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5 min

- di Massimiliano Bogni

Considerazioni sparse post Frecciarossa Final 8 2023


La cenerentola Brescia, le sagge decadute e Amedeo Della Valle: le Final 8 hanno offerto spettacolo e sorprese.


- A prescindere dalla finale con la Virtus, chi esce meglio dalla Final 8 del Pala Alpitour è la Germani Brescia. Reduce da 6 sconfitte di fila in LBA, Alessandro Magro si conferma una delle menti cestistiche più intriganti e promettenti del basket italiano. Avere la meglio in quel modo prima di Milano e poi di Pesaro non era prevedibile in alcun modo: la Germani le ha vinte in difesa, non necessariamente la qualità principale riconosciuta al roster costruito dal GM Marco De Benedetto. Un secondo quarto estatico contro l'Olimpia e una prova corale di altissimo profilo con la VL rappresentano ben più di una boccata d'ossigeno per una squadra che annaspava e boccheggiava a causa di prestazioni sotto tono: il bello di un format a eliminazione diretta come la Coppa Italia sta proprio qui, nel sovvertire il pronostico e restituire vigore a quintetti abulici. Il rientro (e che rientro) di Petrucelli ha riposizionato ogni tassello di Brescia al suo posto: Della Valle creatore dal pick 'n'roll con le spalle coperte in difesa, Akele e Burns elementi che forniscono energia dalla panca, Gabriel e Moss a garantire leadership ed esperienza. Poi ci sarebbe anche la finale, dove la pera di energia di Kenny Gabriel, un Della Valle che ha visto la Madonna e un CJ Massinburg mortifero nel tenere a distanza Bologna in gas dopo aver rimontato da -18 regalano la prima Coppa Italia della storia del club della presidentessa Bragaglio. Torino, Cremona, Brindisi, Pesaro: come da recente tradizione, anche la Frecciarossa Coppa Italia 2023 ha vissuto una cavalcata impronosticabile;

- Cordinier, Bako, Lundberg in tuta nelle prime file del Pala Alpitour, primi tifosi dei propri compagni. Ojeleye e Abass a mezzo servizio per essere generosi, Nico Mannion impiegato col contagocce. Basterebbe questa lista per rendere conto delle risorse a disposizione della Virtus Bologna. Quando i veterani sono in condizione, nessuna squadra in Italia può offrire tanta esperienza e vissuto come quello bolognese: Teodosic-Hackett-Shengelia-Belinelli ne hanno viste di cotte e di crude, e nella cinque giorni torinese hanno tenuto un clinic di cosa serva fare, come farlo e quando farlo per essere un roster vincente. Nessuno di questi ha l'autonomia di un tempo ma, con una sgasata all'inizio del terzo quarto con Venezia e un primo tempo d'antologia con Tortona, Bologna si è garantita l'accesso all'atto conclusivo nonostante un tabellone non banale. Di fronte, però, c'era la squadra del destino: nemmeno un Belinelli d'annata e la zona 3-2 del secondo tempo hanno evitato la vittoria assai preventivata (ironia) della testa di serie n°8;

- Chi sarà deluso ma non preoccupato dal risultato della Coppa Italia? In primis la Reyer Venezia. Gli orogranata arrivavano all'appuntamento di Torino a meno di 10 giorni dall'esonero di quello che era stato assistente e capo allenatore per i precedenti 13 anni. Di fronte una Virtus committed, in panchina uno staff che vorrà instillare principi di gioco differenti a De Raffaele, più adatti a un roster da transizione e switching che da esecuzione e zona. Anche se è difficile da accettare, ma occorre dare a Neven Spahija qualche bonus da sprecare. Le due semifinaliste perdenti, stando almeno alle dichiarazioni dei propri allenatori, hanno raggiunto il massimo possibile: sconfiggere squadre a loro inferiori, soccombere fisicamente di fronte a quintetti molto più freschi e in condizione rispetto a loro. La Bertam Yachts Tortona ha pagato caro le serate opache di Macura, Daum e Harper, mentre il solo Christon è bastato per aver la meglio di Trento. La difesa della Virtus, i continui mismatch spalle a canestro e un uso chirurgico del lato debole degli uomini di Scariolo han fatto il resto. Come spiegare una partita da 57 punti quando la tua media è di 86.0 (2° attacco del campionato)? Semplice: Pesaro è arrivata cotta all'appuntamento con Brescia, pagando la serata opaca di Abdur-Rakhman e l'annullamento totale del post di Charalampopoulos operato dalla difesa di Magro;

