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Illustrazione di Samuele Ricci
, 10 Febbraio 2023

Ricci ha cambiato il Torino (e viceversa)


Quest'anno il centrocampista è diventato un fulcro della squadra di Juric.

Per Urbano Cairo il mercato di gennaio è solitamente riservato all'acquisto di usato sicuro o di carneadi stranieri. È per questo che, quando a gennaio 2022 ha presentato l'acquisto di Samuele Ricci dall'Empoli, i tifosi del Torino non hanno potuto che restare sorpresi. L'acquisto di giovani talenti italiani non è mai stata una prerogativa del presidente granata, e infatti i casi precedenti a Ricci risalivano ad acquisti storici, come Belotti e Zappacosta. Seppure i 10,5 milioni spesi hanno reso Ricci uno degli investimenti maggiori dell'era Cairo, l’operazione pare aver sorriso al Torino e oggi possiamo dire che, a un anno di distanza dal suo arrivo sotto la Mole, Ricci si è preso le chiavi del centrocampo granata e ha consolidato il suo status tra i convocati in nazionale.

A Empoli Ricci rappresentava il classico giovane di belle speranze ancora in cerca d’autore – o, meglio, di una connotazione tattica definita. Se Dionisi alle prime apparizioni in prima squadra lo aveva utilizzato principalmente da mezz’ala, è stato Aurelio Andreazzoli a impostarlo regista, puntando sulla capacità di Ricci di controllare la palla con entrambi i piedi e la sua inclinazione per cambiare gioco rapidamente. Le qualità che lo rendevano l'ideale platonico di playmaker per un centrocampo a rombo come quello dell'Empoli. Quando ha debuttato con la maglia del Torino, ormai un anno fa, Ricci aveva già giocato 21 partite in Serie A con l'Empoli di cui era diventato un perno della manovra. Non a caso, al momento della cessione, Andreazzoli si era detto dispiaciuto di averlo perso.

Eppure l'impatto con il Torino di Juric non è stato esattamente all'altezza dell'hype da golden boy che Ricci si portava dietro. Quando Samuele Ricci è arrivato al Torino, la rivoluzione metal di Juric viveva uno dei suoi momenti migliori. Juric aveva ereditato una rosa stantia, reduce da anni di stagioni semi-tragiche, che neanche il mercato estivo era riuscita a rinnovare. Il suo gioco, però, fatto di un'aggressività e un dispendio energetico che Emanuele Atturo su L'Ultimo Uomo aveva descritto come "satanista", aveva mascherato i limiti della squadra e i risultati gli davano ragione. Finalmente il Torino era tornato a lottare per stabilizzarsi nella parte sinistra della classifica, ma lo aveva fatto con un gioco rispetto a cui Ricci sembrava antitetico.

Come se non bastasse, il centrocampo granata era sorretto già da 3 giocatori che avevano imparato quello spartito a menadito, avendo caratteristiche fisiche e tecniche ideali per suonarlo. Mandragora, Lukic e Pobega davano in tutte le fasi di gioco un'interpretazione fisica al ruolo di centrale di centrocampo in linea con le richieste di Juric. Pressare, strappare, rifinire seguendo la strada più diretta possibile. In questo contesto, Ricci coi suoi tocchi fini al pallone appariva ancora più fragile. Il più elegante tra i suoi compagni, certo, ma anche quello meno dinamico, meno fornito di ferocia: in un calcio hardcore come quello di Juric, Ricci sembrava un violino. Trovare il modo di inserirlo in squadra era un rompicapo, e infatti a fine stagione le sue presenze da titolare saranno solo 5.

Un anno più tardi, il 29 gennaio 2023, il Torino affronta l'Empoli al Castellani. Ricci viene da un'onda lunga di ottime prestazioni, ma in questa partita – sarà pure per l’aria di casa del suo vecchio stadio – segna il primo gol con il Toro ed è indiscutibilmente il migliore in campo.

Nel corso della Serie A 2022/23 Ricci è diventato un perno insostituibile del centrocampo granata. Quanto sia centrale nella manovra del Torino lo dice il fatto che è il centrocampista che tocca più palloni in squadra, quello con la migliore percentuale di passaggi riusciti – con il 90,1% è anche il primo tra i centrocampisti italiani di A – e quello con il delta tra duelli vinti e duelli persi migliore – 58 vinti/34 persi (dati Kickest). In pochi mesi Ricci è passato dall’essere un centrocampista da adattare a essere il fulcro del gioco di Juric. E questo è avvenuto perché il gioco di Juric, semplicemente, è cambiato in funzione delle qualità di Ricci.

