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Illustrazione di Nicolò Zaniolo
, 1 Febbraio 2023

Zaniolo nella selva oscura


Uno dei talenti italiani più puri della sua generazione si è perso, e non sa tornare.


Lo scorso 6 dicembre, dopo anni di silenzio in cui era stato preannunciato un album poi mai uscito, Tedua ha pubblicato Lo-Fi For U. È una canzone scarna e sentimentale: un viaggio nostalgico nei meandri della sua carriera da artista, un percorso accidentato attraverso cui Tedua affronta tutti coloro che hanno avuto un peso nella sua vita e nella sua evoluzione musicale – da Sfera a Rkomi, a Charlie Charles. Il videoclip si chiude con l'avatar di Tedua sulle porte dell'Inferno, immortalato come Dante nella selva oscura nella storica illustrazione di Doré. Un simbolismo utile a richiamare il titolo del suo prossimo album (La Divina Commedia, appunto).

Io invece dritto contro il muro
Quando rimo, chiudo gli occhi
Sopra un treno regionale che porta al mio futuro
E a tutte le fermate vedo scendere qualcuno

- Tedua, Lo-Fi For U (2022)

Chissà se Zaniolo ha mai sentito questo pezzo, e chissà se in questo momento che coincide probabilmente con il più solitario della sua carriera – se non con il più triste –, Zaniolo non si sia sentito così: sopra un treno dove a ogni fermata della vita scende qualcuno.

Chissà che Zaniolo non si senta irretito nella selva e non abbia idea su come uscirne. D'altronde nel corso della canzone Tedua ha rinunciato volontariamente ai suoi affetti per prendere la sua strada. Zaniolo non ha mai scelto di entrarci, eppure ci è capitato. È capitato in quell'inferno, cioè, in cui i tifosi che lo proteggevano dall'odio hanno finito per accusarlo di tradimento. Lui vuole andare via da Roma, ma come ha detto Mourinho: «Al momento non ci sono offerte accettabili per il club. Secondo me a febbraio sarà ancora qui».

O magari questa è solo un'inutile sega mentale e a Zaniolo non frega nulla di Tedua o dell'hip hop. Magari non ascolta neanche musica italiana, che cosa posso saperne? Trovo però interessante che tolte le mie paranoie personali queste rime mi abbiano fatto pensare alla perdizione di Zaniolo, al loop auto-alimentato di responsabilità individuali e collettive che lo stanno conducendo a disgregare il suo talento.

Zaniolo e la Roma

Il primo tema divisivo nella storia di Zaniolo, uno di quelli che lo hanno portato in queste ore a rifiutare l'offerta del Bournemouth e a finire fuori rosa nella Roma, ha a che fare con quella che chiamerei una "promessa tradita". Quando poco più che adolescente era atterrato sulle macerie della Banter Era della Serie A, alla fine del 2018, lo stile di gioco di Zaniolo assomigliava a una slavina irrefrenabile per i difensori avversari. Le sue lunghissime gambe da fenicottero sciavano sul ghiaccio erboso della Serie A con una grazia sovrannaturale. Non era ancora falloso e isterico, e riguardando oggi le sue giocate in quel periodo possiamo solo intuire il potenziale che aveva nei piedi.

Non aveva ancora compiuto vent'anni eppure il suo ruolo era già un rebus. Zaniolo era un centrocampista o un attaccante? Un box-to-box o un rifinitore?

Allora un ruolo pareva valere l'altro: non era Zaniolo a essersi inserito velocemente in Serie A, ma il nostro campionato a piegarsi davanti al suo talento. Prendiamo una dimostrazione di superiorità irripetibile: il gol alla SPAL tra un infortunio e l'altro, che il canale Youtube della Serie A ha definito alla Kakà. Il dominio atletico di Zaniolo è una di quelle cose che abbiamo dato per scontato. Quanti altri giocatori avete visto spezzare una difesa intera con l'onda d'urto dei passi, leggeri e pesanti al tempo stesso, e poi calciare una mina sotto il sette?

Come in tutte le storie umane le cose non vanno sempre bene: i due infortuni alle ginocchia hanno finito per ingigantire le nostre aspettative, forse ingiustificatamente. Abbiamo iniziato ad attendere il suo ritorno come si aspetta un supereroe, certi del futuro. Ormai Zaniolo era stato marchiato come il talento indistruttibile capace di segnare buttandosi semplicemente avanti il pallone senza nessun aiuto da parte dei compagni. Zaniolo come l'eroe a cui affidare la manovra offensiva di una squadra con un'organizzazione sciatta e passiva come quella della Roma di Mourinho.

Qualsiasi prestazione al di sotto di queste premesse ci avrebbe deluso.

