Il talk show calcistico oggi: solita recita tramortita dai social
Tra copioni e personaggi che non cambiano, web e nuove piattaforme sono il vero acceleratore per il cambiamento. Non senza rischi però.
Quanto è bella la notte, che nasconde eppure include chi non vuole rivelarsi del tutto. Che superflua la parola approfittando della stanchezza, dell’oblio che prelude al giorno. Forse è questa l’idea che muove gli autori dei moderni talk show di calcio, più che altro quelli che – ironia della sorte data la premessa – vengono trasmessi in chiaro. Non c’è bisogno di fare nomi, non c’è possibilità di fraintendimento, i poli sono due: tv di stato e tv privata offerta al pubblico. Poi c’è anche internet ma è un discorso diverso.
Che sia per una questione di diritti o di opportunità, c’è la tendenza a spostare questi programmi ad orari sempre più notturni. È sempre stato così ma oggi di più. Quasi come se, a volte, l’obiettivo sia nascondere un qualcosa che deve esserci per puro spirito di partecipazione ma che, a conti fatti, viene percepito più come un male necessario.
Mediaset
Partiamo dalle reti berlusconiane. In principio – datando il tutto convenzionalmente con i ricordi di chi non è troppo attempato – fu Controcampo. Piccinini, Mughini, Abatantuono, Beppe Signori che ogni tanto mangiava i Buondì Motta e l’avvenente showgirl di turno.
Una recita che funzionava, una narrazione con protagonisti e antagonisti funzionali al gioco delle parti richiesto nella grande sceneggiata calcistica italiana. Divertente ma moderno per l’epoca, parliamo soprattutto degli anni a cavallo tra fine ’90 e metà 2000. In maniera simile ma condito da molto politically correct, il copione odierno è lo stesso. Opinionisti che in settimana fanno la spola tra canali regionali, radio e quant’altro. Tranne qualcuno che, confrontato con gli altri, appare un tenero giovincello, i volti sono noti. Tenuti in considerazione perché sicuramene validi ma anche perché l’impostazione editoriale sembra sempre quella: fare casino. Senza accavallarsi in stile Biscardi, senza caciara da televisione lombarda ma spingendo sulla polemica. Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che l’età è quella e che sono uomini formatisi in un mondo che forse non è più attuale, il trash è dietro l’angolo. Perché se l’essere equilibrati a tutti i costi finirà per ammazzare le nostre intelligenze, non rivedere le proprie posizioni da boomer può fare anche peggio.
I veri eroi sono i conduttori, spesso a rischio puritanesimo nella diabolica contraddizione di diventare avvocati dell’ovvio. Professionisti pronti a fare domande, nel nome della cronaca, ma poi costretti a correggere le risposte per evitare querele o linciaggi social: #respect.
RAI
Spostandosi nei pressi del Primo Canale o giusto un po’ più in là, formalmente lo scenario è lo stesso. Ospiti con stile, gente che il calcio l’ha vissuto, lo ha cambiato.
Una conduzione con elettrocardiogramma stabile, impostato sulla pulizia linguistica e concisa dell’istituto luce ma di alto livello e sicura resa. Qui il canovaccio è lo stesso: temi d’attualità ma con più equilibrio. Si parla uno per volta, a meno di animi troppo accesi e la polemica tende più alla frecciata. Perché educati sì ma scemi no e gli italiani pagano il canone. L’apertura verso il mondo femminile – presente regolarmente - è una buona notizia, non perché sia una concessione ma perché è bello dialogare tra maschi e femmine. Insomma, più qualità, anche se a volte il ritmo è un po’ più soporifero ma tutto ciò, in Rai come a Mediaset, è frutto di una scelta.
Escludiamo da quanto scritto il talk show che sta andando in scena in questi giorni post partita serale dei mondiali: "Il Circolo dei Mondiali" ha picchi di trash difficilmente ravvisati negli ultimi anni e meriterebbe un approfondimento a parte.
Resto del mondo
Per cambiare un po’ registro bisogna spostarsi nel privé. Primo esempio è quello di Sky, salotto âgé-chic 2.0. Una volta – ma lo è ancora – innovatore per eccellenza, oggi futurista in crisi. Non fraintendiamoci, il livello di offerta sportiva tra racconto, realizzazione e approfondimento, resta forse il migliore in circolazione. I nuovi trend rischiano però di affossarlo. Tra un Tiktok di qua e un Instagram di là, la saggezza di un Condò o di un Porrà appare come perle ai porci a volte. È colpa della semplificazione a tutti i costi, livellatrice per chi ha meno mezzi ma anche dittatoriale nel renderci tutti meno perspicaci.
A riscrivere il copione è stato DAZN. Pochi fronzoli, si usa un'app e una connessione (lasciamo da parte le ironie). Il protagonista è il gioco per cui in squadra ci vogliono loro, i calciatori. Seconde voci, opinionisti, tattici, ex-giocatori in ogni salsa per spiegare e per condividere quello che hanno vissuto, facendo sentire lo spettatore meno lontano. A fare il resto c’è una truppa di giovani giornalisti, che con il loro linguaggio alla “hey bro” riescono a svecchiare non poco il mondo del pallone. Sport fantastico ma forse da troppo tempo uguale e impermeabile. In parte lo fa anche Amazon Prime ma una partita ogni tanto è troppo poco per giudizi definitivi. Aver riportato Sandro Piccinini in cabina di commento vale però un segno più sul registro delle interrogazioni.
E infine ci sono loro, i ragazzi della Bobo TV. Quattro amici, chiacchiere come al bar e, forse, il richiamo ad una vecchia canzone non è casuale. Perché il calcio è della gente, come tengono sempre a ricordare. Perché la passione regna sovrana, quindi spazio a pensieri nudi e crudi, anche se a volte scappa qualcosa che assomiglia ad un vaffa o ad una condanna senza appello. È bello ma anche noioso e pericoloso. Appiattire verso il basso consentendo a tutti di capire, è il principio cardine del giornalismo ma, se fatto in maniera estrema, può avere l’effetto contrario: dire qualche cazzata.
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