
- di Simone Tommasi
Non sottovalutate il Benfica
La squadra di Roger Schmidt ha una delle proposte di calcio più interessanti in Europa.
Manchester City, Real Madrid, Chelsea, Milan, Inter, Bayern Monaco, Napoli e Benfica. Queste sono le otto squadre che si contenderanno il passaggio alle semifinali della Champions League. Tra tutte - quantomeno per il nome - i portoghesi recitano il ruolo dell'intruso, essendo anche l'unica delle otto a non provenire da uno dei top 5 campionati europei. Chi ha visto giocare il Benfica però sa che sono una squadra da non sottovalutare e che sono già stati un sorteggio tutt'altro che morbido per PSG e Juventus nella fase a gruppi.
Fin qua il Benfica ha disputato una Champions League di altissimo profilo, arrivando ai quarti sulle ali dell'entusiasmo e trainato da uno stile di gioco estremamente riconoscibile e appagante da guardare. Le Aguias stanno dominando anche il proprio campionato nazionale dando un idea di supremazia totale e asfissiante, che viene restituita sia guardando le loro partite che sfogliando le classifiche e le statistiche della stagione in corso. Nonostante la ormai famigerata Maledizione di Bela Guttmann che tormenta il club, il Benfica può provare a giocare un bello scherzo ai top team d'Europa. Perché, in fondo, sognare non costa nulla.
Com'è arrivato fin qui il Benfica?
Trentacinque vittorie stagionali. Sette pareggi. Una sola sconfitta nei novanta minuti. Questi sono i numeri di un Benfica che assomiglia di più a un rullo compressore che a una squadra di calcio. Centosette i gol realizzati in tutte le competizioni, ventotto quelli subiti. In Champions League i gol segnati sono ventitré in otto partite, una media gol paragonabile a quella dell'incontenibile Napoli di quest'anno. Statisticamente il Benfica è una squadra che possiamo definire con una parola: esagerata.
In campionato, le Aguias sono ovviamente prime, con otto punti di vantaggio su quel Porto che ha spaventato l'Inter negli ottavi di Champions e che sta, comunque, procedendo su ritmi notevoli. Tuttavia, non possono puntare a nessun tipo di Triplete, essendo uscite da entrambe le coppe portoghesi. Sono state due eliminazioni indolori, arrivate senza mai perdere nei novanta minuti - una arrivata ironicamente per il minor numero di reti segnate nel girone e una ai rigori contro il Braga - e che forse hanno liberato di una zavorra il Benfica, che ha ora meno partite da disputare in stagione. La citazione al Braga è dovuta, poiché i biancorossi sono l'unica squadra ad aver battuto il Benfica in questa stagione, con anche un 3-0 in campionato.
In Champions League il Benfica ha vinto un girone, composto da PSG, Juventus e Maccabi Haifa, in cui sulla carta era la terza forza. I tifosi juventini si ricorderanno bene come sono andate le cose, ma è opportuno ricapitolare comunque il percorso del Benfica. Due pareggi per 1-1 con il PSG, vittoria in casa e fuori con la Juventus, portandosi anche sul 4-1 a un certo punto della gara di ritorno, otto gol distribuiti tra andata e ritorno al Maccabi Haifa. Girone vinto forse per un regalino degli israeliani riguardo alla differenza reti, ma nessuno può ritenere immeritato il primo posto del Benfica davanti al PSG. Al turno successivo, il Benfica è stato accoppiato con il Club Brugge, che ha spazzato via con un perentorio 7-1 totale.
Il ritorno degli ottavi di finale, in cui il Benfica ha fatto cinque gol al Club Brugge.
Proprio il doppio confronto con la squadra belga è stata un vero e proprio manifesto del gioco del Benfica di Roger Schmidt. Anche grazie al modo di difendere un po' ingenuo del Brugge, sono emersi chiaramente i pattern del gioco dell'allenatore tedesco, sia in fase di pressing - alto e soffocante - sia in fase di costruzione, con le uscite ordinate da dietro e con le combinazioni quasi automatiche sulle fasce. I sette gol segnati tra andata e ritorno rappresentano ognuno una chiave secondo cui leggere il gioco del Benfica, dalle combinazioni sulle fasce del primo e del terzo gol del ritorno, all'aggressione altissima del gol di Neres all'andata, passando per la tecnica individuale e la fluidità offensiva mostrata in occasione del gol del 2-0 di Gonçalo Ramos al ritorno.
