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- di Lorenzo Lombardi

Gianmarco Pozzecco, in equilibrio sopra la follia


Pazzo, genuino, vulcanico, carismatico, incosciente, passionale, ingestibile, dissennato. Questi sono solo alcuni aggettivi che, se mescolati con una passione viscerale e un amore oltremodo smisurato per la pallacanestro, possono descrivere Gianmarco Pozzecco.


Nato a Gorizia nel 1972, il “Poz” si nutre di basket fin dai giorni in cui, palla alla mano, passa interi pomeriggi al campetto del ricreatorio Umberto Saba del rione di casa sua, a Chiarbola. Capisce subito che madre natura, a differenza di alcuni suoi compagni di squadra, non lo ha dotato del classico “super fisico” tipico del cestista. Gianmarco è un ragazzo minuto ed esile ma possiede qualcosa che, sin dagli anni giovanili, gli permette di sopperire alle lacune fisiche: una passione reale e “carnale” per la palla a spicchi.

Quel parquet, 15 x 28, rappresenta una droga per lui e ogni volta che lo calpesta spende ogni energia che ha in corpo per, come direbbe lui stesso, "fare il culo a tutti".

La sua carriera da giocatore inizia nei dilettanti, ma é a Udine che Pozzecco inizia il suo percorso tra i grandi. Proprio nella sua prima esperienza professionistica si rende conto di alcuni piccoli aspetti che lo differenziano dai suoi compagni. Per esempio: spesso sente compagni di squadra lamentarsi degli allenamenti mattutini, mentre lui è consapevole che ogni giorno ha la fortuna di fare ciò che piú ama e la possibilità di inseguire il suo sogno.

Dopo una breve parentesi in serie A con la maglia amaranto del Livorno, si trasferisce a Varese. Nei 7 anni con la “grande Ignis” Gianmarco trova il suo trampolino di lancio e passa attraverso una retrocessione in A2, il ritorno in A1, fino alle storiche vittorie di scudetto e supercoppa. 

Nel frattempo inizia a vestire anche la maglia Azzurra della nazionale e con la “spedizione” di Atene 2004 passa alla storia per aver raggiunto un podio sensazionale, conquistando la medaglia d’argento. Nel 2006 si trasferisce all’estero, più precisamente in Russia, per giocare con la casacca della Khimki Mosca.

Dopo questa esperienza, che regalerà piú momenti negativi che positivi, rientra in Italia a Capo d’Orlando agli ordini di coach Meo Sacchetti, scelta che si rivelerà determinante per il suo futuro.

“Noi facciamo piani mentre la vita succede” 

Chi di noi almeno una volta non si è chiesto che cosa sarebbe stato della propria vita se…
Una domanda che nasce di fronte all’imprevedibilità della vita, alle sue coincidenze e alle porte del destino che si aprono e chiudono davanti a noi. Le “Sliding Doors” hanno il potere di cambiare il nostro percorso, correggere la nostra rotta, spesso nei modi e con i tempi più inaspettati.

Si sarà chiesto più volte, Gianmarco Pozzecco, cosa sarebbe stato di lui se non avesse accettato la proposta di Capo d’Orlando, perché è proprio nel messinese che chiuderà la propria carriera da giocatore per aprire un nuovo capitolo della sua “frenetica” vita. Nei primi due anni da head coach dell’Orlandina raggiunge dapprima una tranquilla salvezza, per poi arrivare fino alla finale playoff sfiorando una vera e propria impresa. La tappa successiva lo porta nella città che lo aveva reso protagonista sul parquet, Varese, dove nella stagione 14/15 non darà seguito all’ottima annata precedente.

Nell’ennesimo momento di difficoltà entra, ancora una volta, in gioco il destino.

Grazie all’amico Veljko Mršić, ex compagno a Varese, Gianmarco diventa assistant coach della Cedevita Zagabria, dove i due riescono a stupire, guidando una squadra di “underdog”. L’esperienza croata è stata fondamentale nel suo percorso di crescita poiché, come affermato da lui stesso, gli ha permesso di vedere alcuni dettagli analitici e tattici da un’altra prospettiva. 

