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, 11 Gennaio 2023

Anatomia dell’Allegrata


E come imparare a riconoscerla.


Forse è successo ben prima, ma dal suo ritorno sulla panchina della Juventus, Allegri ha definitivamente deciso di abbandonare la dimensione dell’allenatore. Oggi Allegri ricorda più un aruspice, il sacerdote romano specializzato nell’esame delle viscere degli animali morti per trarne segni divini. Allegri osserva le partite non in quanto espressione di una scienza tattica, ma in quanto espressione della vacuità dell’essere umano.

Dentro uno stop avversario sbagliato, dentro un fuorigioco millimetrico, dentro una straordinaria parata del suo portiere, Allegri vede ormai tracce di divino. Il suo desiderio di comandare e codificare il caos di una partita di calcio, un agglomerato di ventidue persone in cui qualcuno è più bravo di qualcun altro, è diventato un’ossessione, una missione di vita alimentata dal fuoco provocato da un esonero mai compreso e mai digerito. La cieca fiducia nel fato da parte di Allegri non ha mai raggiunto vette alte così come negli ultimi mesi, e sembra non interrotta nemmeno dalla lunga pausa mondiale.

Dopo un lungo e cupo periodo in cui la squadra non sembrava credere alle sue stregonerie e trattava quasi con sufficienza le sue visioni e le sue pretese di non calcio, oggi i giocatori sembrano aver preso consapevolezza del misticismo in panchina e sono diventati un esercito di soldati lobotomotizzati con un solo obiettivo in testa, sempre. La realizzazione dell’Allegrata, il noumeno di Allegri.

L’Allegrata ormai ha superato i confini del nostro spazio e del nostro tempo. Non ha più nulla a che fare con il calcio o con lo sport. L’Allegrata esiste come esiste l’acqua, come esiste la sabbia, come esiste un sasso. È lì e tutti ormai la conosciamo, con i suoi pregi e con i suoi limiti, come tutte le cose che esistono. 

Ha quattro condizioni, due inderogabili, due più facoltative.

1. L’Allegrata avviene contro un avversario tecnicamente inferiore. Contro avversari di pari o superiore livello tecnico, è tendenzialmente destinata a non funzionare, quanto meno in termini di purezza.

2. L’Allegrata per potersi realizzare deve vedere la presenza in squadra di almeno quindici giocatori disponibili.

3. L’Allegrata avviene solitamente in trasferta.

4. L’Allegrata avviene solitamente nel periodo centrale della stagione, quello che va tra ottobre e febbraio per intenderci.

Si divide in cinque atti, inesorabili e inscindibili.

1. L’equilibrio

Dopo tanti anni di panchine, Allegri ha ormai capito una cosa. 90 minuti per una partita di calcio sono troppi. È uno spreco di tempo senza eguali. Le partite possono tranquillamente risolversi in uno shootout finale, in sanguinoso uno contro uno alla Sergio Leone. Per arrivare in forma all’inevitabile finale, esiste un copione ben strutturato e da rispettare pedissequamente, senza possibilità di sgarrare, onde evitare stravolgimenti.

Bisogna, banalmente, far passare il tempo. Dopo una lunga serie di esperimenti, Allegri ha brevettato la formula perfetta per schierare l’undici perfetto per l’Allegrata. La ricetta prevede tre centrali difensivi più un numero di mezzali ben proporzionato al numero di giocatori a disposizione. Il numero di mezzali in questione solitamente varia tra le 3 (minimo sindacale) e le 5, quando vuole fare le cose in grande. In panchina rimangono almeno due giocatori in grado di cambiare la situazione, uno di gamba e uno di piede. Davanti si piazza una punta messa tanto per non tenere la squadra troppo schiacciata e voilà, il gioco è fatto. La squadra ha raggiunto l’equilibrio indispensabile e puó mettere in moto l’inevitabile.

2. La noia

Come il paracetamolo è dotato di attività antipiretica, l’Allegrata è dotata di noia. Insomma, non si tratta di un effetto collaterale, ma del principio attivo che rende commerciale il prodotto. Allegri sa bene che la noia è la ricerca di stimolazione neurale che non viene soddisfatta, lo stato umano migliore per ragionare e produrre nuove idee. Lo immaginiamo in piedi a pregustare il ribaltimento della partita nel secondo tempo, mentre osserva serafico gli inutili sforzi dell’avversario nei primi quarantacinque minuti, quando si arrabbatta volenteroso tra le liane bianconere, senza mai uscire dalla giungla.

