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2 min

- di Jacopo Landi

Considerazioni sparse post Inter-Atalanta (1-0)


Una bella Inter batte un’Atalanta annacquata.


- Al Meazza le due squadre nerazzurre del campionato si giocano l'accesso alla semifinale di Coppa Italia. A dispetto delle lecite attese ne esce una lectio magistralis dell'Inter che a parte un paio di tiri centrali non rischia niente evidenziando un gioco geometrico e frizzante e una buona condizione fisica. Male l'Atalanta di Gasperini, senza guizzi o dettagli degni di nota tolta l'ennesima prestazione maiuscola di Giorgio Scalvini;

- Inzaghi si conferma in palla col torneo della Coppa Italia mettendo in campo una squadra compatta e coesa. Lukaku è l'ultimo a entrare nel gioco e non strappa come ai bei tempi ma riesce comunque a rendersi utile giocando di sponda e alleggerendo sulle fasce. Lautaro è tutta anima e la fascia si fa sentire. Barella gioca un primo tempo notevole, cala in lucidità nella ripresa ma si dimostra ancora una volta un centrocampista box to box di livello eccellente. Bene Gosens, propositivo e di gamba. Ma soprattutto molto bene De Vrji: incoraggiante questa partita nell'ottica di ritrovare il muro olandese scomparso dallo scorso anno;

- Gasperini delude con un atteggiamento prudente che stona con la gara della formula secca. Zapata non la vede praticamente mai e sciupa malamente l'unica palla goal a disposizione. Il cambio di Scalvini non ha alcun senso così come la rinuncia a Lookman o Muriel messo sulla fascia. Il Gasp evidenzia ancora una volta una certa mentalità asfittica quando arriva a giocarsi qualcosa di più pesante degli applausi di certa critica;

- Onana domina l'aria di rigore e riesce a controllare bene un insidioso tiro di Lookman deviato dai propri difensori. Tuttavia commette una leggerezza a partita: oggi un'uscita senza senso e prima o poi queste sciocchezze avranno un peso. Ma se dovesse riuscire a pulire queste sbavature, beh, con l'esplosività che possiede avrebbe praticamente tutto davvero diventare un valore aggiunto per questa squadra;

- La pulizia di Dzeko, l'intelligenza dell'armeno, la grinta di Acerbi ma su tutti la splendida commovente affidabile attenzione di Matteo Darmian, che forse non avrà il tocco di palla di Zidane ma in difesa non fa passare niente, in proposizione, accompagna, crossa e finalizza. I suoi 3/4 goal all'anno li mette sempre, a volte 2 a volte 5. Un sorriso pulito, tanta applicazione e nessuna parola nè prima nè dopo. Un giocatore vecchio stile tremendamente utile a questo calcio moderno.

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Nato il 6 aprile del 1988 a Milano figlio orgoglioso di una città che ama con odio. Nelle vene sangue misto che ne fanno un figlio del mondo senza fissa dimora. Tra un gin tonic e un whiskey ben concepito ha consacrato la propria esistenza all’arte della buona musica con De Andrè, Shane McGowan e Chat Baker a strapparsi pezzetti di anima. Il cinema come confessione condivisa. L’amore per la beat generation e per quel mostro di James Dean. Interista con aplomb anglosassone per il gioco più bello del mondo. Crede che verranno tanti giocatori meravigliosi ma più nessuno con la corsa di Nicolino Berti.

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