Il Milan ha vinto con una grande prova difensiva
In Milan-Tottenham i difensori rossoneri sono stati assoluti protagonisti.
Milan e Tottenham sono arrivate all’appuntamento più importante della stagione nel pieno di una crisi che ha messo in discussione le panchine dei due allenatori. Entrambe le squadre si sono avvicinate alla partita cariche di orgoglio per il ritorno a un palcoscenico così importante – il Milan mancava dalla fase a eliminazione della Champions dal 2014 – ma anche con la sensazione che la partita arrivasse nel momento sbagliato; che tutto l’hype per l’evento fosse quasi una distrazione, per due squadre in questo momento più preoccupate a conquistarsi un posto nella prossima Champions attraverso il campionato, che non a ricavare qualcosa di grande dalla Champions in corso. Se nell’altra partita della serata si sfidavano due squadre con ambizioni grandiose come PSG e Bayern Monaco, Milan-Tottenham poteva sembrare un evento in tono minore. Il lato B di un vinile destinato a restare nella nicchia rispetto al grande successo di classifica inciso sul lato principale.
Negli ultimi mesi l’energia che ha portato Pioli e Conte a chiudere la scorsa stagione in crescendo pare essersi esaurita. Il Tottenham, in particolare, si è scolorito in un gioco reattivo e poco esaltante, che ha perso la solidità difensiva e l’esuberanza delle transizioni offensive che rendeva il primo Tottenham di Conte una squadra a suo modo frizzante. È anche per questo che Milan-Tottenham è sembrata lontana dallo standard estetico che associamo alle partite europee, fatto di ritmi alti e pressione forsennata. Al contrario, è sembrata l’über-partita italiana: intensità bassa, due squadre che giocano con varianti di 3-5-2, che difendono con blocchi medio-bassi e ripartono veloci in verticale. E allora appare ancora più straniante che il Milan abbia avuto la meglio di una squadra di Premier League battendola sull’aggressività, con le uscite alte a uomo dei suoi difensori sugli attaccanti avversari e la capacità di vincere i duelli individuali.
La ritrovata aggressività del Milan
Da alcune settimane Pioli ha pensato di affrontare la crisi del suo Milan nel modo più italiano possibile: rifugiandosi in un 3-5-2 reattivo e abiurando tutte le idee audaci che rendevano il suo stile di gioco tra i più freschi d’Italia. Contro il Tottenham il tecnico ha confermato il nuovo modulo ma l’approccio alla partita è cambiato in chiave decisamente più aggressiva. Se contro l’Inter, ad esempio, nella prima partita giocata col 3-5-2 il Milan aveva rinunciato a ogni tentativo di recuperare il pallone in alto e si era seduto a difesa della propria area, contro il Tottenham si è rivista l’applicazione di meccanismi di difesa proattivi.
Al 36’ il portiere Forster riceve un retropassaggio da Dier e in un attimo si vede arrivare contro a tutta velocità Giroud. Il portiere può solo allargare per Lenglet, il braccetto di sinistra della difesa del Tottenham, che a sua volta è costretto a giocare velocemente a causa della pressione di Brahim Diaz. Nel momento in cui Lenglet riceve il pallone, ogni riferimento del Tottenham è marcato a uomo da un giocatore del Milan: i due braccetti Lenglet e Romero sono controllati dai trequartisti Diaz e Leão, i centrali di centrocampo Sarr e Skipp dai loro omologhi Krunic e Tonali, i quinti di centrocampo dai loro corrispettivi e così via. Il Milan, in sostanza, si oppone al Tottenham con una serie di 1 contro 1 a tutto campo, i cui accoppiamenti sono definiti “a specchio” per la forma speculare dei due schieramenti.
Lenglet comunque è bravo a non buttare il pallone ma a trovare un corridoio interno per Son che si è abbassato nel mezzospazio sinistro. È qui però che la tagliola del pressing del Milan si chiude e permette di recuperare il pallone. Kalulu, il braccetto di destra del Milan, ha seguito Son a uomo fin quasi al limite dell’area offensiva e gli impedisce di girarsi; e anche quando sugli sviluppi Perisic serve in verticale Kane, quello è costretto a ricevere con Kjaer francobollato alle spalle che gli fa fallo e costringe il Tottenham a ripartire da zero. Insomma, nella stessa azione due dei tre centrali milanisti si sono spinti ben oltre il centrocampo per togliere l’aria al proprio avversario e impedirgli di girarsi fronte alla porta.