“Il mio modo di allenare è un puzzle di tutti gli allenatori che ho avuto. Tutto il mio basket è fatto di esperienze che ho vissuto sul campo e il mio strumento principale è la memoria”.

Nella stagione 2018/2019 a Sassari raggiunge un importante successo, la Fiba Europe Cup. Dopo la scelta, discussa, di tornare a vestire i panni di assistant coach agli ordini di Ettore Messina per l’Olimpia Milano culminata con la vittoria dello scudetto, “il Poz” viene scelto sorprendentemente come head coach della nazionale italiana, succedendo proprio a Meo Sacchetti. 

L’occasione di una vita. 

Olanda-Italia. Prima partita ufficiale di Pozzecco alla guida dell’Italia. Time-out, telecamere sul cerchio degli azzurri:

“Se prendi il blocco troppo alto siamo inculati” 

Senza filtri e tra mille polemiche legate al suo carattere e alla sua irriverenza, l’era Pozzecco è iniziata con un ottima cavalcata agli Europei, fermata solo ai quarti di finale dalla Francia, e poche settimane fa è arrivata anche la qualificazione ai prossimi mondiali grazie ad una vittoria contro la Georgia. In questa partita giocata punto a punto fino all’ultimo secondo, Pozzecco ha dimostrato di aver letto bene la gara, chiedendo ai suoi un grande lavoro difensivo e tattico sotto canestro, e inoltre ha dato prova del suo pregio principale: é riuscito a unire un gruppo, diventato una famiglia, coinvolgendo 19 giocatori e partendo dallo spogliatoio come “luogo sacro” dove grazie ai suoi discorsi ed al clima creatosi, i propri giocatori son disposti a dare tutto per ripagare la fiducia e l’amore del loro coach.

Il nuovo, arduo, compito del Commissario Tecnico è convincere un ragazzone di 2.08, che risponde al nome di Paolo Banchero, ad accettare la corte della nazionale italiana di basket. Da poco selezionato come First Pick al draft 2022 dagli Orlando Magic, il cestista statunitense ha cittadinanza italiana e non ha mai nascosto la sua passione per “lo Stivale”. La sua carriera NBA è iniziata nel migliore dei modi, mantenendo una media punti per partita superiore a 20 e mostrando di essere già uno dei protagonisti all’interno di una lega fatta di atleti e cestisti incredibili. Le sue doti hanno convinto una delegazione azzurra guidata da Pozzecco, a incontrare direttamente Paolo, coadiuvato dagli agenti e dal padre.

L’incontro è avvenuto dopo la partita tra Orlando Magic e Milwaukee Bucks ed è stato utile per presentare a Banchero i programmi tecnici della Nazionale e condividere un piano strategico di marketing e comunicazione a lui legato. Il ragazzo ha manifestato ancora una volta apertura al progetto, riservandosi di dare conferma nel corso della stagione. Pozzecco si è espresso fiducioso e ha elogiato Banchero definendolo “un ragazzo d’oro”. Non sarà semplice ma forse anche grazie al carisma e alla passione del ct l’Italia cestistica potrà godere delle giocate di una nuova stella.

Troppo spesso la felicità è legata al successo di una persona. Dovrebbe, invece, essere data dalla voglia che si ha di aspirare a diventare grandi. Bisogna avere una passione forte che va oltre ogni ostacolo.

A volte non è necessario voler diventare Michael Jordan o Phil Jackson, basta essere se stessi.
Come Gianmarco Pozzecco.

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Malato di sport sin dalla nascita, amante del calcio e soprattutto di quello inglese, dove la pioggia è l’ingrediente principale. Tuttora inseguo un sogno correndo dietro al pallone. Accanito lettore e appassionato di basket e del mondo americano. Idolo indiscusso? Kobe Bryant.

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