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5 min

- di Lorenzo Tognacci

Considerazioni sparse su "Babylon", l'ultimo film di Damien Chazelle


Che cos'è Babylon? È Kubrick, è Fellini, è Baz Luhrmann? No. È Miles Davis, è Tom Waits, è Jimmy Page. È Damien Chazelle che fa cinema. È il film di un musicista a cui è stato dato il talento di saper suonare uno strumento come la macchina da presa.


- Chazelle è un regista che apprezzo particolarmente, sarà per il suo stile di ripresa ma soprattutto sarà per il suo rapporto viscerale con la musica, che ho evitato fino alla mia personale visione del film di leggere qualunque tipo di critica o recensione a riguardo. Non volevo semplicemente avere alcun tipo di aspettativa e avere gli occhi, le orecchie e il cervello completamente vergini di fronte alla produzione più costosa e ambiziosa del giovane regista. Avevo visto il trailer, conoscevo le tematiche e l'ambientazione, ho sentito di sfuggita il commento di qualche amico appassionato ma niente di più. Uscito dal cinema, dopo aver letto qualche recensione come faccio sempre, mi do una pacca sulla spalla da solo per complimentarmi della scelta. Dopo aver letto DETERMINATE recensioni di pseudo-critici che tirano a campare costruendosi un personaggio à la cuoco cattivo di Masterchef, me ne do pure un'altra per avere la capacità di apprezzare ed emozionarmi di fronte a un colosso di 3 ore come questo e forse un po' mi rattristo per la vita evidentemente mesta e triste di certi soggetti. Nelle prime battute del film si sente una frase molto importante per approcciare al meglio Babylon: "i film ti fanno evadere". Inserita tra piani sequenza e carrellate di festini a base di droga, sesso e soggetti circensi a rappresentare l'incredibile sfarzo e la frenesia dell'industria hollywoodiana dell'epoca a cui tanti ambivano, è in realtà la prima chiave necessaria per quantomeno provare di apprezzare e comprendere Babylon. Devi accettare di evadere con lui, devi farti trasportare e quando il treno deraglia invece che iniziare a inveire contro il capotreno per le sue scelte scellerate devi semplicemente accettare il tuo destino con curiosità e voglia di metterti in gioco. E devi lasciare un po' da parte i preconcetti secondo cui il treno a una certa a causa della forza di gravità si schianterà ed esploderà, perché magari tra una pasticca blu e una rossa succede che il treno semplicemente cambia forma;

- La forma, proprio quella forma che Jack Conrad (Brad Pitt) indaga nel suo processo evolutivo, e che in Babylon è frastagliata e in penombra. Per decifrare questo secondo punto sfrutto un'altra frase presa direttamente dal film: "tutti gli artisti aspirano alla musica". I 189 minuti di pellicola ruotano attorno alle carriere e le vite di personaggi diversi, attorno alla vorace e frenetica industria cinematografica californiana, attorno a successi incredibili e rovine clamorose di ogni singolo personaggio presente. Se da spettatore approcciassi il film rimuovendo completamente l'audio, penserei che è semplicemente una pellicola che "omaggia", "critica", "satireggia" su Hollywood e i suoi paradossi con svariati riferimenti e citazioni cinematografiche illustri (salutiamo tutti Federico da Rimini). Se però prendo in considerazione l'incredibile comparto audio di Babylon, e mi metto in gioco come suggerivo prima, capisco che il primo senso con cui devo recepire Babylon non sono gli occhi ma le orecchie. L'elemento che più comunica, racconta e parla in tutto il film è proprio il sonoro, dalle bande jazz che occupano l'ambiente ai silenzi distrutti dai violenti suoni di scena è importante capire che la forma di Babylon non è principalmente visiva ma sonora. Il tutto è ovviamente rafforzato ed estremizzato all'ennesima potenza dal grande turning point centrale del film che è, ovviamente, il decadimento del cinema muto in favore del cinema sonorizzato. Babylon è quindi un film che omaggia il cinema? No, Babylon è un film che omaggia la dimensione e la forma sonora, che sia cinematografica o puramente musicale;

