Al Milan contro questo Tottenham è bastato poco
Il peggior Tottenham di Conte ha semplificato il lavoro ai rossoneri.
Il Milan è tornato ai quarti di finale di Champions League 11 anni dopo l’ultima volta. Giusto per far capire quanto una cosa a cui il Milan è storicamente abituato sembri oggi una casualità sportiva, i protagonisti di quel Milan eliminato dal Barcellona erano Ibrahimovic e Thiago Silva, Boateng e Cassano, Nocerino e Van Bommel. Oggi ci ritorna dopo essere uscito indenne da un’eliminatoria dove partiva da sfavorito, contro il Tottenham di Antonio Conte e Harry Kane. Senza subire gol, andando in vantaggio dopo 5 minuti all’andata, dettando il ritmo e reggendo, anzi dominando, sul piano dell’intensità. Non lasciandosi intimorire dai 62mila presenti al Tottenham Hotspur Stadium nella gara di ritorno, con una squadra giovane e che un mese fa sembrava depressa e incapace di vincere una qualsiasi partita.
Quella del Milan è un’impresa anche considerando il divario economico e tecnico che c’è tra la Serie A e la Premier League in questo momento. L’ennesima ciliegina messa sulla torta per festeggiare il lavoro che sta facendo Stefano Pioli con questo gruppo: dopo uno scudetto arrivato in tempi folgoranti, è arrivato anche un quarto di finale di Champions altrettanto fulmineo. Basta pensare che l’Inter, tornato in Champions due anni prima rispetto ai rossoneri, non è ancora andata oltre gli ottavi – per quanto adesso ha buone possibilità di farcela contro il Porto.
Non va sminuito il carattere con cui il Milan si è presentato a questo confronto europeo, ben distribuito in tutta la rosa. Il giovane terzetto difensivo ha mostrato una concentrazione impeccabile – non solo al ritorno, ma anche all’andata, quando avevamo scritto dell’eccellente prestazione difensiva del Milan – tenendo testa a campioni protagonisti dell’ultimo Mondiale. L’assenza di Bennacer non si è fatta sentire per Tonali e Krunic, che non hanno fatto neanche rimpiangere Kessie. Theo Hernandez, tornato in gran forma in questo periodo, si è dimostrato capace di mettersi sulle spalle la manovra offensiva della squadra e di reggere sia i duelli che le provocazioni con gli avversari a questo livello. Maignan con la parata a tempo scaduto sul colpo di testa ha fatto capire quanto sia mancato in questi ultimi 5 mesi, e quanto faccia la differenza nella gestione del reparto difensivo. Rafael Leao forse non è stato incisivo al centro dell’attacco rossonero come ci si aspettava, ma ha sfoggiato il suo talento nei dribbling sapientemente e preziosamente. L’astuzia di Giroud è stata fondamentale nel far spendere cartellini gialli a tutti i difensori degli Spurs tra andata e ritorno.
Finito questo elenco è francamente difficile trovare qualche giocatore del Milan che abbia deluso o non sia stato utile al passaggio del turno. Anche Origi in pochi minuti ha lasciato un segno nella partita, colpendo un palo che avrebbe tolto qualsiasi dubbio sui meriti del Milan nel doppio confronto. Perché purtroppo qualche dubbio c’è, ed è legato alle due prestazioni deludenti fatte dal Tottenham. Gli Spurs si sono presentati a questo importantissimo appuntamento nella loro versione più spuntata e deprimente da quando Antonio Conte è l’allenatore.
Il Milan nella gara di andata era riuscito perfettamente a ingabbiare la manovra offensiva degli Spurs, con tanta intensità, pressing alto e propensione ai duelli individuali, come Kjaer contro Kane e Thiaw contro Kulusevski. Nonostante i primi 90 minuti avessero detto così bene al Milan con questo piano gara, per i secondi Conte non ha cambiato nulla né cercato alternative. Lo spartito è stato lo stesso: palla a Kane che si abbassa per sfruttare le sue doti in rifinitura, o a Kulusevski per sfruttare la sua capacità di dribbling. E come all’andata il Tottenham non è mai, ma proprio mai, stato davvero pericoloso. L’unico mordente che ha mostrato era quando provava a fermare i giocatori del Milan con le cattive dopo aver perso i duelli individuali. Dopo 23 minuti Lenglet e Romero erano già ammoniti, con l’argentino che spenderà il secondo giallo per provare a fare a Theo Hernandez quello che non era riuscito a fare a Tonali nella gara precedente.
Il fallo su Theo che ha causato la seconda ammonizione e l’espulsione di Romero (foto Zona Milan)
I giocatori del Milan sono sembrati troppo più bravi tecnicamente con la palla al piede rispetto agli avversari: riuscivano a creare soluzioni attraverso dribbling, passaggi e movimenti rapidi. Il Tottenham l’esatto opposto, incapace di risalire il campo rapidamente senza che si creasse il presupposto per una transizione e attaccando pochissimo dal lato di Son e Perisic, che infatti sono stati i peggiori in campo se escludiamo Romero.