Struttura in pressing del Torino di Juric
La struttura in pressing del Torino di Juric (Fonte: AIAPC)

Il primo Torino di Juric, quello in cui Ricci è arrivato a stagione già avviata, era una squadra che provava a rubare palla il più vicino possibile alla porta avversaria e nei primissimi istanti in cui la perdeva: teneva un baricentro degli interventi difensivi decisamente alto (54,6 metri), ricorreva al fallo sistematico (di gran lunga la squadra più fallosa del campionato), faceva leva sulle grandi qualità fisiche dei propri difensori – Bremer su tutti – per anticipare, strappare, sporcare le ricezioni degli avversari e accorciare sempre in avanti. Col suo pressing e contro-pressing asfissiante, il Torino ha chiuso il campionato al secondo posto per PPDA e al primo per Build-up disruption, le due statistiche che misurano intensità ed efficacia del pressing alto (dati Soccerment). Insomma, il Torino 2021/22 era la versione più pura dell’integralismo del suo tecnico.

In questo contesto i centrocampisti di Juric dovevano avere soprattutto grandi qualità atletiche. L'obiettivo del Torino era recuperare il pallone in alto per poi attaccare velocemente la porta con transizioni brevi a cui dovevano partecipare anche i centrocampisti con gli inserimenti da dietro. È la pura applicazione dell'adagio di Klopp secondo cui "Il gegenpressing è il miglior playmaker": una regola utile anche ad aggirare le lacune tecniche di giocatori incapaci a creare occasioni pulite con il palleggio, la creatività, la tecnica. È a questo approccio iper-intenso che si devono i prodigiosi numeri offensivi dei mediani granata dell'anno scorso: secondo i dati Whoscored, Lukic, Pobega e Mandragora hanno tutti chiuso la stagione con almeno un passaggio chiave ogni 90 minuti – contro gli 0.5 di Ricci – e i primi due hanno messo a segno insieme 9 reti. Spesso la situazione in fase di recupero alto portava entrambi i mediani e i quinti a seguire l’azione al limite dell’area o addirittura dentro di essa, pronti a intervenire per tirare in porta.

Disposizione dei giocatori del Torino in seguito a un recupero alto
Situazione di recupero alto del Torino 2021/22: i due esterni Singo e Vojvoda seguono l'azione fino in area, Pobega taglia nell'area piccola e Mandragora accompagna restando al limite.

Oggi lo spartito rock del Toro di Juric non è diventato musica da camera, eppure l'aggressività è un po' meno forsennata: il baricentro in non possesso si è abbassato di qualche metro e la media di falli a partita è scesa da 17 a 14. In generale quest'anno i tentativi di recuperare palla aggressivamente fanno pendant con una costruzione dell'azione più ragionata, con meno ansia di verticalizzare subito. In questo, evidentemente, c’è tanto del violino di Ricci: oggi il Torino mantiene la stessa percentuale di possesso palla dello scorso anno – 53% circa – ma il centrocampista toscano più che come un pistone meccanico lavora come un cervello che aiuta a costruire l'azione, spesso andandosi a prendere la palla dal basso e distribuendola sul corto, senza l'intento di cercare subito la profondità.

Non è un caso che oggi Ricci sia terzo per percentuale di passaggi riusciti, se consideriamo i centrocampisti titolari del campionato, dietro a due metronomi come Lobotka e Amrabat e a pari merito con Rovella. I mediani granata, in sostanza, oggi hanno più compiti in costruzione della manovra che in conclusione e in inserimento rispetto all'anno scorso, forse anche per le caratteristiche dei fantasisti Miranchuk, Vlasic e Radonjic, molto più creativi col pallone tra i piedi dei loro predecessori Brekalo e Praet. In più, i centrocampisti centrali mantengono oggi un atteggiamento più prudente in fase di non possesso, restando a copertura dei fantasisti con compiti da interditori.

In questo Juric è stato bravissimo a notare le caratteristiche di Ricci e a cucirgli addosso un Torino diverso. Certo, è vero anche il contrario: come spesso accade ai giocatori che passano per le mani di Juric, Ricci ha imparato anche a battagliare nel mezzo e riporre il fioretto quando serve. Oggi il dato sui palloni recuperati di Ricci è simile a quello del suo predecessore Mandragora, con la differenza che il differenziale tra vinti e persi è tutto a favore di Ricci – 24 a 2, addirittura. Segno che l'approccio di Ricci alla difesa ha meno a che fare con la quantità, con la mole di interventi, e più con le letture. Sotto la guida di Juric, Ricci ha abbinato ai compiti di regia un’attitudine da incontrista che al suo arrivo sotto la Mole non sembrava possedere, ed è diventando un centrocampista più moderno e totale.

