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2 min

- di Fausto Nardone

Considerazioni sparse post Udinese-Verona (1-1)


Finisce con un pareggio che non serve a nessuno il derby del Nordest tra Udinese e Verona.


- Il Monday Night della prima giornata di ritorno non è adatto ai deboli di cuore: l'Udinese vuole trovare continuità di risultati dopo il successo a Marassi sulla Sampdoria, ma non vince davanti al suo pubblico dal 3-1 sull'Inter di metà settembre; l'Hellas, invece, grazie alla cura Zaffaroni, è reduce da 7 punti nelle ultime 4 partite. Ne esce una partita molto intensa e piacevole, ma su cui sicuramente non verranno scritte pagine nei libri di storia del calcio;

- Il primo tempo si apre in maniera drammatica per i friulani, che si trovano subito sotto a causa del rocambolesco autogol di Becao. Da lì in avanti, solo Udinese: Montipò è prodigioso su Success e Arslan, ma nulla può sul colpo da biliardo di Samardzic, che insacca su sponda di Beto dopo una bella cavalcata di Ehizibue sulla destra;

- Nella ripresa sono sempre i bianconeri a fare la partita, ma si dimostrano troppo fumosi per sfondare il muro eretto dagli scaligeri; l'Hellas col passare dei minuti cresce e arriva ad andare vicina al vantaggio prima con Ngonge e poi con Lasagna, i cui tentativi sono vanificati dagli interventi di Silvestri e Perez. Finisce 1 a 1, un punto a testa che non dispiace nè giova a nessuno;

- Nelle fila dell'Udinese, il migliore in campo è senza ombra di dubbio Lazar Samardzic: il tedesco è la luce del centrocampo friulano e, oltre al gol, entra in tutte le azioni pericolose della squadra di Sottil. Al contrario, male Udogie, forse colto dalla saudade nel giocare contro la squadra della sua città, e il duo Beto-Success, poco concreti e a tratti confusionari;

- Capitolo Hellas: monumentali Magnani, in crescita ormai da qualche giornata, e Djuric, rifugio sicuro di ogni trama offensiva. Buone anche le prove dei subentrati Terracciano, Ngonge e Duda, che hanno portato vitalità nel momento di massima sofferenza gialloblù. Continua, invece, l'inesorabile involuzione di Lasagna, che proprio a Udine avevamo ammirato nel periodo di massimo splendore.

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Fausto Nardone, nato a Verona nel ’93, anno in cui il suo idolo Pinturicchio rinunciò alla tavolozza dei colori per iniziare a dipingere solo in bianco e nero. Tifoso juventino e avellinese grazie (o a causa) di suo padre, adora l’estetica concreta di Guardiola, la variante Ascari di Monza e il rovescio a una mano di Federer. Si guadagna la pagnotta occupandosi di comunicazione e marketing ed extra-sportivamente ama cucinare, viaggiare per ostelli, guardare Cinepanettoni e ascoltare i Red Hot Chili Peppers. Il suo ricordo sportivo più bello? Stagione 2002/2003, campionato di Serie C1, Stadio Partenio-Lombardi: Avellino 3 - Benevento 1.

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