La prima stagione dopo il ritorno non è entusiasmante (2 e 5 assist in campionato), ma finisce comunque con la vittoria di un trofeo che mancava a Roma da 14 anni, e il gol nella finale di Conference lo segna proprio Zaniolo. Ci sono tutti gli elementi per il lieto fine, per la definitiva affermazione di Zaniolo malgrado gli infortuni, le polemiche sulla sua vita privata e il problema del ruolo.

E invece la stagione 2022/23 inizia in modo preoccupante. Con l'arrivo di Dybala in estate, Mourinho usa Zaniolo o come mezzapunta nel 3-4-2-1 – a sinistra con Dybala, a destra senza – o come mezzala destra nel 3-5-2. Senza uscite codificate con il pallone e dovendo sopperire a un baricentro difensivo medio-basso, l'unico modo attraverso cui la Roma prova a portare il pallone in avanti è affidandosi alle progressioni irrefrenabili di Zaniolo. Lui, però, non è più lo stesso del 2019 e invece di incarnare il ruolo di Salvatore, del calciatore-mito a cui aggrapparsi, ha finito per incupirsi nel complesso labirinto di scelte che si crea nella zona centrale del campo. Come avevo scritto in un pezzo su Zaniolo della scorsa estate: «Le sue conduzioni di palla che conducevano a un tiro o a un assist sono ricordi: ora le azioni in solitaria di Zaniolo finiscono spesso nell'inconcludenza dello scontro perso con il difensore o, per paradosso, di un fallo commesso da lui». 

Oggi Zaniolo è un calciatore inconcludente e dallo stile sporco: le sue azioni personali da leggiadre, come sospinto da un soffio divino, sono diventate nervose. Se prima evitava i difensori doppiandoli in velocità, ora si attacca a loro, li sente alle spalle, gli mette una mano sul collo, si appoggia per essere spinto. È come se la meccanica del suo gioco non dipendesse più solo da lui. Zaniolo sembra infilarsi volontariamente nel caos dei raddoppi di marcatura, forse convinto di trovare sempre il modo di sgusciare via dal pericolo.

Secondo i dati raccolti da Fbref, la percentuale di precisione dei passaggi di Zaniolo dalla stagione 2019/20 a quella attuale è crollata dal 77.8% a un 63.8% che lo colloca tra i peggiori giocatori offensivi della Serie A. Il dato risulta anche più impressionante se si considera che prova pochi passaggi – 19.49 per 90', meno di qualsiasi altro nel ruolo. Questo può in parte dipendere dalla sua scarsa capacità di lettura del gioco ma, forse, anche dalla posizione centrale che Mourinho gli chiede di occupare, che non sembra incollare bene i cocci rimasti del suo talento. Giocare da attaccante non lo ha neanche favorito sottoporta: in un anno e mezzo, Zaniolo ha segnato 3 gol in Serie A.

A inizio stagione Mourinho aveva provato a farlo coesistere sulla trequarti con Dybala, e i primi risultati dell'esperimento erano sembrati convincenti. Pur non avendo segnato, Zaniolo è stato uno dei migliori in campo con la Salernitana nella prima giornata, dove abbiamo potuto vederlo finalmente interagire con i compagni di reparto e, soprattutto, attaccare la profondità. Partendo dal centro-sinistra, infatti, Zaniolo non può allargarsi e venire dentro al campo sul piede forte, deve accontentarsi di ricevere già sul sinistro e quindi muoversi di più – e meglio – senza palla per entrare nel vivo del gioco.

L'inserimento in squadra di Dybala aveva forzato la Roma ad alzare un minimo il baricentro, a cercare più spesso le sue giocate tra le linee. Questo nuovo atteggiamento aveva coinvolto anche Zaniolo, e ad oggi sembra quello più adatto anche a lui. A primo acchito ci aspetteremmo da Zaniolo la voglia di distruggere il calcio andando dritto per dritto, ma è un calciatore più complesso di così. Non credo sia un caso che abbia vissuto la migliore parentesi della sua carriera – quella appena prima e appena dopo il primo infortunio – sotto la gestione di un allenatore come Fonseca.

Allora Zaniolo partiva sempre dal centro-destra di un 3-4-2-1 – o, prima, come ala destra nel 4-2-3-1 – ricevendo con le spalle rivolte alla linea del fallo laterale. Se provate a riguardare i suoi gol in quel periodo, noterete come arrivava al tiro in condizioni migliori. Attraverso un gioco posizionale di squadra più fine, cioè, ma anche grazie a letture individuali più profonde. Oggi Zaniolo è uno dei migliori del campionato per Expected Goals generati – 0.35 a partita, è nel 79% percentile – e per tiri provati – 3.71 ogni 90' – ma spesso si trova a dover calciare in equilibrio precario – e questa è una conseguenza dello stile della Roma ma anche di quel suo «attaccamento» ai difensori – o da posizioni sfavorevoli.