Dove può migliorare, rispetto a ciò che facevano Mandragora e Pobega, è nella creatività nella trequarti offensiva: sia per reti e assist che per passaggi chiave, i numeri di Ricci sono oggi inferiori a quelli dei suoi predecessori. Molto naturalmente deriva dalla diversa fisionomia della squadra, ma quello di alzare leggermente il proprio raggio d'azione sembra un upgrade che Ricci ha nelle corde, e che gli permetterebbe anche di valorizzare meglio le sue abilità balistiche per i tiri da lontano. In recenti interviste Ricci ha affermato che questo è il prossimo step richiestogli da Juric, e proprio contro l'Empoli si è già vista qualche anteprima. All'82' ha segnato il suo primo gol col Torino con un gran tiro dai 25 metri, e in generale ha mostrato un dinamismo nuovo negli inserimenti senza palla. Nel video qua sotto, ad esempio, Ricci prende il palo dopo aver attaccato la porta su un cross proveniente da sinistra.

Gli highlights di Empoli - Torino. Al minuto 1:24, il gol da fuori area di Ricci.

I segnali di un primo avvicinamento di Ricci alla porta avversaria si vedono anche nel fatto che prova più tiri: in questa metà di stagione Ricci ha già tirato di più rispetto all'intera stagione scorsa (15 tiri contro 14). Insomma, quell’autore che cercava, Ricci lo sta trovando in Juric, e la sensazione è che il lavoro che il suo allenatore sta facendo su di lui potrebbe avvicinare Ricci a una forma di centrocampista totale.

È evidente come Ricci stia crescendo ma non è ben chiaro a quale tipo di modello possa tendere. La sua qualità nel controllo palla e nella visione di gioco è superiore a quella di un incontrista, e al contempo la sua intelligenza nei posizionamenti a schermare la difesa è altrettanto notevole. Inoltre, Ricci è un playmaker che ama condurre il pallone (è nel 17% dei centrocampisti della A che percorrono più distanza con la palla al piede) e in questo senso la sua interpretazione di regista ha qualcosa dello stile di Lobotka. Insomma, sia le qualità attuali di Ricci sia le sue possibili evoluzioni tracciano il profilo di un playmaker molto variegato, con molte frecce al proprio arco e per questo non facilmente incasellabile.

Ricci è perfetto per la doppia fase: è dotato di buone qualità in costruzione e interdizione. A dirla tutta, oltre al modo in cui lo sta utilizzando Juric, Ricci potrebbe trovare una collocazione anche nel modulo che la Nazionale di Mancini ha proposto all’Europeo, con una coppia di interni in cui il regista alterna compiti di regia, di interdizione e di inserimento. Per quello però Ricci dovrebbe ancora migliorare in quelle qualità che ha scoperto di avere soltanto da poco - il dinamismo negli smarcamenti senza palla, la qualità nei duelli difensivi.

Che Ricci avesse talento lo si era notato da tempo e non siamo certo noi a scoprirlo: il suo nome figurava nella lista di Mancini già dai tempi di Empoli. Ma scoprire che il suo talento fosse abbastanza da far cambiare idea a un tecnico come Juric, un tecnico rigido sui sistemi e sulla filosofia tattica, è stato una sorpresa.

Dopo mezzo anno di apprendistato, Ricci ha acquisito al Toro una titolarità indiscussa. Lo ha fatto a suon di prestazioni e numeri che, ad oggi, lo collocano nel novero dei migliori centrocampisti della Serie A. Forte di questa investitura, in questa stagione Ricci sembra aver fatto un salto di qualità in termini di fiducia e mentalità, capitalizzando la pazienza avuta in passato. Di certo, a Torino trova l’ambiente ideale per crescere, con una tifoseria che lo ha aspettato e una pressione non esagerata ma neanche inesistente vista la storicità della piazza, le ambizioni comunque crescenti ed un tecnico che raramente si accontenta.

A 21 anni sarebbe ingiusto guardare a Ricci come un giocatore di prospettiva, e in questo senso forse dovremmo iniziare a rivedere la nostra idea distorta di gioventù. Quello che Samuele Ricci ci sta mostrando è invece la prova della sua maturità calcistica, la certezza che l'arrivo a palcoscenici di primo livello è solo una questione di tempo. Quanto tempo, non dipenderà che da lui.


  • Torinese e granata dal 1984, dopo una laurea in Filosofia, opto per diventare allenatore professionista di pallavolo, giusto per assicurarmi una condizione di permanente precarietà emotiva e sociale. Questa scelta, influenzata non poco dalla Generazione di Fenomeni che vinse tutto a cavallo degli anni 90', mi porta da anni a girovagare per l'Europa inseguendo sogni e palloni, ma anche a rinunciare spesso a tutto il resto di cose che amo fare nella vita: nei momenti di sconforto per fortuna esistono i libri, il mare, il cioccolato fondente e le storie di sport in cui la classe operaia va in paradiso.

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