È veramente strano che un allenatore esperto come Antonio Conte non abbia pensato di cambiare qualcosa del suo piano tattico dopo una gara di andata opaca. Se all’andata non era ancora scontato che Pioli si schierasse a specchio con una difesa a 3, nella partita di ritorno era praticamente sicuro. I problemi mostrati ieri dal Tottenham sono gli stessi da novembre, ma nonostante questo Conte non ha mai pensato di uscire dai pattern a lui congeniali, quei movimenti altamente meccanizzati che richiede ai suoi giocatori ovunque alleni. Automatismi che però contro difese attente e inscalfibili come lo è stata quella del Milan sono controproducenti e soffocano il talento individuale di molti giocatori. Conte non ha sparigliato le carte neanche con le scelte di uomini, preferendo uno stanco e fuori forma Son a Richarlison anche al ritorno.
La mappa dei tocchi del Tottenham del primo tempo mostra l’incapacità della squadra di Conte di portare il pallone nell’ultimo terzo di campo, specie per vie centrali.
Già dopo 5 minuti il pubblico del Tottenham Hotspur Stadium, invocato da Conte in conferenza stampa, ha cominciato a sbuffare, a deprimersi, a urlare “boring team”. Aveva capito che questo mercoledì europeo non sarebbe stato la svolta alla stagione che serviva. Al contrario, più probabilmente l’avrebbe affossata definitivamente. Dopo l’espulsione di Romero buona parte del pubblico inglese ha cominciato ad abbondare gli spalti. In Inghilterra non è un gesto troppo insolito, ma stavolta aveva il sapore di resa nei confronti della squadra. Man mano che ci si avvicinava il 90esimo rimanevano nello stadio solo i molti italiani tifosi milanisti mischiati tra la folla, vogliosi di poter finalmente festeggiare la squadra di Pioli. Questa è una perfetta diapositiva del differente livello di passione delle due tifoserie in questo momento.
Questa è la prima stagione fallimentare per Antonio Conte da quando fu licenziato all’Atalanta. E a questo punto si è capito che il suo futuro è molto lontano dal Nord di Londra, visto il contratto in scadenza. In quindici mesi Conte sembrava essere riuscito a dare una sterzata alla squadra inglese, a inculcargli la sua grinta e la sua voglia di vincere. Adesso quei tempi sembrano così distanti nella mente dei tifosi – e chissà, anche dei giocatori – da far pensare che fosse la vena realizzativa di Son l’unico motivo dei rapidi miglioramenti della passata stagione, prima che la squadra venisse soffocata dai dogmi tattici dell’allenatore. Conte non si mette mai in discussione, parla di divario economico con le altre squadre e che bisogna fare sforzi. Dice che bisogna avere pazienza, ma spesso è lui stesso a non averne con i propri giocatori. Tutto questo è costato al Tottenham un altro anno senza trofei e senza nemmeno la soddisfazione di andare avanti in Champions League, nonostante la fortuna di un sorteggio non troppo proibitivo né ai gironi – dove gli Spurs hanno fatto una fatica immane contro Francoforte, Sporting e Marsiglia e sono passati per primi con molta fortuna – né agli ottavi.
«C’è una differenza abissale tra Milan e Tottenham» ha detto Conte dopo la partita. «Loro hanno vinto il campionato, noi sono tantissimi anni che non vinciamo niente». Questo discorso sull’abitudine a vincere trofei semplifica sempre un po’ le questioni; in verità la differenza in campo tra i giocatori si è vista soprattutto nella spensieratezza. I giocatori del Milan erano sicuri dei propri mezzi fisici e tecnici, anche Thiaw che gioca da titolare da una manciata di partite. I giocatori del Milan affrontavano l’avversario pensando a cosa fare della palla, quelli del Tottenham con la prudenza di non sbagliare prima di tutto. In occasione dell’espulsione di Romero, Kane è andato a confrontarsi duramente con Conte, mostrando tutta la sua frustrazione per il fatto che ogni suo tentativo di associarsi ai compagni veniva comodamente disinnescato. L’allenatore è sembrato ascoltarlo guardandolo attonito, sconsolato, senza ribattere. Chissà cosa gli avrà detto il suo capitano, l’uomo che più di tutti ha provato a cambiare la mentalità del Tottenham. Molto più degli ultimi suoi allenatori.
In tutto questo il Milan esce galvanizzato e rinvigorito, forse anche più del dovuto visto che il suo avversario si è dimostrato particolarmente sterile. Questo passaggio del turno, e la simultanea situazione di vantaggio di Inter e Napoli, rischiano di alimentare discorsi affrettati sul ritrovato stato di salute del calcio italiano e sulla sopravvalutazione della Premier League. La verità è che il Milan ha giocato una grande eliminatoria, con un gruppo in flessione e numericamente poco profondo. Ha tirato fuori una concentrazione e un carattere da grande squadra che difficilmente viene riconosciuto, tanto ai calciatori quanto a Pioli, troppo spesso accusato di essere un “miracolato”.
Questa eliminatoria ci dice che sotto l’aspetto mentale il Milan ha fatto un passo in più verso l’alto livello del calcio europeo. Deve migliorare però nel cinismo, viste le grandi occasioni fallite tra andata e ritorno che avrebbero evitato la dura agonia finale. Ai quarti le brutte scelte in fase di tiro mostrate soprattutto da Diaz e Leao potrebbero costare caro. Da questo punto della competizione in poi trovare avversari depressi come il Tottenham di Antonio Conte è alquanto improbabile.
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