Holger Rune, l'intruso
Nonostante la sconfitta in finale a Montecarlo, il danese promette grandi cose.
Holger Rune sorride verso il suo angolo e si indica la tempia con l'indice. Jannik Sinner ha appena spedito la palla in rete cercando di attaccare, e dal pubblico rimasto a guardare sotto le intemperie si alza un boato non troppo convinto; speravano in un altro esito. La stretta di mano tra i due è fredda e particolarmente rapida. Nessun abbraccio e nessuna pacca sulla spalla. Rune abbozza un cenno con la testa provando a nascondere per un attimo il sorriso sul suo volto, senza riuscirci, visto che riemerge subito dopo. Sinner quasi non lo guarda. È lì solo perché deve, per un codice etico che è parte di ogni tennista, salvo rari casi.
Rune ha ragione a indicarsi la tempia. Ha vinto la partita con la testa, prevalendo psicologicamente sull'avversario. E dopo nemmeno una ventina di ore lo stesso Rune perde la finale contro Rublev. Stavolta la testa è proprio ciò che è mancato, perché il campo parlava chiaro. I due match a distanza di neanche un giorno racchiudono tutta l'essenza di Holger Rune, che fa, briga e disfa da solo, sbandierando al mondo intero i suoi 19 anni, con l'instabilità che portano con sé.
A quell'età però ha già vinto un Master 1000, battendo a Parigi Novak Djokovic su cemento indoor; un gioco da ragazzi, no? Prima di affrontarlo in finale il serbo lo aveva descritto così: "Mi ricorda me stesso: un solido rovescio, un’ottima difesa e la competizione in ogni punto. Penso sia un ottimo elemento per il nostro sport". Parigi-Bercy è stata la ciliegina sulla torta di una stagione indimenticabile, in cui il danese è passato dall'86a posizione del 7 marzo alla top 10 del ranking mondiale.
Rune ha ampliato il proprio bagaglio tecnico in un brevissimo lasso di tempo. Il tennis proposto a Montecarlo è sfrontato e ricco di soluzioni. Dalla smorzata al serve & volley, tirando dentro anche qualche dritto che si vede a stento. Varia la posizione in risposta e la traiettoria della palla, alternando parabole più lavorate ad altre più truci. Lo scorso anno ad Halle contro Carreno Busta, Rune conquista un punto che riassume perfettamente il suo gioco stratificato e istintivo. Il danese spara tre drittoni uno in fila all'altro e subito dopo chiude con una soffice demi-volée che si spegne appena dopo la rete. "The power and the touch" dice il commentatore.
É migliorato fisicamente e atleticamente, oltre ad avere un'innata arroganza che manda fuori di testa i suoi avversari. Contro Sinner, mentre era sotto 5-1 40-15 con due set point da annullare, ha chiesto all'arbitro di sospendere la partita per maltempo. Il tennis è prima di tutto un gioco psicologico.
E quando vuole sa essere maturo. Abbiamo detto poco fa che in semifinale ha vinto di testa. Il primo set è finito 6-1, con soli tre vincenti e cinque errori gratuiti, completamente in balia di Sinner. Poi ha rallentato. Dopo che perdi un set o commetti un errore grave ti dicono sempre di resettare il cervello, "dimenticatelo" ti dicono. E tu puntualmente non lo fai, anzi, ci pensi ancora di più. Rune invece ha riprogrammato se stesso e il suo gioco, facendo un passo indietro e lasciando che fosse Sinner a prendersi i rischi.
Il risultato? 5-2 Rune. Poi però c'è un altro blackout e in un istante si ritrova 5-5. Questo è un altro momento chiave, della partita e del Rune-giocatore. Rune perde le staffe e se la prende con il pubblico, palesemente in favore di Sinner. Il danese urla e si porta il dito sulle labbra, pretendendo di zittire una decina di migliaia di persone. Seguono quattro punti consecutivi di cui un ace a 200 Km/h, con annesse provocazioni dopo ogni scambio. Gli serviva solo un'ulteriore motivazione, un avversario in più di quello che già aveva dall'altra parte della rete. Diecimila spettatori possono bastare. Break subito dopo e beef con il pubblico chiuso in bellezza con la mano portata all'orecchio. La personalità non gli manca.
