.

Il suo modo di difendere è creativo. È Stones a scegliere i tempi dell'anticipo, e non si fa portare dall'attaccante nella palude novecentesca e volgare del contatto fisico.

Anche per questo lo schieramento con tre difensori centrali di ruolo protetti da Rodri e Stones sta funzionando. Per una squadra squilibrata con la palla come il City, che di solito occupa la trequarti offensiva con cinque o sei giocatori, è essenziale evitare di perdere il pallone o, in extrema ratio, riconquistarlo dopo pochi secondi. Avere come guardia del corpo un mediano roccioso come Stones può quindi essere d'aiuto anche in quei brevi momenti della partita in cui non è il City a condurre il gioco e la squadra deve abbassarsi dietro la linea del pallone.

Un nuovo ruolo

C'è un'azione su tutte che racconta l'incidenza di Stones sul palleggio del City e si è sviluppata intorno al 20' del primo tempo. Akanji batte una rimessa laterale poco oltre il cerchio di centrocampo, ma il Bayern si è abbassato per fare densità in zona palla e l'unica alternativa è tornare indietro da Stones. L'inglese riceve nella posizione teoricamente canonica, ovvero sul centro-destra difensivo.

Stones riceve aperto sulla destra in linea con i centrali del City.

Stones non è pressato e sarebbe libero di girare la palla a sinistra da Ruben Dias o Aké ma, controintuitivamente, conduce come se volesse andare a sbattere su Gnabry e Musiala, in quella partita le due punte del Bayern.

Stones, dopo una conduzione, appoggia a Rodri nel cerchio di centrocampo

Prima che Musiala gli chiudesse l'ultimo corridoio di passaggio, Stones riesce a tagliare una linea di pressione del Bayern e servire Rodri, che può puntare la difesa tedesca.

Rodri riceve il pallone: la prima linea di pressione del Bayern è saltata.

In fase di palla scoperta il Bayern non può fare altro che scappare all'indietro. È bastato un passaggio elementare sfruttando la diagonalità per inclinare il campo a favore del City. Non sarà una giocata accattivante, ma è da questi piccoli vantaggi creati al City con costanza durante i novanta minuti che Stones accentua il controllo sulla partita.

Abbiamo già parlato della marcatura e degli anticipi su Musiala. Se non basta a convincervi possiamo prendere questo recupero su Cody Gakpo al 14esimo della partita contro il Liverpool. Stones si fa trascinare poche volte nel contatto fisico – secondo Fbref è tra i difensori che provano meno contrasti nel campionato inglese – ma anche quando deve sporcarsi i calzettoni cadendo a terra per vedere chi ha più forza nelle gambe tra sé e l'attaccante pochi difensori possono reggere il confronto con lui.

Da quando è stato provato nel nuovo ruolo, il City ha segnato 25 gol in sei partite e ne ha subiti soltanto due. È persino tornata a girare la frase con cui Guardiola definì Stones l'anno del suo acquisto, ormai sei anni fa. «Ha più palle di tutti noi che siamo in questa stanza» sbottò Pep. Era un momento difficile per Stones, che in estate fu acquistato dall'Everton per quasi sessanta milioni di euro. «Sono felice di avere John con tutti gli errori che commette. Anche se la gente lo critica o dice che non deve giocare più».

Non sappiamo se questo ruolo ibrido durerà a lungo o se Guardiola gli chiederà di tornare a essere un comune difensore centrale bravo nell'impostazione. Certo non potremo dimenticarci di questa porzione di storia del calcio, in cui gli esperimenti tattici assumono una componente escatologica. Fin dove si spingerà il calcio di possesso? Quanto una squadra può controllare il flusso maligno e caotico degli eventi di una partita? Si può azzerare il caso?

In ogni caso, se Pep Guardiola ha succeduto al trono della dinastia olandese Michels-Cruyff come sovrano del gioco di posizione – facendosi custode di quella visione ordinata e razionale del mondo – allora John Stones ne è diventato l'ultimo pretoriano. Forse neanche Guardiola stesso se lo sarebbe mai aspettato.


  • Nato a Giugliano (NA) nel 2000. Appassionato di film, di tennis e delle cose più disparate. Scrive di calcio perché crede nella santità di Diego Maradona. Nel tempo libero studia per diventare ingegnere.

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