Gli uomini chiave
Come abbiamo potuto capire iniziando ad esplorare la proposta di gioco del Benfica, il vero protagonista della cavalcata delle Aguias è il sistema stesso in cui sono inquadrati gli undici giocatori. Durante Benfica-Brugge, sembrava che le azioni fossero manovrate dall'alto da un burattinaio che controlla l'intera squadra. Anche le azioni più improvvise e furiose sembravano un incastro perfetto di tasselli che si muovevano armoniosamente uno dopo l'altro. Avete presente il Gioco del Quindici? Ecco.
Gran parte dei meriti della stagione del Benfica vanno quindi a chi ha reso possibile tutto questo. Il vero uomo chiave dei lusitani è infatti l'allenatore Roger Schmidt. Tedesco, classe '67, è uno dei prodotti di quella che ormai si può chiamare Scuola Red Bull. Ha, infatti, guidato il Salisburgo dal 2012 al 2014, plasmando una squadra di culto che - dopo un anno di assestamento - era passata come un uragano sulla Bundesliga austriaca e sull'Europa League.

È stato, però, al Bayer Leverkusen che la sua idea di calcio aveva raggiunto i suoi picchi più estremi e violenti. Quel Leverkusen - quello di Chicharito Hernandez e Calhanoglu per intenderci - pressava in modo quasi barbarico gli avversari, tenendo i terzini altissimi. L'impressione era che la squadra perdesse palla apposta solo per poterla riconquistare e giocare a modo suo. Un calcio spesso meccanico, ma ancora molto istintivo e ancorato a determinate situazioni di gioco. A cinque anni da quell'esperienza Schmidt è approdato in Portogallo, con idee e dogmi diluiti e maturati grazie ai passaggi con Bejing Guoan e PSV.
Indubbiamente, il lavoro dell'allenatore tedesco è stato aiutato dal lavoro della dirigenza - guidata dall'ex Milan Rui Costa - sia sul mercato che sul settore giovanile. L'esempio principale è Enzo Fernandez, rimasto pochissimo a Lisbona ma che ha lasciato un grande impatto in campo e più di 75 milioni di plusvalenza nelle casse della società. Concentrandosi invece su chi c'è ancora: Florentino Luis, Gonçalo Ramos e Antonio Silva sono costati zero, arrivando tutti dal vivaio. Per Vlachodimos e Grimaldo sono stati spesi poco più di due milioni ognuno mentre i due titolari arrivati quest'anno, Alexander Bah e Fredrik Aursnes, sono costati una ventina di milioni assieme. L'uomo copertina, Joao Mario, è arrivato a parametro zero dall'Inter.
Proprio Joao Mario, poco più che una meteora in nerazzurro, è il giocatore più rappresentativo di questo Benfica. Il portoghese è arrivato a 21 gol e 12 assist in stagione, una trasformazione rispetto agli anni precedenti che ricorda - con i dovuti paragoni - quella di Bruno Fernandes. Se si potesse riassumere con una parola Joao Mario quest'anno questa sarebbe: efficace. Segna tantissimo per quanto calcia in porta, sbaglia pochissimi passaggi, manda in porta facilmente i compagni. E, da non trascurare, è fondamentale in fase di recupero palla. Assieme a lui, possiamo mettere in copertina anche Gonçalo Ramos, che condivide il trono di capocannoniere in campionato con Joao Mario, e Alejandro Grimaldo, fondamentale sulla fascia e autore già di 13 assist. Ma nell'undici del Benfica, non c'è un giocatore che sia meno fondamentale degli altri.
Il Benfica e Joao Mario sembrano fatti l'uno per l'altro.
Come gioca il Benfica?
Il Benfica, dicevamo già in precedenza, è appagante. Guardare il Benfica ti dà un senso di soddisfazione, di completezza. Ti fa pensare "Bene, sono a posto così" dopo aver spento il televisore a fine partita. Nonostante sia una squadra che fa del pressing alto e della veloce transizione verso la porta la sua bandiera, è anche in grado di padroneggiare il possesso palla in modo eccellente, così come le uscite palla a terra dalla difesa. Schmidt mette generalmente in campo la sua squadra con un 4-2-3-1, che in alcune occasioni è stato sostituito da un 4-4-2. In realtà, vista la fluidità delle posizioni dei giocatori, la distinzione tra i due moduli risulta quasi superflua.

