Logo sportellate
Kvaratskhelia esulta dopo il gol al Sassuolo
, 18 Febbraio 2023

Kvaratskhelia vs Sassuolo, o della violenza della creatività


Una partita che ci ha svelato un altro pezzetto del mistero di Kvaratskhelia.


A guardarlo bene, Khvicha Kvaratskhelia ha tutti i crismi dell'antieroe. È alto ma non slanciato; la barba incolta gli si infittisce sulle guance come per ricordarci la sua adolescenza; la corsa ingobbita; lo sguardo a metà tra il nevrotico e il contemplativo. La sua presenza in campo difficilmente è ammantata della grazia dei migliori calciatori del mondo. I passi con cui si muove sono truci, il modo in cui vive la partita è tormentato come un personaggio di Dostoevskij. Per Kvaratskhelia il calcio non è estetica, quanto una sfida continua con se stesso e i difensori. Non sembra interessargli creare cose bellissime in sé, ma semplicemente creare cose nuove. Esprimersi attraverso il calcio.

Aver segnato di testa, di destro e di sinistro dopo appena due giornate ha alzato il livello delle aspettative. A ogni partita Kvaratskhelia vive la gioia tormentata con cui un artista muore con l'uscita di un disco e rinasce con la scrittura di quello successivo. Nel gol segnato ieri al Sassuolo, però, questo discorso ha raggiunto i toni assoluti che generalmente riserviamo alle manifestazioni calcistiche tendenti al divino.

In quel gol non c'è niente di organizzato. Il Napoli era in controllo del possesso da un po', ma non aveva ancora calciato verso la porta di Consigli. Dopo essersi ricompattato per chiudere una pericolosa transizione di Laurienté, torna a palleggiare in modo un po' nauseante. A un certo punto Olivera scarica in diagonale per Kvaratskhelia; quello si era staccato dalla marcatura di Zortea e in effetti servirlo sembrava un'ottima idea, se non fosse che Maxime Lopez si era già mosso per chiuderlo, avendo capito tutto in anticipo. Lopez si pianta con il corpo per intercettare il pallone, ma non lo trova.

In quell'istante Kvaratskhelia lo anticipa e si alza appena il pallone per portarselo avanti col destro. Non è un sombrero, un numero che gli avrebbe reso difficile la conduzione, ma un dribbling minimale. Kvaratskhelia usa la materia, in questo caso il vantaggio di Lopez, per ingannarlo. Tutto ciò che si muove meccanicamente – gli avversari, il pallone, i suoi piedi – viene usato da Kvaratskhelia per il suo prestigio nascosto, l'impulso alla creazione che nasce nella sua mente con il fischio iniziale di ogni nuova partita.

Evitando il tackle piuttosto disperato di Laurienté con un breve salto e sterzando due volte su Erlic prima di imbucare l'angolo destro di Consigli, Kvaratskhelia ha brutalizzato l'attesa per la manifestazione del collettivo per cui guardiamo il calcio. La meraviglia per le strutture pensate dagli allenatori, lo spirito di squadra che porta al sacrificio dell'individuo per il gruppo. Il gol di Kvara contiene tutta l'assurdità di un'azione interamente personale. È un gol di una supremazia tecnica violenta, che annichilisce la dialettica tra sé e gli altri ventuno giocatori in campo. Come se con quel gesto ci dicesse: ok, io ci gioco pure con voi, ma voi non mi servite a un cazzo. Kvaratskhelia ha avverato il sogno di qualsiasi bambino che inizia a giocare a calcio, ha segnato eliminando tutti gli ostacoli tra sé e la porta. E lo ha fatto da solo, con il proprio talento, la propria visione di gioco.

Pochi giorni dopo la vittoria del Napoli contro il Liverpool, a inizio settembre, ha spopolato la gif dell'esultanza di Kvaratskhelia al gol di Simeone. Si porta le mani alle orecchie, mima alla telecamera (e allo stadio) che non sente e inarca la bocca in una smorfia oggettivamente strana. In quel momento Kvaratskhelia sembra l'essere più prossimo a Rodion Raskolnikov, il protagonista di Delitto e Castigo che di fronte all'omicidio della vecchia usuraia e di sua sorella si scinde: da una parte è convinto di aver agito moralmente, dall'altra culla un macabro desiderio di farsi punire per espiare le proprie colpe. Kvara è circondato dalla stessa duplice aura gioiosa e funerea. Il talento violento con cui da semi-sconosciuto seppellisce i resti di un Liverpool in declino fanno da contraltare alla freschezza di un 22enne già diventato idolo di una tifoseria avara di successi, disposta a portare in trionfo ogni suo singolo gesto e consegnarlo alla storia. Nei momenti di dominio tecnico di Kvaratskhelia in quella partita – sublimati nella croqueta inflitta a Fabinho a metà del primo tempo – abbiamo realizzato che non avevamo mai percepito il Liverpool così invecchiato. La violenza di Kvaratskhelia ha stracciato il velo sui problemi difensivi di Alexander-Arnold, sullo scarso approccio mentale della squadra di Klopp.

