Erasmus: Athletic Club-Real Sociedad
Uno scoppiettante derby basco.
"Erasmus" è la rubrica del lunedì in cui vi raccontiamo una partita frizzante dal weekend di calcio internazionale. Se vi siete persi gli episodi precedenti, li trovate qui.
Quando inizia a farsi sentire, la nostalgia di casa non la smette di tormentarti. Si insinua come un tarlo, finché non soddisfi parte della sua fame nutrendola con qualcosa di abitudinario, consueto, familiare. Il vento che soffia su Pas Aranzadi da un lato scuote e dall'altro ti fa imbattere in un tozzo del tuo pane quotidiano. Una rivalità campanilistica, all'interno di un tempio all'avanguardie, espressione di due fedi e filosofie calcistiche vicine ma opposte. Athletic Club-Real Sociedad è questo e non solo. Euskal Derbia, direbbero i primi, El Derbi Vasco i secondi. La capitale della Biscaglia e quella della Gipuzkoa, province principali del peculiare microcosmo dei Paesi Baschi. Molto più prosaicamente, settima contro quarta della Liga.
Al San Mamés Barria, sulla riva destra del Nerbioi, non c'è un posto libero. L'orgoglio e la rivendicazione ottusa della propria unicità si tocca con mano: gli Zurigorriak parlano un'altra lingua, letteralmente e calcisticamente, anche rispetto a La Real, distante 100 km in linea d'aria ma ad anni luce dalla forma mentis della squadra di Valverde. L'Athletic, costruito in casa, accoglie i fratelli Williams sulle fasce a supporto di Guruzeta. I Txuri-urdin, in lotta per un posto Champions, sono forse l'ultima propaggine del malinconico e felpato gioco di posizione spagnolo: mezzali che paiono galleggiare a mezzo metro dal terreno di gioco, rombo di centrocampo, ricerca costante dello spazio tra le maglie biancorosse.
L'epitome della contrapposizione di stile è incarnata dai trequartisti: l'intensità e l'esuberanza atletica ed esuberante di Sancet da una parte, la pulizia di David Silva dall'altra. L'Athletic Club punta, sostenuto da una coppia di mediani più bloccata, a innescare le frecce offensive e squassare le spalle dei terzini della Real. La formazione di Alguacil pare un pianoforte con la sordina, con un suono smorzato, delicato ma non represso.
Dopo 10' nei quali i più distratti potevano pensare che fosse un qualsiasi derbi, due cose drizzano le antenne: Brais Mendez, fino allo scorso anno un lunatico esterno offensivo del Celta di Coudet, torna sino alla propria trequarti per impedire a Sancet di scoccare il tiro; sul ribaltamento di fronte, Berchiche e Gorosabel collidono nei pressi della linea laterale. Se pure el Txapeldun di San Sebastian è disposto a sporcarsi le mani, allora il gioco si fa duro. Per davvero.
Entrambe allergiche alla marcatura a uomo in qualsiasi zona del campo, è la tensione a comandare il ritmo. Zubeldia si immola sulla ricezione in area piccola di Iñaki Williams, l'elettrico giapponese Kubo spara alto il primo mancino della gara. Una gara ruvida, dove il nervosismo è appiccicato alle squadre come la pioggia estiva che, come tante volte alla Nueva Catedral, pare scendere anche quando il cielo è solamente coperto.
Per risalire il campo, i giocatori dell'Athletic siano allergici al contatto tra lo scarpino e la sfera, gestendo la manovra con meno tocchi possibile, come una pelle che soffre di dermatite nelle vicinanza dell'acqua. Per risalire il campo, l'Erreala pensa invece che il pallone sia un gatto da coccolare e accarezzare con affetto. Passaggi ravvicinati, precisi ma mai potenti, quasi a non spaventare l'animo del pallone e non fargli del male.
A metà della prima frazione per la prima volta l'aggressività dell'Athletic sortisce effetto: Zubimendi è soffocato dalla pressione di Guruzeta, Sancet strappa il pallone dal mediano ospite e serve di prima Nico Williams in profondità. Uno contro uno in velocità, palla sull'amato mancino, tiro incrociato. Remiro miracoleggia, beccandosi gli improperi dei tifosi biancorossi dietro la sua porta. La sicurezza ostentata sino al momento dalla Real si rivela apparente: il caos della squadra di Valverde ha progressivamente la meglio sull'ordine biancoblu. Remiro alza in corner il destro in torsione del maggiore degli Williams, Iñaki sbraccia a richiamare, come se ce ne fosse bisogno, la curva del San Mamés. Alla fine segna sull'angolo successivo sfruttando la pigrizia in marcatura del terzino Aihen. La Catedral recita il rituale di festa.
