
- di Andrea Giachi
Considerazioni sparse post terza serata di Sanremo
Con la maratona dei 28 brani la gara ritrova centralità e la serata scorre meglio. Brillano Mengoni e Colapesce-Di Martino, ma il migliore è la sorpresa Tananai che con delicatezza porta un messaggio forte. Male gli Articolo, i Modà e LDA.
- Si apre il trittico di serate destinate ai più coraggiosi, con tutti e 28 cantanti in gara e una scaletta che sfora le 2. L'aspetto positivo è che, con la gara al centro della scena, i momenti morti diminuiscono e risaltano meno anche i problemi di scrittura evidenziati nelle scorse puntate. Ad accompagnare gli ormai decisamente più rodati Amadeus e Morandi c'è Paola Egonu, portabandiera alle scorse Olimpiadi. Non è spigliata come Francesca Fagnani (sarebbe strano il contrario) e quando si impappina all'inizio del monologo verrebbe voglia di abbracciarla. Della sua presenza si è parlato tanto, forse troppo, perché come al solito da un lato c'era chi aveva interesse a trasformarla in una nuova paladina per cavalcare la sua onda (basta guardare i titoli delle sue interviste sui principali quotidiani generalisti), e dall'altro chi vedeva in lei e nelle sue uscite un po' naif un bersaglio semplice da attaccare. Alla fine tutto sommato se l'è cavata bene e adesso può tornare ad essere una delle più forti pallavoliste del globo, mentre ad altri toccheranno i libri con Daniela Martani e i travasi di bile:
- Gli ospiti sono gli ormai immancabili Maneskin - cui Amadeus continua (furbamente) a spremere ogni goccia di gratitudine per riaverli all'Ariston -, Tom Morello e un Alessandro Siani ormai autoreferenziale quanto Chiara Ferragni, che ci regala un monologo per nulla inflazionato su come ci hanno cambiato i social. Venendo alla gara, le canzoni sembrano generalmente di livello inferiore agli ultimi anni, ma questo potrebbe essere dovuto alla vasta presenza di brani "diesel", che richiedono più ascolti per essere apprezzati, e in effetti alcuni iniziano già ad ingranare. Va però detto che la stragrande maggioranza degli artisti in gara si è rifugiata nella propria confort zone, a volte sfiorando l'auto-plagio. Dato che abbiamo ascoltato tutti i brani in gara, è il momento del primo pagellone, rigorosamente in ordine sparso:
Colapesce e Di Martino 8 - Dopo "musica leggerissima" sfornano un altro tormentone, con un mix tra influenze retrò (vedi la intro à la Battisti) e sonorità innovative. Si confermano ottimi arrangiatori, hanno trovato la loro cifra stilistica, viaggiano tra ironia e malinconia e non si prendono troppo sul serio. Scommetterei su di loro per il premio della critica, per il quale dovrebbero aver sorpassato Grignani.
Mr. Rain 5,5 - Percepisce il rischio di esibirsi ad orari da Uno Mattina e trova l'escamotage per andare sempre a letto prima di mezzanotte, trascinando sul palco un coro di bambini. Del resto, "che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione".
Madame 7 – “il bene nel male” ha il pregio di rimanere subito in testa come un martello, anche se il prezzo da pagare è un testo decisamente ripetitivo. La preferivamo con “Voce”, ma il ritmo c’è e la sua interpretazione pure.
Articolo 31 5,5 - J-Ax in questi ultimi anni ha ampiamente completato la sua “istituzionalizzazione” e si è prestato a qualunque cosa che un tempo avrebbe guardato con ribrezzo: da The Voice ad Amici, passando per i tormentoni estivi per portare a casa un po’ di sani diritti SIAE. Il cerchio si chiude con questo pezzo nostalgico/passatista tipico di chi non ha né la verve di un tempo, né la capacità di rinnovare il proprio repertorio, tanto che nelle interviste continua a prendersela con “i poteri forti” e “le multinazionali”. Nel pezzo cerca l’assoluzione ripetendo più volte che adesso tiene famiglia: caro Alessandro, smettila di pensare che fare soldi sia una colpa (anzi), al massimo lo è presentare canzoni bruttine.
Tananai 9 – L’apparenza inganna. A un primissimo ascolto sembrava una semplice canzone d’amore, poi scopriamo che il videoclip è interamente girato con le immagini di un soldato ucraino e sua moglie, e il senso di ogni parola diventa più chiaro e più toccante. Con delicatezza e senza pietismi, ma soprattutto senza bisogno di gesti eclatanti o di strappare foto, è riuscito a portare sul teatro dell’Ariston un messaggio forte. E sì, è anche un messaggio politico, lo stesso che alcuni pseudo-intellettuali da salotti televisivi erano riusciti a boicottare. No, non sono solo canzonette.
LDA 4,5 - anche se porta un pop liceale, quantomeno sul palco non sfigura. La sua canzone però tende ad essere dimenticata nell'istante esatto in cui termina, il che non è esattamente un buon indicatore.
Paola e Chiara 4,5 - un’overdose di glitter, dance anni ’90, ballerini e rime semplici. Esattamente ciò che ci aspettavamo e di cui a quanto pare il twitter aveva bisogno. Coerenti, ma il ritorno sulle scene facendo il compitino di 20 anni fa -mentre il mondo è andato avanti- non sembra una grande idea.
Levante 6 - la caccia agli anni '90 prosegue anche qui. Un po’ synth massimalisti da giostrai, un po’ di cripticismo in stile Battiato epoca Gommalacca, porta un pezzo banalotto con un ritornello che aspira all'alta rotazione in radio.
