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, 10 Marzo 2023

Considerazioni sparse su "Welcome to Wrexham"


Descritta come la vita reale di una stagione di Ted Lasso, Welcome to Wrexham è molto meglio. Bando allo scetticismo: la serie merita elogi.


- "Financially idiotic but addictive". Come descrivere meglio il calcio per uno che si approccia per la prima volta alla scoperta del mondo della palla di cuoio se non con la definizione data da Ryan Reynolds? La prima stagione di Welcome to Wrexham, 18 episodi prodotti da John Heinon, Rod McElhenney e Humprey Ker, è indiscutibilmente un prodotto riuscito. Distribuito in Italia da Disney+, la serie racconta le genesi e lo sviluppo delle prime due stagioni sportive del Wrexham AFC da quando le star americane hanno deciso di investire nella squadra gallese. Bisogna sforzarsi di entrare nell'ottica dei produttori: il pubblico di riferimento sono ragazzi, in maggioranza americani, che come loro scoprono il calcio europeo e il rapporto che esso tesse con donne e uomini del luogo. Rob e Ryan rimangono interdetti una volta inteso il meccanismo di promozioni e retrocessioni, necessitano di spiegarsi e spiegare anche le regole basilari del calcio (come si fa a non conoscere che prima dei rigori ci siano i supplementari?), ma non lo fanno mai con eccessivo patetismo o retorica;

- Persone che non conoscono il calcio vogliono far conoscere il calcio a chi come loro non conosce il calcio. Cosa potrà mai andare storto? Riuscire a far interessare chi il calcio lo conosce a tutto quello che c'è oltre al calcio. Solo una produzione all'altezza lo avrebbe potuto fare. E l'ha fatto. Per lo scorrere della stagione, seguire l'andamento delle partite è anche superfluo, basterebbe riassumere le gare col risultato finale e funzionerebbe comunque. Perché parlare solo di calcio non farebbe capire nulla del calcio, che si dirama e si esprime in tutte le 24 ore di tutti i 7 giorni della settimana. Però pur sempre di calcio e calciatori si riprende: infortuni, famiglie, rapporti umani, stipendi che non riempiono chissà quanto il conto in banca e spada di Damocle targata Twitter o Instagram sono aspetti troppo spesso sottovalutati, come se sfiorassero tangenzialmente l'esistenza di chi, a tutti gli effetti, è umano come noi davanti allo schermo;

- Lo si dice chiaramente nell'episodio 17, apparentemente il più slegato e "superfluo" della stagione: "gli uomini hanno bisogno dello sport per esprimere tutte le emozioni che tengono dentro, le emozioni hanno bisogno dello sport per raccontare gli uomini che le vivono". Di conseguenza vengono presentati tutti gli aspetti che permeano una società calcistica, a prescindere che sia in National League o da qualunque parte del mondo: si parla di uomini, di gravidanze tragiche delle loro fidanzate, di sfoghi dopo settimane lavorative alienanti, di una simbiosi da perpetrare tra 11 uomini in campo e una comunità che li supporta. Non è Welcome to Wrexham AFC, bensì Welcome to Wrexham: lo sport è veicolo di messaggi e storie che non hanno nulla a che fare con esso, che si parli di una bibliotecaria, di un venditore di hot dog o di una tifosa tetraplegica;

- Attenzione: Welcome to Wrexham non è una serie perfetta o immacolata. Alcune scene sono assolutamente in eccesso - vedasi, ad esempio, i dialoghi tra le donne anziane ai tavoli dal bar, le prove di ripresa di Humphrey nel vialetto di casa, la digressione sulla storia del Galles -, ma, nel complesso, sono pochissime: sono assai rari i momenti in cui si coglie lo script, l'invenzione, la post produzione che faccia comparire dal nulla qualcosa di inesistente. Un conto è abbellire e decorare la realtà fattuale con mezzi o mezzucci, che dir si voglia, quali le telecronache aggiunte a tavolino, i servizi radiofonici ad hoc, il montaggio che ripropone o inverte l'andamento della singola partita, un altro, invece, è creare qualcosa di falso: Welcome to Wrexham non scade mai nel primo e il rischio era notevole;

- Né i proprietari né nessuno delle donne e degli uomini la cui storia è ripresa all access risulta un personaggio. Sono tutte persone, chi più interessante (Rob e Ryan, Jordan Davies, Ollie Palmer) chi decisamente meno (mister Phil fucking Parkinson, Shaun Harvey, SuperPaul Mullin). Ma nessuno si trasforma in macchietta, si trova lì per caso: attorno allo stadio più antico del mondo si intrecciano vite che Welcome to Wrexham rappresenta limpidamente. Racecourse Ground, con le tribune pericolanti e il manto erboso da risistemare, è un contenitore di emozioni che le telecamere e comparti tecnici affini - le riprese, la fotografia e la colonna sonora sono degni del budget hollywoodiano a disposizione - si limitano a restituire senza distorcere. Poco importa che il finale della stagione 2021/2022 si concluda in maniera drammatica. Anzi, importa eccome: ci regalerà altre stagioni di Welcome to Wrexham. Bisognerà aspettare agosto 2023? Aspetteremo. A patto che non si trasformi in qualcosa di diverso rispetto a quello che la prima è stata.

  • (Bergamo, 1999) "Certe conquiste dell'anima sarebbero impossibili senza la malattia. La malattia è pazzia. Ti fa tirare fuori sentimenti e verità che la salute, che è ordinata e borghese, tiene lontani."

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