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, 4 Gennaio 2023

Considerazioni sparse post Torino-Hellas Verona (1-1)


In Torino-Verona c'è tutto Ivan Juric, nel bene e nel male.


- Il Torino per vedere sino a dove può spingersi, il Verona per togliersi dalle sabbie mobili in cui era sprofondato nella prima parte di stagione: dalla gara dell’ex di Ivan Juric scaturisce un pareggio più prezioso per i gialloblù, fermi al palo da 10 turni, che per i granata, per cui sembra una delle tante occasioni perdute con una piccola in casa. Probabilmente il Torino avrebbe meritato ai punti la vittoria come spesso è accaduto in passato, ma nel calcio vince chi segna, e la fase difensiva dell’Hellas è stata compatta e attenta: in fin dei conti il pareggio è un risultato corretto per quanto visto sul prato dell’Olimpico Grande Torino, ed offre un appiglio al campionato degli scaligeri;

- Già dall’inizio è chiaro il copione della partita: il Torino col falso nueve fraseggia cercando spazio tra le linee del Verona, che punta a difendersi ordinatamene e ripartire sfruttando gli appoggi da centro-boa di Djuric. E’ proprio quest’ultimo a gelare lo stadio di casa allo scadere del primo tempo, sfruttando la sua nota stazza fisica per colpire da un corner: la pareggia un capolavoro di Miranchuk, e l’assalto finale del Torino per i 3 punti si rivela infruttuoso, con l’aggravante dell’occasionissima sul gong fallita da Lukic. A prendersi la scena, tra i migliori, ci sono due difensori che hanno letteralmente giganteggiato per tutta la gara: Schuurs tra i granata, autore pure di numerose galoppate offensive, e Hien tra i gialloblù, che ha sfruttato a dovere la sua fisicità contro l'attacco light dei padroni di casa;

- La squadra granata ricomincia con la solita intensità in fase di non possesso, ma in quella di possesso oggi ha un approccio più tiqi-taqeggiante del consueto: Juric torna al credo che fu suo proprio in terra scaligera, e gioca senza centravanti di ruolo, puntando sull'imprevidibilità e sulla tecnica dei tre fantasisti. Vlasic torna dal mondiale con la consueta solidità, ma giocare spalle alla porta non è "his cup of tea" , Radonjic alterna giocate da campione a momenti fumosi, e Miranchuk al contrario per lunghi tratti indossa il mantello dell'invisibilità, ma quando se lo toglie diventa subito decisivo: proprio il russo difatti, in assenza di spunti altrui, pesca dal mazzo una prodezza balistica da fuori area. In definitiva, l’impressione è che, sistemata la fase difensiva, in costruzione i granata siano sempre aggrappati alla giornata di quei tre (specialmente quando manca Pellegri, cioè molto spesso) e se, come oggi, gli spazi sono stretti, trovare la via del gol senza il peso di una punta centrale è decisamente complesso;

- Il Verona scendeva in campo consapevole che sugli altri campi la lotta salvezza ricominciava ad accendersi, e ha risposto con una partita accorta e sicuramente produttiva in termini di risultato. I gialloblù si sono difesi con grande compattezza, vincendo spesso i duelli sulle palle alte con una prova rassicurante di Hien e Ceccherini, dando ritmo e muscoli a centrocampo con il ripescaggio di Tameze (perchè solo oggi?) ed avrebbero potuto persino portare a casa l’intero bottino se Lazetic non si fosse divorato il gol del 2-1 subito dopo il pareggio granata. Un punto, dopo 10 sconfitte consecutive, che comunque fa classifica e morale alla ripresa, e fa pensare che per i ragazzi di Bocchetti e Zaffaroni il discorso salvezza possa restare aperto;

- Il grande ex di giornata è Ivan Juric, e la gara di oggi è lo spot della sua carriera: il suo Toro, bello, identitario ed intenso, non è riuscito a portare a casa quanto meritava, cosa che è spesso accaduta nelle avventure del tecnico croato.  Se da un lato le sue squadre sono sempre aggressive e volitive, andando spesso oltre i propri limiti tecnici, dall’altra non sono sempre così ciniche quando si tratta di raccogliere, così come accadde anche all’Hellas, straripante nei gironi d’andata quanto remissivo nella seconda fase di campionato. Che Juric sappia dare un’identità è assodato: probabilmente il salto di qualità, suo e del suo Toro, sta nella capacità di trovare un quid “fuori sistema” che scardini anche gare come questa.


  • Torinese e granata dal 1984, dopo una laurea in Filosofia, opto per diventare allenatore professionista di pallavolo, giusto per assicurarmi una condizione di permanente precarietà emotiva e sociale. Questa scelta, influenzata non poco dalla Generazione di Fenomeni che vinse tutto a cavallo degli anni 90', mi porta da anni a girovagare per l'Europa inseguendo sogni e palloni, ma anche a rinunciare spesso a tutto il resto di cose che amo fare nella vita: nei momenti di sconforto per fortuna esistono i libri, il mare, il cioccolato fondente e le storie di sport in cui la classe operaia va in paradiso.

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