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, 7 Gennaio 2023

Contro la Lazio Umtiti ha dominato


Nell'ultima partita il centrale del Lecce ha avuto una prestazione all’altezza del suo grande passato.


Come succede ai calciatori più influenti di una squadra, col passare dei minuti la partita del Lecce contro la Lazio ha finito per somigliare sempre più alla partita di Samuel Umtiti. Più il centrale francese aumentava l’intensità, saliva di leadership, accorciava con maggiore aggressività per recuperare palla sempre più in alto, e più tutto il Lecce restava alta sul campo e creava i presupposti per la rimonta. Umtiti non è entrato direttamente in nessuno dei due gol del Lecce, eppure la sua attitudine a difendere sempre in avanti ha contribuito a consolidare il contesto di gegenpressing con cui il Lecce ha tolto l’ossigeno alla Lazio nei primi venti minuti del secondo tempo. Un intervallo di tempo in cui il Lecce ha tirato 4 volte in porta contro le 0 della Lazio, tentato 52 passaggi nel terzo di campo offensivo contro 12, recuperato 8 palloni nella metà campo offensiva contro 0.

Prendiamo ad esempio un’azione al 51’. Il Lecce esce dalla difesa proprio con un’impostazione di Umtiti, poi sugli sviluppi dell’azione, dopo che la Lazio ha recuperato e incaricato Milinkovic di far ripartire la squadra, Umtiti piomba sul serbo in una frazione di secondo e gli sottrae il pallone. Dal contrasto nasce un rimpallo che allontana la sfera e a quel punto, invece di fermarsi e recuperare la posizione in difesa, Umtiti rilancia la pressione inseguendo il pallone fin quasi alla bandierina per contenderlo a Pedro. Da quell’avanzata a passo di carica di Umtiti nasce un’altra ondata di pressione del Lecce: presto arrivano in zona anche Colombo, Di Francesco, Gonzalez e Hjulmand, che infine recupera il pallone nel cuore della trequarti offensiva.

È un’azione che non porta a nessun evento rilevante, eppure contribuisce a rafforzare il contesto tattico e psicologico della partita, un contesto in cui il Lecce aggredisce e guadagna fiducia e la Lazio non riesce a uscire dalla sua metà campo. E infatti dopo soli cinque minuti il Lecce pareggia con un recupero altissimo in quella stessa zona di campo, stavolta con Di Francesco e il terzino sinistro Gallo che salgono aggressivi su Lazzari e Pedro.

In quegli stessi minuti compaiono gli ululati razzisti dei tifosi della Lazio a ogni tocco di palla di Umtiti che costringono l’arbitro, intorno al 68’, a mandare un messaggio di avvertimento attraverso lo speaker. In realtà gli ululati sono forse presenti da prima e se diventano più evidenti in quei minuti è perché anche l’influenza di Umtiti sulla partita è diventata più evidente. I suoi tocchi di palla più frequenti, il suo strapotere fisico e mentale più sontuoso. Al 70’ la Lazio prova a ripartire con Cataldi che pesca in verticale oltre il centrocampo Immobile, che di prima e spalle alla porta apre in orizzontale per l’avanzata di Milinkovic. Un attimo prima che il pallone arrivi al serbo però è ancora Umtiti a staccarsi dalla linea e intercettare il passaggio. Siamo sulla riga di centrocampo. Umtiti ha abbastanza spazio per avanzare e puntare la difesa della Lazio che scappa all’indietro. Conduce palla per una trentina di metri, poi arrivato alla lunetta rientra sul destro e si apre lo spazio per il tiro, schermato però da Cataldi in scivolata.

Appena un minuto più tardi Umtiti partecipa – seppur indirettamente – all’azione del 2-1, dal momento che la rimessa laterale da cui scaturisce il gol nasce da un suo cambio campo verso Strefezza, deviato da Marusic in fallo laterale.

Quando il Lecce ha preso Umtiti dal Barcellona lo scorso agosto la notizia sembrava un meme. Un difensore titolare nella Francia campione del mondo 2018, che solo quattro anni dopo si ritrova in prestito nella provincia estrema della Serie A. Solo immaginare una trattativa tra il Lecce e il Barcellona faceva sorridere. Ricordava una di quelle strane trattative degli anni ’80, quando negli anni dello strapotere economico della Serie A le piccole squadre italiane riuscivano a comprare da grandi club internazionali. In questo caso però Umtiti non arrivava a Lecce come un crack mondiale ma come un giocatore bisognoso di rilanciare la propria carriera. Uno che negli ultimi quattro anni si era rotto tutto ciò che poteva rompersi e aveva giocato una cinquantina di partite in tutto.