La partita diventa per un tempo un film dove non succede assolutamente niente; i giocatori in campo, strumenti nelle mani di un disegno più alto, diventano nel senso più letterale del termine, dei semplici lavoratori. Stanno lavorando e basta, il calcio non c’è più. Esiste solo una missione. Corricchiano e fanno traffico in mezzo al campo, si lamentano con l’arbitro, fanno qualche scivolata. Tutto solo per giustificare lo stipendio, per dare un contentino al pubblico, per dimostrare di essere ancora dei calciatori e non davvero dei soldati in missione. La noia agguanta la partita e l’Allegrata prende forma.

3. Le categorie

I minuti passano e presto arriva il tempo di mettersi davvero in moto. Il copione parla chiaro. Bisogna mettere dentro quelli forti tra il minuto 55 e il 65. Prima è troppo presto, ma attenzione perchè dopo è troppo tardi. I giocatori di categoria superiore entrano in campo per spaccare la partita, senza aver perso energie nel primo tempo. Il concetto di categoria ossessiona Allegri. Lo ripete di continuo, tanto da renderlo quasi proverbiale (mentre ha curiosamente smesso di fare qualsiasi riferimento ai cavalli, chissà perchè). Se seguite il calcio, è molto probabile che assocerete la parola categoria immediatamente a Massimiliano Allegri.

La disarmante banalità del suo ragionamento fa emergere la qualità forse più imperscrutabile di Allegri, sebbene un po’ annacquata ultimamente: la capacità di presentarsi davanti un microfono e snocciolare semplici ragionamenti da quarta elementare (ci sono i bravi e poi ci sono quelli meno bravi) in modo serissimo, con toni solenni che oscillano tra Esopo e la parabola biblica. Non da tutti.

4. La roulette

Una volta messi dentro quelli di categorie superiori, l’Allegrata è pronta per prendere definitivamente forma. Allegri allora si sbarazza di un paio di mezzale ornamentali (il suo preferito ultimamente in questo senso è Weston McKennie, diventato quasi la parodia di un calciatore) e si prepara alla costruzione del risultato finale.

Qui inizia la fase più mistica e pericolosa dell’Allegrata: la Juventus inizia a proporre del gioco offensivo, spinta dall’ingresso delle migliori individualità e accetta inevitabilmente di sbilanciarsi in avanti. L’avversario inizia a vedere spazi, sente aria di colpo grosso e inizia a crederci. Qualche mischia, qualche tiro da fuori, qualche parata, a volte anche un palo. È tutto inutile, tutto ancora strumentale al disegno superiore. Allegri si siede al tavolo della roulette russa con la bandana di Robert De Niro ne Il Cacciatore. Sa che c’è una pistola carica sul tavolo e sa che quattro colpi sono i suoi.

I giocatori migliori sono dalla sua parte, per di più freschi e cattivi. Gli avversari sono stanchi, impauriti e tecnicamente inferiori. Esiste un solo colpo a disposizione dell’avversario, che inevitabilmente arriverà a sparare o almeno ad avere la possibilità di sparare, ma è un semplice gioco di statistica e le probabilità sono dalla sua. La parola fortuna non va nemmeno nominata.

5. Il colpo

Eccolo il colpo, alla fine. L’Allegrata si compie e si palesa in tutto il suo splendore. Le sue forme di manifestazione sono molteplici e impronosticabili.

Puó essere un tiro a giro da fuori area (Fagioli vs Lecce). Puó essere una mischia da calcio d’angolo (Vlahovic vs Torino). Puó essere una punizione sporca dal limite (Milik vs Cremonese). Puó essere un colpo di testa improvviso sul secondo palo (Kulusevski vs Zenit). Puó essere un autogol (Venuti vs Fiorentina). Puó essere un rimpallo (Cuadrado vs Torino), una zampata al volo (Dybala vs Bologna), un gol straordinario (Dybala vs Lazio), un piazzato da fuori (Locatelli vs Torino) un azione individuale (Cuadrado vs Lione), una finalizzazione da sottoporta (Danilo vs Udinese).

Puó essere qualsiasi cosa, ma come un’esecuzione, come una piaga biblica, l’Allegrata presto o tardi si compirà. Tutti la conoscono, tutti la vedono arrivare, ma nessuno sa come evitarla.


Questo articolo è uscito in anteprima su Catenaccio, la newsletter di Sportellate.it.

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  • È nato pochi giorni dopo l’ultima Champions League vinta dalla Juventus. Ama gli sportivi fragili, gli 1-0 e i trequartisti con i calzettini abbassati. Sembra sia laureato in Giurisprudenza.

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