- Una dimensione poliedrica che comunica con un'attentissima cura dei dettagli, specialmente nelle performance vocali dei personaggi che conosciamo. Dalla regista che urla e aizza Nellie LaRoy (Margot Robbie) quasi come un motivatore per farla rendere al meglio sul set, ma che poi vediamo trasformarsi in una muta gesticolatrice, agli attori stessi che con l'arrivo del sonoro cambiano il proprio parlato, sia in scena che in pubblico, fino al paradosso di Sidney Palmer (Jovan Adepo) che da trombettista jazz è costretto a cambiare nell'immagine davanti alle telecamere, mettendo davanti alle proprie qualità musicali il colore della pelle. "Everything is going to change" è quello che ci sentiamo dire ed è quello che materialmente succede, con un ribaltamento totale di tutti i piani a cui eravamo abituati durante la prima parte del film e che nella seconda vengono messi in discussione. Il tutto aiutato dall'ingresso nei vari set di microfoni e addetti al sonoro pronti a stravolgere il corso del cinema. Nell'evoluzione parlata dei personaggi troviamo anche una delle tante critiche che Chazelle ha disseminato lungo il suo film al cinema e al suo cambiamento: dalle contraddizioni di Hollywood sostenute dall'incessante caccia al politically correct fino al tentativo di imbrigliare suono e musica con risultati industrializzati e decisamente poco creativi, la seconda parte di Babylon porta telecamere e microfoni nei meandri più oscuri di Hollywood;

- Se la spina dorsale di Babylon è musicale non significa che la componente visiva sia meno importante, anzi è calibrata per rafforzare ulteriormente la dimensione sonora della narrazione. Concentrarsi sulla prima parte del film sarebbe un po' facile, i festini sono chiaramente felliniani e le citazioni al glorioso passato del cinema non mancano mai, sono scene di sfarzo incontrollato sia che ci troviamo a casa di Harvey WeinsteEHMDon Wallach sia che ci troviamo sul set della battaglia nel deserto. L'immagine diventa ovviamente più importante e più forte nella seconda parte, con l'inizio del controllo del sonoro. A partire dai cartelli "Silence Please" spammati a più non posso, alla discesa negli inferi con James McKay (Tobey Maguire) fino allo 2001spaziale viaggio cromatico e fotografico finale è nella seconda parte che le macchine si fanno più impegnate e gli occhi vengono messi maggiormente alla prova. Sia chiaro, non significa che nella prima parte l'immagine sia meno appagante - il senso di travolgimento e pure di comicità è incredibile ed estremizzato al massimo - semplicemente è nella faccia più cupa del film che Chazelle ha messo in moto una fotografia meno appariscente ma più narrativa. Emblematico in questo pezzo è proprio Tobey Maguire, fisicamente e visivamente portato all'eccesso che ci porta verso il punto più cattivo del secondo tempo, in cui incontriamo pure un Elephant Man (salutiamo questa volta David da Missoula) incatenato;

- Lungo tutta questa cascata di vicende e sconquassamenti fisici e cerebrali troviamo un cast grosso, nel senso che costa e nel senso che ci sono nomi importanti. Ora, una delle critiche più feroci verso Babylon è che i personaggi che popolano la narrazione sono vuoti, scarni, emozionano poco. Credo sia intanto sicuramente doveroso riconoscere come tutte le performance attoriali siano splendide e decisamente apprezzabili - Margot Robbie detta legge su tutti i set e Brad Pitt è ovviamente un mattatore vecchia scuola infallibile - ma che sia poi lecito farsi una domanda. Quanto sarebbero stati importanti personaggi caratterialmente più spessi di quelli che ci propone Babylon? È vero, la loro costruzione non è eccelsa, in certi punti si poteva fare di più e marcare maggiormente la mano, ma alla fine le loro storie sono un intreccio che si fa forza nell'unione e penso che avere personaggi più caratterizzati avrebbe poi spostato il fulcro del film. È un film jazz, un film dai ritmi sincopati e liberi, e come nel jazz più crudo ogni componente della band è pronto ad attaccare e liberare la propria personalità all'interno di una digressione condivisa e più grande. Babylon racconta di quanto è bello usare le orecchie, racconta di Hollywood e racconta il cinema vecchio e moderno, non è né un biopic né un film con un protagonista vero e proprio. Anche per questo Babylon è un film che ho profondamente apprezzato, che sono pronto a rivedere altre 1000 volte probabilmente con un impianto audio sempre migliore, un film e un genere di film che manca sempre di più nelle corde della produzione cinematografica moderna e di cui sentiamo sempre il bisogno, specialmente se fatto con l'audacia che ci ha portato Chazelle.

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Rimini, 23/09/1994. Laureato in Comunicazione Pubblicitaria allo IED di Milano, freelance e multiforme. All’anagrafe porta il nome di Ayrton e la Formula 1 è appuntamento immancabile del weekend, a cui associa un passato da tennista sgangherato e anni di stadio a Cesena. Incallito e vorticoso consumatore di vinili e di cinema.

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