All’arrivo all’aeroporto di Brindisi i tifosi lo avevano accolto con grande affetto, gli intonavano il coro “Siam venuti fin qui, siam venuti fin qui, per vedere giocare Umtiti”. Lui si era commosso e per l’emozione non aveva pronunciato una parola. In quel momento era difficile capire cosa aspettarsi da lui. Quante presenze aspettarsi, quanti minuti, quando sarebbe tornato in forma. L’affetto della gente sembrava un vuoto a perdere: entusiasmo generato puramente dal nome di Umtiti, dall’ebbrezza per l’ennesima operazione a metà tra genio e follia condotta da Pantaleo Corvino.

Umtiti in effetti non avrebbe debuttato col Lecce fino alla partita con la Roma di inizio ottobre, alla nona giornata. Da lì, un percorso di adattamento discretamente lento fino alle ultime due partite, quella in trasferta con la Sampdoria di metà novembre e l’ultima in casa con la Lazio. Due partite giocate finalmente da leader e da protagonista, calendarizzate proprio a cavallo del nuovo Mondiale che simbolicamente ha scucito dal petto di Umtiti il distintivo di campione del mondo in carica.

Non era scontato, ma anche grazie al lavoro del tecnico Marco Baroni il contesto tattico del Lecce ha favorito l’ambientamento di Umtiti. Fin dalla sua comparsa nel calcio d’élite il francese si è distinto per essere il prototipo del difensore moderno. Un centrale con una forte vocazione per l’anticipo e la ricerca del contrasto. Aggressivo, reattivo negli scatti, portato a difendere sempre in avanti e a rompere la linea per andare ad aggredire l’avversario prima ancora che possa controllare il pallone. Tutte caratteristiche che si incastrano bene con il Lecce di Baroni, una squadra iperaggressiva che sembra aver fatto proprio l’adagio di Klopp “Il gegenpressing è il miglior playmaker”.

Il Lecce è una squadra poco pulita nella gestione del pallone, incapace a manipolare la struttura avversaria e a creare occasioni pulite palla al piede. Ha ovviato però alle carenze tecniche con una fase di riaggressione tra le più efficaci del campionato. Il Lecce quando perde palla non ripiega nelle posizioni difensive ma si spinge ancora più avanti per provare a recuperarla il prima possibile. Per sfruttare, cioè, quel breve intervallo in cui l’avversario ha appena recuperato la palla ma non ha ancora avviato la fase di possesso vera e propria. In quell’intervallo, generalmente, l’avversario è disordinato e quindi vulnerabile difensivamente. Il Lecce è la quinta squadra del campionato per intensità della riaggressione (dato Soccerment). Più precisamente, tenta di recuperare il pallone nei sei secondi successivi alla perdita nel 49,89% delle volte che perde palla in zona offensiva.

Negli ultimi anni in Serie A è nata una piccola tradizione di squadre provinciali che provano a giocarsi le proprie carte con audacia e il Lecce di Baroni continua questa tradizione. Squadre che dimostrano un approccio coraggioso al gioco, che si assumono rischi, invertendo il luogo comune che vorrebbe per le squadre poco qualitative una strategia puramente reattiva, con blocchi bassi e stretti. Contro la Lazio il Lecce ha chiuso il primo tempo in svantaggio, e dopo l’intervallo invece di abiurare la propria identità tattica è tornata in campo con l’intenzione di praticare una pressione ancora più alta e ancora più audace, facendo all-in sull’idea di recuperare la partita usando i propri mezzi. È stato questo il punto che ha sottolineato con più orgoglio Baroni a Dazn nel post-partita.

