Considerazioni sparse sulla trade Nets-Mavericks
Uno scambio che è un inno alla teoria del caos.
- Una trade NBA raramente è lineare. Le non semplici regole NBA sul salary cap rendono tutto molto complicato: il do ut des è alla base di tutto, e spesso occorre attendere mesi o anni per giudicare in modo definitivo una trade. Quando poi uno scambio riguarda un All-Star, terrapiattista, no-vax, con un tweet antisemita sul grppone e per giunta a stagione in corso la faccenda semplicemente esplode. Lo spettro di opinioni è completo: per alcuni siamo di fronte a una lose-lose situation ed a chi pensa che questa mossa porterà Dallas al titolo, dall'altro lato della barricata esiste tutta un'area grigia di previsioni più o meno ottimistiche. Kyrie Irving raggiunge Luka Doncic ai Mavs: due delle stelle più ball dominant della Lega uniscono le forze per la scalata al non irresistibile ma complicatissimo Ovest 2022-23;
- La decisione dei Mavs di cedere il proprio miglior difensore (Dorian Finney-Smith), il secondo miglior giocatore a roster (Spencer Dinwiddle) e una scelta futura è chiaramente figlia di una Western Conference senza un padrone. In questo momento tra il 4° seed (l'ultimo utile per il vantaggio campo al 1° turno) e l'11° (il migliore di chi rimane fuori anche dal play-in) ci sono appena 3,5 partite di distanza: un'inezia. Ad eccezione dei Nuggets e dei Grizzlies nessuna squadra è sicura poter fare i playoff, men che meno della posizione e quindi del possibile cammino: servirà essere pronti dal 20 Aprile, consapevoli che niente è precluso per nessuno. La finestra è per tutti aperta. Oggi. Non domani. I Mavs hanno optato per una mossa che difficilmente genererà rimpianti nel brevissimo termine, ed immaginiamo che abbiano avuto rassicurazioni dal giocatore, il cui contratto scadrà il 30 Giugno, sulle possibilità di rinnovo;
- Brooklyn chiude definitivamente l'era del Super Team, inaugurata nell'estate del 2019 con l'arrivo di Durant e Irving, a cui nel 2020 fece seguito l'approdo di James Harden: i 3 sono andati ad un passo (un pollice...) dal vincere il titolo NBA e se l'esperimento non è andato pienamente a successo le cause sono più da ricercare fuori che dentro il terreno di gioco. Ora Durant si trova ultimo superstite di quella squadra, non più però vittima dell'incostanza e inspiegabilità personale di Irving, il cui addio estivo era peraltro scontato. Brooklyn ottiene due giocatori ben conosciuti per potersi inserire bene in qualsiasi contesto;
- Il lato Dallas delle trade sarà quello maggiormente esposto a critiche/osservazioni nel corso del tempo: molti vedono questa scelta come una mossa della disperazione, nel tentativo di affiancare a Doncic una nuova stella senza badare troppo al fit, tutto da costruire. Cuban ha tirato per aria una moneta. L'uomo ha sempre badato pochi ai rischi, mirando sempre e comunque al bersaglio grosso: non si è smentito. Non dovesse funzionare ad un livello accettabile le conseguenze a lungo potrebbero essere drammatiche, in primis per l'eventuale addio dello sloveno, a quel punto consapevole di non poter vincere a Dallas. Il paragone con gli scambi dei Cavs nella prima era Lebron non sono infondati, perlomeno come scenario di partenza;
- Una certezza però c'è già: chi esce sconfitto da questo scambio sono i Los Angeles Lakers. Kyrie era forse l'unica opzione credibile per fargli uscire dall'anonimato di una stagione ai bordi dei playoff, che sarà unicamente ricordata per l'ormai imminente record di punti di James. Traguardo più personale che di squadra: Pelinka ci ha provato in tutti modi, ma semplicemente non aveva niente di allettante da offrire a Brooklyn. Appare sempre più probabile che su di lui peserà per sempre la colpa di aver sprecato gli ultimi, luminosi e inspiegabili anni di carriera di Lebron.
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