Soto Grado ferma tutto. Il VAR gli dice che, forse, Williams ha toccato col braccio. La Cattedrale ammutolisce, in religioso silenzio. L'apnea dura un minuto. Iñaki l'ha toccata col fianco. Il gol è buono. 1-0 Athletic. I fratelli Williams si ritrovano insieme alla bandierina, esultando come Goten e Trunks in Dragon Ball.
La Real smette di governare l'ampiezza del campo, l'Athletic la soverchia atleticamente. San Mamés inizia a esultare per le rimesse laterali e i rimpalli vinti. Intravedo una bandiera del Ghana infilata sulla stessa asta dello stendardo basco. Quasi una storia di integrazione: il passato viscerale unito alle porte aperte per far diventare parte della propria storia chiunque meriti di farne parte.
Alguacil prova a metterci una pezza alla ripresa del gioco. Il Villarreal è caduto in casa col Real Valladolid: i tre punti sarebbero vitali. Entra Barrenetxea per Brais Mendez: l'occasione per allungare sul quinto posto è ghiotta. O meglio, sarebbe. L'undici di Valverde continua ad allungarsi come una fisarmonica, sorretto sulle spalle del suo capitano: Iñaki fa da sponda; Iñaki ricicla il pallone; Iñaki detta la profondità; Iñaki innesca il fratellino sull'altra fascia e provoca l'ammonizione di Elustondo. La Catedral esulta, anche se la punizione non porta a nulla.
Kubo e Barrenetxea provano ad allargare la difesa dell'Athletic. Partendo dalla fascia, cercano di creare superiorità rientrando sul piede forte al centro del campo: una volta Capa e Berchiche, un'altra gli ottimi raddoppi di Vesga e Dani Garcia rallentano l'avanzata delle ali di Alguacil. Al 55' il movimento della Real trova per la prima volta uno spiraglio: Barrenetxea, Kubo e Merino chiamano agli straordinari Unai Simon, tanto criticato per i rischi che corre in fase di possesso ma sottovalutato se si parla di reattività tra i pali.
La Catedral esulta. Yeray vince l'ennesimo contrasto con Oyarzabal, conquistando una rimessa dal fondo che fa respirare la difesa di Valverde. La Catedral, ovviamente, prorompe.
Sancet recupera palla al limite dell'area, si invola solitario contro tutta la difesa della Real, è da solo, non può far nulla se non avvicinarsi alla bandierina del calcio d'angolo. All'improvviso tira, da una trentina di metri, completamente decentrato. Esterno della rete, nessun reale pericolo per Remiro.
Nonostante tutto, San Mamés reagisce come se la palla fosse entrata. Esulto anche io. Esulto anche quando Le Normand deve spendere un giallo per fermare l'impeto di Sancet, appena riuscito a orientare il corpo in modo da controllare, dribblare e scattare in un unico movimento.
Al 70' mi sono ufficialmente convertito al culto dell'Athletic. Sancet riceve la sponda di Nico e si gira troppo rapidamente per uno della sua stazza per appoggiare di sinistro e non, perdendo un tempo di gioco, di destro per Raul Garcia. L'ex Atleti ribalta il fronte per Iñaki. Le Normand è già ammonito e allora temporeggia, temporeggia, temporeggia. Williams lo punta e, sfruttando la passività del 12 di Alguacil, entra in area. Ha tempo di caricare il destro. Il 9 tira. Nessuno si aspetta che la palla si infili esattamente tra le braccia alzate di Remiro e la traversa, ma qualcosa te lo fa pensare. La saetta del capitano fulmina la Real. 2-0.
Gli ultimi 20' si giocano ma sono come accessori. Potrebbe succedere qualsiasi cosa sul terreno di gioco e San Mamés continuerebbe a cantare. Unai Simon si supera su un sinistro a giro di Ali Cho ma poi sbaglia l'appoggio in uscita e regala a Barrenetxea il più bello dei regali mai scartati. Soto Grado fischia tre volte. San Mamés continua a cantare, come un fiume in piena che non può essere arginato.
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