"In campo tutto passa sullo sfondo: il pubblico, l'arbitro, i coach. L'unico obiettivo è attaccare l'avversario" ha scritto Michele Cecere in un articolo su Carlos Alcaraz dopo la vittoria a Indian Wells. Rune, che ha la stessa età di Alcaraz, è l'esatto opposto. É a costante colloquio con il suo angolo e il comportamento del pubblico ne condiziona altamente l'umore, che poi si riflette sul gioco. Può succedere che questo lo carichi, come con Sinner, oppure che la pressione diventi troppa anche per lui e lo porti ad esplodere; Rublev ringrazia. Rune può comportarsi da fenomeno assoluto o da mammoccio capriccioso. E l'avversario può solo sperare di avere davanti la seconda versione.
Il paragone con Alcaraz serve a introdurre un argomento centrale, quello delle rivalità che verranno. Anche qui ci aiutiamo con una frase di Novak Djokovic, che alla domanda su chi saranno i prossimi Big Three risponde: "Sono sicuro di Alcaraz, Sinner e Rune".
Se il primo è e rimarrà l'uomo da battere per il resto dei suoi giorni, gli altri due saranno in costante lotta per il titolo di number one contender. La nostra rivalità preferita è senza dubbio quella tra Alcaraz e Sinner; pulita, sana, di stima, e per metà italiana. L'azzurro è freddo e razionale, apollineo direbbe Nietzsche, mentre lo spagnolo è il connubio perfetto tra forza bruta e schematica logicità: un Superuomo.
Manca però un terzo elemento per raggiungere l'equilibrio. Una componente irrazionale e caotica, dionisiaca. Nella sua imperfezione, Holger Rune è il perfetto intruso. Una scheggia impazzita in una rivalità tanto avvincente quanto lineare. Una variabile in più con l'obiettivo di interrompere i soliti Sinner-Alcaraz, Alcaraz-Sinner che vedremo nelle fasi finali dei tornei da qui ai prossimi quindici anni. Rune è la macchia sporca di cui noi italiani non avevamo bisogno, ma che il tennis si meritava. E la somiglianza con Djokovic è sempre più intensa. Anche lui è partito da terzo incomodo nella rivalità Nadal-Federer. Anche lui recita la parte del cattivo, seppur con tratti differenti.
In un video sul canale YouTube dell'ATP, Rune ha parlato della gestione della rabbia e del proprio temperamento: "Avevo un bel caratterino anche da piccolo, lanciavo le racchette ovunque se perdevo con mia sorella. Ce l'ho ancora, ma cerco di controllarlo. Quando sono arrabbiato uso quella rabbia per mettere più potenza nei colpi. Mi aiuta tanto a migliorare".
L'impressione è che Rune rimarrà questo: a pelle antipatico ed estremamente pieno di sé, con la rabbia come unica fonte che alimenta il suo tennis. Un viso paffuto tipicamente scandinavo racchiude un ego smisurato, che ogni tanto esce fuori dai margini e finisce per autoflagellarsi. E poi quel sorriso. Un sorriso maledettamente sbruffone dietro al quale si cela tutta la sua presunta superiorità.
A fine partita Sinner si dirige verso il centro del campo con lo sguardo perso nel vuoto, di chi sa di aver perso un'occasione. Per un attimo sembra dimenticarsi l'identità del suo avversario. Purtroppo quando arriva a rete se la ricorda. Gli brucia ancora di più. Il tennista a una spanna da lui ha due anni in meno e ha già vinto un titolo 1000, con la concreta possibilità di conquistarne un altro il giorno dopo.
Gli brucia perché ha appena visto davanti a sé l'ennesimo ostacolo per la sua ascesa. Sinner non sembra provare alcuna simpatia per Holger Rune. Non lo nasconde. Se Alcaraz lo stimola a migliorare, a diventare un tennista più completo, Rune lo infastidisce. Ora sono in tre. Sa che quella mano la stringerà altre volte, ma non vuole mai più sentirsi in questo modo. Anche Rune sa che sono in tre. Lo ha sempre saputo. Per Rune vedere un rivale infastidito è la sensazione più appagante. Vuole sentirsi così altre volte, perché significherebbe diventare numero uno al mondo. Per lui non ci sono alternative: "Essere il numero due è una merda".
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