Considerazioni sparse post Lazio-Roma (1-0)
Un derby spigoloso, con poca bellezza, ma che vede la Lazio portarsi i tre punti a casa.
- Non è mai una partita come le altre e mai lo sarà. I tentativi, spesso vani, di mascherare l'emozione dietro a scaramanzie o a malcelata superiorità non riescono. Questa partita la senti, la vivi nello stomaco. Ti cresce un'ansia dentro che ti porti appresso tutto l'anno e che sin dal sorteggio di inizio campionato ti porta a vedere quella data lì. Se ci si aspettasse una partita bella, divertente o spettacolare vorrebbe dire che non si conosce questa rivalità. Quanto si è visto stasera è l’esaltazione massima di quanto appena scritto. Il derby di Roma è tutto questo: budella, sangue, voce, ansia, tachicardia e eventualmente felicità per una delle due al novantesimo;
- Le coreografie, le bandiere, il fischio d'inizio che senti a malapena, la bolgia di anime che affollano l'Olimpico. Fiati e cori che aggrediscono gli animi dei giocatori e che li portano a iniziare sempre con concentrazione e contrazione. La sorpresa è l'assenza di Abraham a favore di Belotti. Provedel, nonostante la febbre, è lì a difendere i pali. Il palleggio della Lazio è superiore, la Roma aspetta e prova a creare con Dybala e Wijnaldum. Al 35' Ibanez, già autore di un errore enorme nel derby d'andata, ingenuamente commette il suo secondo fallo tattico e porta Massa ad espellerlo. Cambia faccia la partita. Cambia, però, a favore delle impostazioni di fabbrica di entrambe: la Roma aspetta dietro la linea della palla, la Lazio palleggia e cerca un varco. Il nervosismo impera e la partita prende una piega brutta stilisticamente, ma infervorante per l'agonismo;
- Gli animi si raffreddano nella ripresa e sale il palleggio della Lazio. Dybala rimane negli spogliatoi a favore di un difensore in più. Luis Alberto prende in mano le redini del gioco e inventa due conclusioni che scuotono Rui Patricio. Il ritmo si alza da parte biancoceleste e i giallorossi provano a tenere intatto il bunker fino a che Felipe Anderson, di prima, imbecca Zaccagni che, con un colpo di assoluta precisione, supera l'estremo difensore portoghese e sigla il vantaggio. Da lì tutto cambia e forza Mourinho a invertire il piano di gioco: entrano Matic e Abraham. Si alza la linea del pressing romanista e la Lazio non riesce a tenere il pallino come prima. Pareggerebbe la squadra di Mourinho ma il fuorigioco di Smalling vanifica la gioia dei suoi tifosi, animando, invece, quelli biancocelesti. Col passare del tempo solo le coronarie dei tifosi soffrono visto che i due portieri fanno veramente poco. Finisce al 96' con un tripudio biancoceleste;
- Sarri voleva sin da inizio settimana questa partita. Non lo aveva nascosto, anzi. Criticato per quelle sue affermazioni pre Conference League, ha fatto all-in sulla stracittadina: ha avuto ragione lui. La sua squadra è compatta, lucida, palleggia, gioca e ragiona. Non si fa trascinare nel turbinio di nervi giallorosso. La tenuta mentale c'è. Come a Napoli, la partita tatticamente la vince lui. Ogni giocatore ha dato il suo, anche chi è entrato. Queste due settimane di sosta saranno sicuramente dolci e rilassate;
- Sorprendono alcune scelte di Mourinho: Abraham fuori dall'11 iniziale e il sacrificio di Dybala nel secondo tempo. La AsRoma fa la sua partita, quella che ha nelle sue corde: muscolosa, sperando di approfittare delle défaillance avversarie. Questo, però, non dà i frutti sperati. L'essere in dieci dal 35' non facilita per nulla il piano tattico ma, va detto, che la squadra ha reagito, per quanto potesse. Conoscendo il portoghese sicuramente non sarà soddisfatto ma non lo ammetterà mai. Difenderà i suoi in ogni dove.
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