Un esempio che prova quanto dicevamo sopra è nel gol di Zaniolo al Napoli nella stagione 2019/2020. La Roma di Fonseca attira il pressing – pigro, a dire la verità – dei partenopei sulla difesa per lanciare l'attacco in profondità di Spinazzola. A quel punto la palla arriva sul piede di Zaniolo e abbiamo una dimostrazione del fatto che se può calciare guardando lo specchio della porta, il suo rimane un mancino non banale.

Zaniolo e il pubblico

Non essendo un calciatore dall'intelligenza tattica raffinata, ma più un conduttore che si trova a suo agio con la palla tra i piedi, Zaniolo andrebbe coinvolto più vicino alla porta di quanto non lo faccia attualmente la Roma. Soprattutto, dovrebbe trovare un contesto che inspessisca le sue qualità immateriali, che lo alleni a trovare la scelta giusta in campo. Qualcuno, insomma, che gli faccia capire che non può dribblare sbattendo in faccia agli avversari.

Questo perché il talento di Zaniolo è cambiato, qualcuno direbbe persino regredito. Eppure, invece di pensare a come andrebbe valorizzato questo nuovo Zaniolo, l'unica reazione che abbiamo come pubblico di fronte al cambiamento del suo calcio è il rifiuto. È come se, inconsciamente, incolpassimo Zaniolo anche di questo: degli infortuni che gli hanno tolto una leggerezza – fisica, mentale e tecnica – che potrebbe non ritrovare più. Ci sentiamo traditi dal fatto che Zaniolo non cammini più sulle acque, non eviti i difensori con sterzate incontenibili come nel suo primo gol in Serie A al Sassuolo.

Mi sembra che l'elemento nascosto in piena vista che contraddistingue le cattive prestazioni di Zaniolo non sia già più il suo talento fuori dagli schemi per il calcio italiano, ma l'odio che lo circonda.

Zaniolo è l'unico sportivo che finisce al centro delle voci e delle copertine sui giornali anche se, fuori dal campo, di lui non sappiamo quasi niente. E con questo non voglio certo giustificare la sua folle scelta di essere ceduto senza offerte concrete in mano. Innegabilmente, però, il trattamento che gli viene riservato ha dei contorni quantomeno singolari. A partire dal comportamento degli arbitri nei suoi confronti – in un anno e mezzo ha ricevuto 13 gialli e 2 rossi – per arrivare agli avversari, che sembrano non aspettare altro che la palla arrivi a lui per entrare duro in scivolata o in tackle – l'anno scorso Zaniolo ha chiuso il campionato con 42 falli subiti, quest'anno a metà stagione è già a 32 – e infine ai tifosi avversari.

La domanda che dovremmo arrivare a porci secondo me è: quanto siamo infastiditi dal successo di Zaniolo? Quanto ha contribuito il nostro voyeurismo per le sue cadute, i dribbling sbagliati, i falli non fischiati – o, peggio, fischiati contro – a generare questa sua versione cupamente individualista? Se è vero che dopo i due infortuni in campo Zaniolo è quasi sempre stato percepito dalla Roma come un corpo estraneo, un accentratore di riflettori e palloni toccati – e spesso sbagliati – a discapito della struttura collettiva, non possiamo neanche sottovalutare il ruolo dell'opinione pubblica in questo decadimento. È possibile che l'intolleranza del pubblico nei confronti di Zaniolo si sia davvero allargata tra arbitri e avversari?

Non proprio sulla palla.

Perché, stando a quanto annunciato da Sky, la Roma sarebbe così furiosa per il suo rifiuto al Bournemouth – club 18esimo in Premier League – tanto da pensare a sanzioni disciplinari? A quale altro calciatore sarebbe riservato questo trattamento?

Cosa non va in Zaniolo? È davvero il tradimento di un talento ideale ad aver polarizzato le idee su di lui? Lo odiamo perché è bello, giovane, ricco e si gode la sua fama senza vergognarsene?

Immaginatevi per un giorno di vivere nei panni di Nicolò Zaniolo: io non credo sarebbe una routine molto diversa dall'orrore che Roman Polanski ha messo in scena attraverso il personaggio di Trelkowski nel capolavoro del 1976 L'inquilino del terzo piano. Una quotidianità frustrante, insopportabile, isterica: Trelkowski che viene vessato e accusato di infastidire i vicini nonostante i suoi goffi tentativi di non infastidirli affatto, Zaniolo che quanto più cerca di piacere tanto più viene odiato.