Eppure mi sembra che sottovalutiamo l'impatto psicologico di Kvaratskhelia. Quando conduce tiene il pallone sempre attaccato al collo del piede e il suo corpo, a primo acchito pesante e statico, ondeggia con una legnosità che tiene in sé qualcosa di elegante. La corsa di Kvara è pura e infantile e allo stesso tempo aggressiva, come quella delle tigri del Bengala. Kvaratskhelia non stacca mai gli occhi dalla palla, la sua azione è lacerante come se agisse in preda a un raptus omicida. È per questo che la danza infernale a cui costringe Erlic – che sembra pensare: "eccolo, calcia col destro, no rientra sul sinistro, no: mi ha fottuto" – somiglia alla volontà d'arte primordiale e violenta degli artisti espressionisti. Un istinto primitivo per la creazione, per un'arte esteticamente brutale ma che è pura espressione di sé. Un'arte performativa, non figurativa. Kvara non alza mai lo sguardo, ma riesce a ruotare la gamba destra quanto basta per incrociare il tiro esattamente nell'angolo basso di Consigli. La sua azione sgraziata ma efficace come la pittura "selvaggia" dei Fauves francesi.

Se ci siamo innamorati del suo gioco con la palla, dei suoi tunnel e delle sue roulete, dovremmo iniziare a parlare di Kvaratskhelia anche per questa sua vena artistica. Che è quella che attribuiamo ai giocatori più grandi: la capacità di vedere cose che il nostro cervello elabora solamente a posteriori, un intuito per la giocata libero da sovrastrutture tattiche e collettive. A fine dicembre, intervistato da Dazn, gli avevano chiesto se avesse paura del fatto che i difensori avevano iniziato a studiarlo. Aveva risposto: «Non sono cose che impari in video o in allenamento. Tutto ciò che studieranno e analizzeranno di me non gli potrà mai essere utile. Lavoro molto su me stesso, cerco sempre nuove soluzioni, nuove giocate». Al contrario della retorica che vuole i difensori distruggere gli attaccanti, sfidarli sul piano fisico per picchiarli e scoraggiarli, il calcio di Kvaratskhelia è profondamente antitetico a questo punto di vista. Soprattutto, ha a che fare con il concetto di imprevedibilità, di invenzione continua.

Tre minuti dopo il gol, riceve sulla fascia sinistra con i piedi sulla linea. Finge di andare incontro al pallone per lanciarselo sulla corsa e fa inciampare Zortea come se fosse al quinto drink. Poi, una volta che quello rientra, sterza di nuovo sul destro e crossa per Osimhen. Leggermente impreciso. Al 36esimo è ancora lui a pressare al limite dell'area del Sassuolo e a servire una trivela per l'inserimento di Osimhen sul secondo palo, ma il suo colpo di testa finisce alto di poco.

Prima di uscire, nella ripresa Kvaratskhelia trova il tempo di mandare ancora in porta Osimhen – ieri sera più impreciso del solito – e piegare Zortea alla propria volontà, con un paio di iniziative che i suoi compagni non sfruttano. In tutte queste azioni sta la dimostrazione più pura della sua supremazia.

Dei calciatori più grandi al mondo sottolineiamo la capacità di sacrificarsi per l'organizzazione di squadra, di brillare in contesti corali. Vale lo stesso per Kvaratskhelia, che beneficia del calcio di posizione di Spalletti e dell'intensità tecnica di Lobotka, Mario Rui, Zielinski e della ferocia di Osimhen. Allo stesso tempo, però, è impossibile non parlare di come sia lui, a 22 anni e alla prima esperienza in un campionato europeo, ad aver migliorato il Napoli, ad averlo reso competitivo contro ogni squadra al mondo. Fino a realizzare gol spettacolari e divini come quello di ieri, gol che sembrano riecheggiare della promessa di una redenzione collettiva.


  • Nato a Giugliano (NA) nel 2000. Appassionato di film, di tennis e delle cose più disparate. Scrive di calcio perché crede nella santità di Diego Maradona. Nel tempo libero studia per diventare ingegnere.

Ti potrebbe interessare

Khvicha Kvaratskhelia, un fulmine a ciel sereno

Inter: Frattesì o Fratteno?

Fate presto, la Supercoppa sta morendo

Il 2024 del calcio femminile italiano

Dallo stesso autore

Khvicha Kvaratskhelia, un fulmine a ciel sereno

Carlos Alcaraz, una specie di Prometeo

Dani Olmo agente del caos

Lettera d'amore a Fabián Ruiz

Turchia-Georgia: gioia, difetti e spettacolo

Two Barella is megl che one

La lezione che ci ha dato Gian Piero Gasperini

Attenti a Saelemaekers

Le squadre di calcio hanno un DNA?

Toni Kroos, lo stratega

Newsletter

pencilcrossmenu