Considerazioni sparse post Juventus-Verona (1-0)
Una Juventus essenziale mette un altro mattoncino in classifica.
-Che la Juventus non sia squadra da palati fini non è senz'altro la novità di questa prima serata di aprile ma, di fronte a quello che probabilmente sarà il mese più importante della stagione bianconera, la squadra di Allegri decide di dare fondo a tutto quel pragmatismo che l'ha caratterizzata nei suoi momenti migliori e supera un Verona tiepido facendo appena il minimo indispensabile. Senza scomodare musi e cavalli, immersa in una classifica di cui è difficile conoscere il vero significato, è quanto mai chiaro come il risultato sia l'unica vera missione di questa squadra. E tutto sommato i risultati, in qualche modo, questa squadra li sta ottenendo;
-L'undici di partenza scelto da Allegri sembra una prova di difficoltà: con i nazionali a recuperare energie in panchina e senza il suo totem francese, il livornese sceglie una squadra piatta e un po' monotona, con De Sciglio a presidiare l'out di sinistra al posto di Kostic, Barrenechea un po' impacciato nel ricoprire il posto di Raboit e un Milik ancora arrugginito dall'assenza a guidare il fronte offensivo. L'impressione è che le soluzioni per andare a segnare siano davvero poche, e lo dimostra il fatto che l'occasione più grande creata dalla Juventus nel primo tempo sia una punizione di Danilo che incontra una netta deviazione. Pochino;
-Dall'altra parte l'Hellas Verona vive il più classico dei "vorrei ma non posso". Dopo un avvio di stagione terribile, è evidente quanto gli scaligeri abbiano decisamente cambiato registro dal punto di vista dell'atteggiamento, consci del fatto che sui punti salvezza non si può certo far gli schizzinosi. Li cercano anche a Torino con tanta volontà (bella e generosa la prova di Depaoli) e, per la verità, creano anche qualche presupposto per impensierire la Juventus, ma manca davvero la qualità ai gialloblu. Un tiro fiacco e sbilenco di Adolfo Gaich dal limite dell'area è l'immagine più evocativa di una povertà tecnica (soprattutto offensiva) che finisce per spegnere qualunque buona intenzione;
-Sembra tutto apparecchiato per lo spartito classico: lo 0-0 striminzito fino a mezz'ora dalla fine, i cambi di qualità, la rete decisiva. E invece la rete decisiva arriva prima, da un Moise Kean che di buono, per la verità, fa poco altro (ma tanto basta, per stavolta). I cambi dovrebbero allora servire per consolidare e gestire un vantaggio faticosamente acquisito ma, sorprendentemente, finiscono per fiaccare ulteriormente la Juve, che si ritrova ad affidare le sue ripartenze a giocatori che entrano spenti, e non si accendono mai. Ancora distante dalla miglior condizione mentale, Dusan Vlahovic prosegue le sue fatiche, ma l'ingresso più deludente è quello di un Di Maria che probabilmente non leva nemmeno le pantofole prima di entrare: quanto è diverso il Fideo versione europea?
-In un contesto tecnico particolarmente piatto, a prendersi i gradi da leader è Manuel Locatelli, sull'onda lunga di alcune buone prestazioni (monumentale quella contro l'Inter). L'ex Sassuolo naviga in mezzo ai rookie e garantisce tutta l'esperienza e la personalità richieste in una situazione come questa, risultando per distacco il migliore in campo ed impreziosendo la sua prova con l'assist per il gol vittoria. Pur ammettendo di non poter conoscere nessun possibile retroscena, rimane complicato comprendere per quale ragione, nella Nazionale di oggi, non si sia trovato nemmeno un posticino per un centrocampista che fornisce questo tipo di prestazioni.
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