Zaniolo sembra avvertire questa pressione angosciante. Vittima di un desiderio che non si realizza mai – appagare nuovamente il pubblico, dimostrargli che è ancora capace delle manifestazioni di grandezza di un tempo – Zaniolo finisce per auto-escludersi da ogni contesto corale.

Zaniolo e se stesso

Parlando di calcio passiamo spesso per quel detto banale e lapalissiano, che nel caso di Zaniolo diventa paradossale, ovvero che a calcio si gioca in undici, mica da soli. Ecco, a me sembra invece che certe partite di Zaniolo si riducano all'individualismo puro. Anche giocate bellissime, che ancora gli riescono perfettamente contengono una goccia di rivincita. Come se le cose eccezionali che Zaniolo compie in campo avessero due sfumature: una dolce, il suo atletismo che arriva dolce al palato degli spettatori sportivi, poi subito dopo l'asperità della sua figura. In lotta contro tutto e tutti.

Allo stesso modo se la Roma perde è colpa di gente come Zaniolo, che gioca per sé.

All'84esimo della partita contro il Ludogorets in Europa League, ad esempio, Cristante si alza in pressing e recupera un pallone che finisce sui piedi di Zaniolo. Quello è isolato poco oltre il cerchio del centrocampo, con i compagni fermi e stanchi per lo sforzo che gli ha richiesto rimontare lo svantaggio iniziale – la Roma è passata in vantaggio grazie a due rigori conquistati proprio da Zaniolo. Nei paraggi di Zaniolo c'è solo Abraham, ma con il controllo Zaniolo si è chiuso quella linea di passaggio e la sua traiettoria di corsa guarda ora verso l'esterno del campo.

A quel punto abbassa la testa, ara una zolla dell'Olimpico ed evita il tackle di un avversario. Poi, con l'interno del sinistro si allunga la palla davanti a sé e accelera. La fine di quel gol è piuttosto semplice per uno come Zaniolo, e gli basta spingere la palla con la punta sotto le gambe del portiere. Ma è un gol importante per il suo significato, per come in quell'azione Zaniolo sembri una macchinetta giocattolo per i bambini, di quelle caricate con una molla interna. Non c'è nessuna molla nel corpo umano ma in quello di Zaniolo, nonostante gli infortuni, continua a esserci un'eccezionale elasticità, una spinta propulsiva che non è razionalmente spiegabile.

Oltretutto, quello è uno dei suoi gol. Una giocata per cui non si può non amarlo anche nei momenti difficili, quelli in cui dopo il primo dribbling viene fermato o si aggrappa troppo al difensore e commette fallo lui. È un'istantanea di ciò che ci aspettiamo da lui: in certi momenti, potreste mettere qualsiasi ostacolo possibile tra Nicolò Zaniolo e la porta, e lui riuscirebbe ad arrivarci comunque passando nei cerchi di fuoco. E lo farebbe da solo.

«La Roma viene prima di tutto» aveva detto al canale ufficiale della Roma dopo quella partita. Una partita che coincideva anche con il suo ritorno in campo in Europa League dopo che lo spintone a un difensore del Betis gli era costato due giornate. Nei giorni scorsi Mourinho lo ha attaccato davanti alla stampa, svelando che era almeno un mese che Zaniolo chiedeva di andare via ogni singolo giorno. Ad oggi l'ultima partita di Zaniolo con la maglia della Roma è quella contro di Genoa, dove è stato sostituito all'86' e, per la prima volta, fischiato dall'Olimpico.

Nel frattempo, Zaniolo ha rifiutato le convocazioni della Roma e non si allena più con la squadra. Il mercato si è chiuso con un nulla di fatto e la Roma lo ha confermato nella lista UEFA. Al momento non sappiamo quando – o se – lo rivedremo giocare in giallorosso.

È difficile prevedere quando e come Nicolò Zaniolo uscirà dalla selva oscura in cui la sua carriera si è arenata. Alla fine di Lo-Fi For U, Tedua dice: «Prima di mollare la scuola / Prima di fuggire di casa / Eravamo bimbi». Chissà allora che non possa servire anche a Zaniolo allontanarsi, persino fuggire da un contesto ambientale – Roma come sineddoche del calcio italiano – tossico, che non aspetta altro che vederlo sbagliare. Intanto, noi potremmo anche smetterla di giudicare il talento di Nicolò Zaniolo sulla base dell'idea fittizia che ci siamo fatti di lui e della sua vita. Sempre se non vogliamo perdere anche ciò che rimane del più accecante talento italiano della sua generazione.


  • Nato a Giugliano (NA) nel 2000. Appassionato di film, di tennis e delle cose più disparate. Scrive di calcio perché crede nella santità di Diego Maradona. Nel tempo libero studia per diventare ingegnere.

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