Va detto che il Milan non ha pressato il Tottenham sempre così in alto. Sulla costruzione dal basso degli inglesi, il Milan solitamente si compattava a un’altezza media con un blocco corto – i quinti all’altezza dei tre centrali, una linea Tonali-Krunic-Diaz a chiudere il centro e un’altra Leão-Giroud poco più avanti. È quando nell’azione subentravano i tre attaccanti del Tottenham che i centrali del Milan rompevano la linea e uscivano a uomo con una certa aggressività. L’intento del Milan era semplice: costringere Son, Kane e Kulusevski – i tre giocatori più pericolosi del Tottenham – a ricevere sempre e solo spalle alla porta e in situazioni di palla coperta, così da poter portare la pressione in alto senza troppi effetti collaterali. C’è da dire che nell’eseguire questo piano il Milan ha avuto le cose semplificate dal Tottenham stesso. Il Tottenham non ha meccanismi di costruzione dal basso particolarmente sofisticati, e anche per l’assenza di entrambi i mediani titolari – Hojbjerg e Bentancur, sostituiti ieri da Sarr e Skipp, poco più di 300’ in due quest’anno in Premier – l’unico strumento di risalita del campo erano i movimenti di Kulusevski, Kane e soprattutto Son ad abbassarsi per aiutare la costruzione. Mai però i tre attaccanti, marcati a uomo rispettivamente da Thiaw, Kjaer e Kalulu, e costretti necessariamente a ricevere spalle alla porta, sono riusciti a girarsi e impostare a palla scoperta.
Kalulu esce aggressivo su Son, sul recupero palla il Milan riparte in transizione con Leao.
Anche la partita col pallone il Milan l’ha impostata sull’aggressività e i duelli individuali. Seppure ci sono stati dei momenti in cui ha costruito dal basso e gestito il possesso con prudenza, i principali pericoli il Milan li ha costruiti verticalizzando rapidamente e attaccando poi le seconde palle con molti uomini. Così ha costruito il gol vittoria: una verticalizzazione di Thiaw, Theo Hernandez che vince il duello aereo su Romero e tira in porta, Brahim Diaz che si fionda sulla respinta del portiere e ribatte in rete in due tempi.
Al Tottenham è mancato un piano B
Se Pioli ha accettato così coraggiosamente che i suoi centrali affrontassero in parità numerica il tridente del Tottenham è anche perché conosce i limiti dei suoi avversari. Il Tottenham è oggi una squadra dal "gioco meccanico e poco propositivo," come l’ha definita Alessandro Giura poche settimane fa. Una squadra che fatica a essere pericolosa nell’ultimo terzo di campo, e che se non fosse per l’eccezionale senso del gol di Kane avrebbe serie difficoltà a convertire le occasioni poco pulite che crea. In Premier League il Tottenham è quintultimo per xG per tiro (dato Fbref) e anche la strana stagione di magra di Son e Kulusevski – 4 e 2 gol rispettivamente fin qui in campionato – è una spia dell’aridità offensiva della squadra.
Contro il Milan il Tottenham non ha praticamente mai creato pericoli alla porta di Tatarusanu né è mai riuscito a penetrare in area coi suoi esterni offensivi. Kulusevski e Son hanno toccato complessivamente solo 3 palloni nell’area del Milan. Il Tottenham riesce a essere pericoloso solo quando i suoi esterni offensivi possono correre in campo aperto, dal momento che in situazioni di attacco posizionale la loro influenza si normalizza. Ed è esattamente questo il contesto che si è venuto a creare contro il Milan: il Tottenham che fa girare palla soprattutto in orizzontale da una fascia all’altra, e Kulusevski e Son che, privati della profondità, devono venire incontro a prendersi il pallone, svuotando però l’area e giocando uno spartito che non valorizza le loro qualità.
A offrire un’alternativa al Tottenham non è servita nemmeno la buona partita di Pape Matar Sarr, centrocampista senegalese che con Conte finora non aveva quasi mai visto il campo. Sarr ha offerto una regia discreta e pulita, giocando a pochi tocchi e facendo le cose semplici – ma facendole bene. È una mezzala di raccordo, un semplificatore di gioco che si muove tanto e fa da contrappunto al possesso della squadra, mettendo un cambio di campo qui, un tocco di alleggerimento là. Manca però della creatività per rendere imprevedibile l’azione e non è certo a lui che si può chiedere di risolvere i problemi del Tottenham in rifinitura. Chi invece poteva fare di più sono i due esterni di centrocampo: Perisic e Emerson Royal. Mai davvero in partita, non sono mai riusciti ad allargare le maglie della difesa del Milan e aprire spazi per i tagli interni di Kulusevski e Son.