Anna Oxa 6 - alla notizia della sua partecipazione già pregustavo cosa ci avrebbero potuto regalare i suoi profili social, a quanto pare gestiti magistralmente dall'ufficio stampa, e non sono rimasto deluso. Si sono toccate vette notevoli tra denunce di "violazione dei diritti della persona" (?), complotti orditi dalla stampa e accuse di analfabetismo a chi ha faticato a comprendere il brano "Sali", il tutto con una totale libertà artistica nell'andare a capo. Venendo alla canzone, il contributo di Francesco Bianconi le dà un eleganza e un tono aureo, che però lei trasforma in retorico. Impossibile darle l'insufficienza, anche per non rischiare di essere trascinati in tribunale.
Mengoni 8 - Fa un altro sport e si sente. Non sarà il pezzo più forte della sua carriera, ma dovrebbe bastare per bissare il successo di 10 anni fa.
Giorgia 6 - il brano che porta in gara è poco d’impatto e sembra quasi limitare le sue doti, anziché valorizzarla. Incredibile che non siano riusciti a trovare una canzone migliore per una delle più belle voci italiane, per giunta di ritorno a Sanremo dopo 22 anni. Che peccato.
Elodie 7 – Pienamente in stile Elodie, rimane in testa anche se il sapore di già sentito è molto forte. Come per Madame, si faceva preferire in “Andromeda” (manca la penna di Mahmood e si vede). Su come tiene il palco non si può eccepire nulla.
Lazza 7 – La base di Dardust è semplicemente ipnotica e fa almeno metà del lavoro. Lui non sfigura e anzi mostra una sorprendente precisione nella disciplina, anche se i puristi storceranno il naso per la sua abdicazione al genere che lo ha portato in vetta alla classifica degli streaming. In pieno clima sanremese, consegna anche i fiori alla mamma. Perfettamente integrato, candidato credibile per il podio.
Grignani 6,5 – Il suo è uno show nello show. Ferma l’esibizione a metà, si profonde in scuse, manda una carezza virtuale a Blanco e poi ricomincia da capo, per chiudere con un lancio di fiori da rockstar. Nella sua performance c’è tutto: talento, imperfezione, fragilità e umanità. Il pezzo non sarà indimenticabile, ma è molto intimo.
Ultimo 6 - Due cose che ormai sappiamo: sul palco ci sa stare e quell'espressione da "soffro solo io in questo mondo" è ormai parte della sua cifra artistica. Sentendo odore di televoto torna munito della sua coperta di Linus, il pianoforte. Meglio che nella prima serata, il brano parte bene ma ha la pecca di non arrivare mai all'apice.
Colla Zio 6 - Qualche rimando a "don't worry" di Madcon e delle movenze in stile One Direction. Non si capisce chi sia il frontman, a cosa serva quel sintetizzatore usato solo per metà o quella chitarra da falò sulla spiaggia, però portano un po' di freschezza sul palco e tutto sommato non fa male.
Leo Gassman 5,5 – Al pezzo continua a mancare qualcosa, forse la voce del suo autore. Ha stoffa, potrà rifarsi.
Coma Cose 6,5 - Un bel brano intimista e dall'arrangiamento minimale, anche se mancano le fiamme negli occhi.
Rosa Chemical 6,5 - Fa ballare e si candida a farlo anche durante l'estate. C'è molta più ironia che trasgressione, segno che le critiche preventive sono spesso un boomerang.
Modà 4,5 - riemergono dal dimenticatoio con un brano sulla depressione. Il tema merita rispetto e delicatezza, quindi limitiamoci a dire che il loro pop plastificato anestetizza anche una storia forte.
Mara Sattei 6 - Si presenta da interprete vecchio stile con una bella voce. Damiano dei Maneskin le dona un testo su amore finito con i lividi, ma ci aspettavamo un po' più di azzardo e di coraggio, date le ottime premesse (e la musica di Thasup).
Sethu 5,5 - cerca di seguire la scia (o la moda) del successo di Blanco, anche se sembra il cosplay di Francesco Mandelli ai tempi in cui lo chiamavano "nongio"
Shari 5 - Fa parte di quel gruppo di "carne da cannone" da Sanremo giovani destinata a esibirsi tardi e ad evitare le ultime posizioni a qualche nome "pesante". Ha il merito di distinguersi per il timbro particolare, ma sembra andare corta con il fiato. Andrebbe rivista con un brano più catchy.
Ariete (5,5) e i Cugini di Campagna (6) - migliorano a un secondo ascolto.
Will 4,5 - Ok, sei concorrenti da Sanremo giovani sono troppi e va detto. Decisamente banale, merita mezzo voto in più per l'educazione con cui si presenta sul palco.
gIANMARIA 6,5 - Del gruppo di Sanremo giovani è quello con il miglior testo e lo stile più riconoscibile. "E se correre fuori mi lascia fermo dentro, allora spero di stancarmi presto" è una bella strofa e mi ricorda che è tempo di chiudere perché sono le 2.30.
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Giornalista classe 90', da sempre innamorato della radio, ho diretto per 3 anni RadioLuiss e collaborato con varie emittenti in qualità di conduttore. Attualmente mi occupo di comunicazione d'impresa e rapporti istituzionali. Pallavolista da una vita, calciofilo per amore, appassionato di politica e linguaggi radiotelevisivi, nella mia camera convivono i poster di Angela Merkel, Karch Kiraly e Luciano Spalletti.
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