- Chi esce con più interrogativi dalle Final 8? Inevitabile non partire dall'Olimpia Milano: la squadra di Messina paga un approccio indecente con Brescia, riesce a mettere addirittura la testa avanti grazie a un terzo quarto di puro status ma perde di horto muso, stritolata dalla difesa di cambi orchestrata da Magro. Difficile salvare qualcuno, staff in primis: l'infortunio di Hall (si parla di 4 mesi di stop), unico stakanovista in grado di coprire tutti i buchi di un'annata tragica, è il simbolo di come una cosa nata male possa crescere anche peggio. Consentiteci un paragone transdisciplinare: la Dolomiti Energia Trento è l'Udinese della LBA. Dopo anni nei quali era difficile spiegare le vette raggiunte se non con un'oliatura perfetta dei meccanismi, non appena un ingranaggio muta è tutta la catena a pagarne le conseguenze. Non è più la Trento di Buscaglia: la squadra di Molin è la decadente e malinconica versione della Trento di qualche anno fa, il bianconero è diventato grigio. La sconfitta nel quarto sulla carta più equilibrato non avrà lasciato Varese col sorriso sfacciato che Masnago è tornato a mostrare sul volto dall'arrivo di Matt Brase: il roster, complici anche i problemi persistenti al ginocchio di Reyes, è oggettivamente troppo corto per sostenere il peso della pressione nei momenti più importanti. L'estremismo tattico dell'ex Rio Grande Valley Vipers è l'ideale per ridare entusiasmo a una piazza che si nutre dell'esaltazione, per iniziare un progetto a lungo termine è il miglior viatico. Una lezione da mandare a memoria, nonostante il breve tragitto delle Final 8;

- Non si possono menzionare alcuni singoli che, nel bene o nel male, hanno fatto parlare di sé durante la settimana del Pala Alpitour. Uno per squadra: Shabazz Napier stecca la prima partita in maglia Olimpia, tolto dalla partita dalla pressione sulla palla degli esterni della Germani e con un mirino grosso così nella metà campo difensiva; Matteo Spagnolo, il cui infortunio si spera non sia troppo lungo, unico reale motivo d'interesse per guardare l'altrimenti solita, vecchia Trento; Jaron Johnson, croce e delizia della Openjobmetis, cartina tornasole dei parziali e delle onde emotive di Varese; Vasilis Charalampopoulos, chirurgico nel quarto di finale contro la squadra di Brase e annullato dalla difesa bresciana in semifinale, emblema del role player alla Vezenkov che nella serata buona ti svolta la partita e in quella cattiva meriterebbe di sedere 40'; Derek Willis, chiamato a caricarsi sulle spalle il pace più elevato che Spahija sembra voler impostare a Venezia che contro la Virtus ha avuto efficacia per i primi 20'; JP Macura, assente ingiustificato nella kermesse piemontese, variabile impazzita che è mancata a Tortona per confermare la storica difficoltà di Bologna nell'accoppiarsi con la squadra di coach Ramondino; John Petrucelli, ovvero il perché si può essere MVP della partita con soli 11 punti e il 20% da 3 se la sola presenza sul parquet cambia i connotati della difesa, permettendo a Brescia di confermarsi un roster dai picchi altissimi se incrociata nelle serate in cui l'intensità e l'atletismo salgono di livello (Eurocup, stiamo parlando di te); Marco Belinelli, non confinato nell'intendere di essere ormai un veterano specialista dal minutaggio contingentato ma giunto al volerlo dimostrare a coach Scariolo, ai detrattori che sottolineeranno sempre le deficienze difensive e ai marcatori avversari che gli concederanno anche un solo centimetro sulle uscite dai blocchi o lontano dalla palla. MVP romantico delle Final 8.

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Bergamasco dall'ultimo refolo del secolo scorso. Laureato in Lettere obtorto collo, lontano dall'essere inquadrato e istituzionalizzato. Attualmente anoressico e depresso, ma ci stiamo lavorando. Calcio, pallacanestro, tennis, ciclismo, chi più ne ha più ne metta: lo sport è evento, storia, emozione, comunicazione. Vita, in parole povere.

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