Il Lecce tendenzialmente difende molto alta sul campo, con le linee molto vicine, senza paura di lasciarsi molti metri alle spalle. In questo contesto di difesa aggressiva Umtiti è un pesce nell'acqua. Contro la Lazio, per tutta la partita, il francese ha tenuto una masterclass di come si guida in alto la difesa, e di come uscire dalla linea col giusto tempismo per portare tormento all’avversario tra le linee. Per questione di incastri tra il 4-3-3 delle due squadre, Umtiti aveva il compito soprattutto di uscire aggressivo su Milinkovic-Savic quando questo si smarcava tra le linee. Baschirotto controllava la profondità di Immobile, la mezzala destra Blin restava vicino al diretto avversario Basic e Hjulmand – mediano sempre puntuale nelle scalate aggressive in avanti – saliva sul playmaker biancoceleste Cataldi. In questo modo al Lecce restava un centrocampista, Gonzalez, disponibile per scalare ulteriormente in alto e pareggiare in 1vs1 i centrali laziali (sull’altro centrale andava Colombo).

Per tutta la partita Umtiti è stato puntuale nelle uscite su Milinkovic-Savic e non ha mai permesso che il serbo, uno dei centrocampisti più creativi del campionato, avesse tempo e spazio per fare le sue cose sulla trequarti. Se vogliamo, un modo per leggere la brillante prestazione di Umtiti è di guardare alla partita di Milinkovic, che con 7 contrasti persi su 10 ha giocato la peggiore partita della stagione (fin qui in Serie A non aveva mai perso più di 3 contrasti a partita). È vero pure che il serbo si portava dietro un problema alla caviglia da prima del Mondiale e non era quindi in ottime condizioni fisiche, ma questa circostanza racconta solo in parte il dominio che Umtiti ha steso su quella porzione di campo. L’altra parte si spiega con la ritrovata forma fisica di Umtiti, con la tigna con cui ha tolto il respiro al serbo, tallonandolo ad ogni controllo come un trolley con la maniglia troppo corta che a ogni passo ti sbatte sulle caviglie.

Fin dalla scorsa stagione la Lazio di Sarri soffre particolarmente le squadre molto aggressive, ma stavolta l’eccezionale partita di Umtiti su Milinkovic ha reso inefficace anche l’arma del lancio lungo sul serbo, una delle scorciatoie tattiche usate a volte dalla Lazio per risalire il campo in mancanza di alternative. Non ha funzionato nemmeno affidarsi alle conduzioni di Zaccagni sulla sinistra: all’esterno della Lazio non è mai riuscita la sua signature move ricezione spalle alla porta - controllo orientato - movimento ad accentrarsi: ad ogni sua ricezione Gendrey lo assaltava da dietro e gli impediva di girarsi.

Lancio lungo di Provedel su Milinkovic, quello controlla pure ma poi da dietro arriva Umtiti a rubargli l’anima.

Tutti nel Lecce hanno giocato una partita di riaggressione eccellente. Da Di Francesco entrato nel secondo tempo a Colombo, da Hjulmand a Baschirotto. Questi due compongono insieme a Umtiti il nucleo difensivo centrale del Lecce e le loro caratteristiche si sposano perfettamente a quelle del francese. Hjulmand un mediano d’interdizione più che di tocco, bravo a difendere in avanti quanto ad arretrare nella linea di difesa per tappare i buchi. Baschirotto un difensore che, proprio come Umtiti, si esalta nel corpo a corpo con l’avversario, mentre soffre la difesa dello spazio in cui non ha riferimenti fisici su cui appoggiarsi.

La vittoria con la Lazio è stata la terza consecutiva per il Lecce e ha permesso ai salentini di portarsi a 9 punti di vantaggio sulla zona salvezza. Un margine piuttosto soffice su cui costruire la seconda parte di stagione. Certo, la salvezza diventerebbe ancora più facile se un giocatore dalla tecnica difensiva e il carisma di Umtiti restasse in buona forma per tutto il campionato. Finora il passaggio di Umtiti a Lecce è una bella storia per come il francese si sta mostrando coinvolto nel progetto, per come il Lecce lo ha aspettato, e per come le sue qualità si stanno integrando nel sistema di gioco di Baroni. Finora la sua crescita sembra favorita anche dall’entusiasmo che si respira intorno al Lecce. Una squadra giovane (la più giovane del campionato), che pratica un calcio audace, e che riesce a ovviare con il coraggio e l’organizzazione collettiva alle lacune tecniche ed economiche.


  • Salentino e studente di Architettura. È nato il 23 dicembre come Morgan, Carla Bruni e Vicente Del Bosque.

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