In sostanza per vincere la partita a Pioli è bastato costringere Kulusevski e Son a un mero gioco di raccordo lontano dalla porta. Anche Kane, il miglior centravanti al mondo nel venire incontro sulla trequarti e giocare di sponda, non è riuscito a creare granché con la sua visione da regista offensivo, sempre braccato da Kjaer e dalla sua marcatura opprimente come uno zaino sulle spalle. Alla difesa del Milan di fatto è bastato una marcatura a uomo dei suoi difensori sugli attaccanti avversari per sterilizzare il Tottenham. Una strategia primitiva, lineare come poteva esserlo una tattica di inizio ’900, quando il calcio era un gioco di duelli individuali a tutto campo tra coppie prestabilite di calciatori.
Questo contesto di difesa con riferimento esclusivo sull’uomo ha valorizzato al massimo le qualità dei difensori del Milan – più a loro agio nel difendere il corpo dell’avversario che nel difendere lo spazio. In particolare, Malick Thiaw si è distinto come uno dei migliori in campo. Il centrale tedesco fino a poche settimane fa era uno dei simboli dell’enigmatico mercato del Milan: poco utilizzato nelle rotazioni, ci si chiedeva come mai Pioli gli preferisse Gabbia, un giocatore senza ormai futuro in squadra. Thiaw ha giocato per la prima volta tutti i 90’ nella partita con il Torino di pochi giorni fa, e con il Tottenham al debutto assoluto in Champions League è riuscito a disinnescare del tutto Kulusevski. Thiaw è stato il migliore della partita sia per contrasti vinti (7 su 9 tentati) sia per intercetti (3). In più ha mostrato discrete qualità col pallone tra i piedi, tra qualche breve conduzione e il lancio per Hernandez da cui è scaturito il gol.
La potenza leggera di Leão
Davanti alla pesantezza cosmica della manovra del Tottenham, alcuni momenti del Milan hanno dato l’idea di riverberare di una leggerezza ulteriore. In quei momenti il pallone era quasi sicuramente tra i piedi di Rafael Leao. Nelle ultime settimane il cattivo stato di forma del Milan è coinciso con un calo del suo leader tecnico, contro il Tottenham, però, Leão ha offerto una partita all’altezza del giocatore che è ormai diventato – uno in grado di influenzare un ottavo di finale di Champions League attraverso la pura tecnica, cioè. Al 54’ Leão ha ricevuto una verticalizzazione di Theo. Aveva Skipp e Romero nei dintorni, mentre aspettava che qualche compagno attaccasse la profondità e lo aiutasse nella transizione. Leao è sembrato rallentare, forse volersi fermarsi per tornare indietro e consolidare il possesso. Invece improvvisamente ha cambiato passo facendo scontrare goffamente i suoi due marcatori e aprendosi lo spazio per servire Diaz al centro della trequarti.
È uno di quegli strappi di Leão particolarmente appariscenti, ma in verità la sua partita è stata piena di cose più piccole e preziose di così: controlli orientati, piccole fine, resistenze alla pressione in spazi stretti. Davanti all’impossibilità per Son e Kulusevski di girarsi fronte alla porta e scaricare la loro energia nello spazio, la leggerezza con cui Leao è riuscito a ogni singolo pallone toccato a liberarsi della pressione e inclinare il campo alla sua corsa è sembrata irrispettosa. Le conduzioni – non solo di Leao ma anche di Theo e di Tonali – lo sappiamo, sono un’arma classica del Milan di Pioli, ma ieri sono state uno strumento attraverso cui si è vinto o perso la partita; la discriminante tra un Milan che ha saputo usare la tecnica per surfare tra le linee avversarie e distorcerle a suo piacimento, e un Tottenham pesante e ingessato che non è mai riuscito a venir fuori dalla pressione avversaria nemmeno con la qualità individuale.
Milan-Tottenham è stata forse una partita “minore” del tabellone corrente della Champions, tra due squadre che devono fare ancora parecchia strada prima di pensare di competere con le migliori squadre d’Europa. In un San Siro strapieno, eccitato per il ritorno del Milan in un ottavo di Champions dopo tanti anni, però, è andata in scena una piccola rivincita della nostra Serie A che troppo spesso raccontiamo come un campionato lento e medievale. Per una volta la squadra con più qualità e più intensità in campo è stata quella italiana.
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