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, , 20 Gennaio 2023

Considerazioni sparse su "Avatar 2 - La via dell'acqua"


"Avatar 2 - La via dell'Acqua" non è un film . È un sequestro di persona.


- Magari la battuta d'esordio di queste considerazioni sparse mi costerà la rabbia e/o l'antipatia di molti lettori, ma, considerata la durata monstre - 3h12' - della pellicola che analizzeremo in questo articolo e il mio non particolare apprezzamento - eufemismo - per le operazioni di siffatta natura, mi sono voluto concedere il lusso di derogare a quello che di solito è un mio conveniente equilibrio "giornalistico" per abbracciare una forma di provocazione tinta di verità. La mia verità;

- Tredici anni dopo il primo capitolo di quella che pare ormai aver assunto i contorni di una potenziale pentalogìa, James Cameron - il moneymaker per eccellenza dell'industria cinematografica americana - torna su Pandora per mostrarci gli sviluppi della storia che nel lontano 2009 giunse agli occhi di noi terrestri. E la storia - o meglio la cosiddetta sceneggiatura - è il motivo per il quale ritengo che tutto il tempo impiegato a vedere il film sia stato sottratto ad attività che, a ragion veduta, avrebbero potuto soddisfarmi di più. Non credo sia sufficiente aumentare il numero dei giocatori in campo - i personaggi, per intenderci - per trovare automaticamente delle trame più interessanti e coinvolgenti. Se per occupare armoniosamente una qualsiasi superficie di gioco - in relazione ovviamente alle regole del gioco che su quello stesso campo si pratica - occorre avere un'idea chiara e ben allenata, allo stesso modo ci si aspetterebbe che la storia alla base di uno dei più attesi eventi della settima arte nel nuovo millennio possa considerarsi se non totalmente innovativa almeno non completamente ricalcata su schemi Western già in voga negli anni '50 del Novecento;

- Certo, i film del franchise Avatar possono contare su una sensibilità ambientalista che costituisce senza ombra di dubbio il loro punto di forza, ma davvero si può veicolare un messaggio così importante soltanto sacrificando la profondità narrativa delle vicende che passando sullo schermo dovrebbero farci desumere quanto il regista ha urgenza di trasmetterci? In queste lunghe settimane di permanenza della "pizza" nelle sale di tutto lo stivale - e di tutto il mondo - abbiamo avuto la possibilità di leggere qualunque tipo di approfondimento e curiosità su Pandora, sulle cifre degli incassi refrigeranti per i cinema ancora alle prese con le batoste inferte dal Covid-19 e sulla depressione post primo capitolo di spettatori consapevoli che un pianeta bello come quello nel quale tutto è ambientato non esiste o - peggio - non esiste più, eppure sono pochi - e mi iscrivo volentieri, ma non orgogliosamente, alla categoria - quelli che si dispiacciono per la deriva semplicistica delle vicende mostrate in favore della bellezza visiva che la maggior parte degli spettatori giudica più che sufficiente per insignire il lavoro di Cameron della patente di lavoro eccezionale;

- Gli attori fanno il loro e non è detto che tale frase intenda sminuire il lavoro dei suddetti professionisti, ma pare abbastanza evidente, considerato il preponderante utilizzo della computer grafica - che quello a cui sono chiamati gli interpreti è un lavoro molto diverso - se non addirittura minore - rispetto a quello nel quale loro stessi incorrerebbero in una pellicola d'altro genere. Ad ogni modo non mi pare ci siano i presupposti per lamentarsi della performance di nessuno dei coinvolti;

- Per finire, al netto di una presa di posizione come quella fin qui espressa e che potrebbe facilmente essere scambiata per uno sfogo, va dichiarato, per una sorta di auspicabile e personale onestà intellettuale, che anche questo secondo trasferimento nello spazio fin ora incontaminato rappresenta un tuffo avanti in un futuro che la firma di Titanic ha trasformato in un presente più presente che mai.

  • Mi diplomo al Centro Internazionale “La Cometa”, dopo un intenso triennio di studi, nell’ottobre del 2016, aggiudicandomi la patente dell’attore, del “ma che lavoro fai? “e di appartenente al gruppo “dei nostri amici artisti che ci fanno tanto ridere e divertire” (cit.). Appassionato di sport, ottimo tennista da divano, calciatore con discrete potenzialità in età pre puberale, se non addirittura adolescenziale, mi appassiono anche al basket Nba e alla Spurs Culture. Discepolo non riconosciuto di Federico Buffa, critico in erba, ingurgitatore di calorie senza paura, credo che il monologo di Freccia nel film di Ligabue sia bello, ma che Shakespeare ha scritto di meglio. Molto meglio. Mi propongo di unire i tanti puntini della mia vita sperando che alla fine ne esca fuori qualcosa di armonioso. Per me e gli altri.

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