Nel gioco del Benfica, i primi attaccanti sono i difensori. È un'espressione usata e abusata, ma nel caso della squadra di Schmidt è la semplice realtà dei fatti. Infatti, appena la squadra avversaria inizia l'uscita dalla difesa, si attiva la pressione degli attaccanti del Benfica, oltre alle marcature preventive. È un approccio di marcatura uomo su uomo, in cui i giocatori accettano il duello con l'avversario. La squadra si mantiene alta e compatta in fase di pressing, andando a soffocare lo sviluppo del gioco avversario.
In questo modo, il Benfica costringe spesso e volentieri all'errore l'avversario o può recuperare il pallone vincendo un duello per forzare situazioni di transizione rapida ma organizzata. Sarebbe un errore però pensare che il Benfica dell'allenatore tedesco viva di folate di gioco imbastite dopo un recupero palla. I portoghesi, infatti, hanno statistiche molto elevate nel possesso palla, che usano per creare situazioni che possono permettergli poi di sfogarsi con giocate più verticali. L'azione parte dai centrali difensivi, che vengono supportati dai due centrali di centrocampo, quasi a formare un quadrato. Contemporaneamente i terzini salgono, creando i presupposti per il proseguio dell'azione.
I due centrocampisti, Florentino Luis e Chiquinho, sono importantissimi anche nella seconda fase dell'azione, in quanto danno supporto e opzioni in più ai terzini e a Rafa Silva, che gioca generalmente come trequartista centrale. L'azione spesso prosegue sviluppandosi sulle fasce grazie alle combinazioni tra i giocatori di fascia e quelli centrali, che si interscambiano con grande facilità. Spesso, azioni partite dalla difesa colgono di sorpresa gli avversari grazie a questi movimenti perfettamente automatizzati, dando l'idea di una squadra che prende in contropiede l'altra. La finalizzazione spesso avviene con palloni rasoterra che arrivano dalle fasce, da Alexander Bah e - soprattutto - da Grimaldo.

In situazioni dove la squadra avversaria tende a chiudersi maggiormente e a lasciare meno spazi per discese e combinazioni sulle due fasce, viene in soccorso anche la tecnica individuale dei quattro uomini davanti. Joao Mario, Aursnes, Gonçalo Ramos e Rafa Silva, ma anche David Neres, Gonçalo Guedes e Draxler sono tutti molto abili palla al piede, e possono aprire varchi nella difesa anche quando la semplice circolazione di palla sembra non poterne trovare. Il Benfica sa adattarsi, e infatti ha spesso trovato il gol anche grazie a combinazioni centrali tra gli uomini del reparto offensivo. La squadra di Schmidt attacca in massa, ma lo fa sempre in modo lucido e soprattutto efficiente e ragionato.
Il Benfica di Schmidt non è però solo attacco, anzi. È anche difesa coordinata e compatta, altrettanto soddisfacente da vedere. Quando la squadra avversaria riesce a uscire dalla difesa, i portoghesi si compattano con un 4-4-2, mantenendo la linea molto alta. I movimenti sono estremamente coordinati e la squadra riesce a mantenersi corta. Anche in questa fase spiccano i terzini, che si sganciano per pressare molto alto il diretto avversario. Schmidt ha costruito una squadra aggressiva pure quando attaccata in maniera organizzata.
Il Benfica è quindi una squadra molto divertente da vedere, che abbina grande qualità a un automatismo quasi meccanico e un atletismo esasperato al massimo. Fino a questo punto la squadra di Schmidt non ha mostrato segni di cedimento, al contrario ha dato sempre l'impressione di avere sotto controllo la situazione. Tutti i tasselli continuano a scambiarsi di posto tra di loro partita dopo partita, come nel giochino di cui parlavamo prima. Nel Gioco del Quindici l'obiettivo spesso è ricomporre una figura o un disegno. Chissà che su quello del Benfica non ci sia raffigurata una certa coppa dalle grandi orecchie...
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Classe '99, fervente calciofilo e tifoso dell'Udinese, alla sua prima partita allo stadio vede un gol di Cesare Natali e ne resta irrimediabilmente segnato. Laureato in scienze politiche a Padova, ora studia a Bologna e scrive di calcio e Formula 1.
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