Considerazioni sparse post Qatar-Ecuador (0-2)
L'incipit del Mondiale è firmato da Valencia: l'Ecuador ottiene la vittoria, mentre il Qatar non sembra aver diritto di cittadinanza al suo Mondiale.
- Avete presente quelle classiche squadre simpatia che attirano il tifo tra i neutrali? Quelle Nazionali, magari che ospitano e organizzano il torneo, sulla carta inferiori alla concorrenza ma che, con cuore e orgoglio, riescono a supplire alla differenza tecnica con uno spirito indomito che non può che accogliere il supporto di chi non è direttamente coinvolto? Ecco: il Qatar è il negativo di questa fotografia. Sembra tutto finto, creato in laboratorio, spogliato da qualsiasi istinto e pulsione: persino la frangia più "calda" dell'Al Bayt Stadium sembra costituita da ologrammi, proiettati da schermi come se si fosse nella NBA Bubble di Orlando;
- La chiave per l'Ecuador sono le transizioni lunghe: ci vuole francamente poco a scardinare il blocco dell'undici di Sanchez Bas, ma gli uomini di Gustavo Alfaro svolgono diligentemente il compitino, non essendo mai costretti ad alzare il ritmo. Il simil 3-4-3 sudamericano non incontra eccessiva pressione dai qatarioti, consentendo a capitan Valencia e compagni di nascondere le lampanti lacune tecniche e godersi, almeno per una notte, la vetta solitaria del girone A. Facile, penserete: è l'unica ad aver giocato. Certo. Faremmo cambio, negli spogliatoi del prepartita della vibrante amichevole con l'Austria? Ovvio;
- L'esuberanza di Pedro Miguel, l'ordine tattico di Karim Boudiaf, il colpo di testa clamorosamente sbucciato da Ali Almoez al crepuscolo del primo tempo: i segnali dal Qatar nell'esordio al Mondiale possono limitarsi a questo. Sanchez predispone i suoi con un 3-5-2 fedele, in teoria, ai principi del gioco posizionale di scuola catalana. La potenza, tuttavia, non si trasforma in atto: il livello tecnico è infimo. Rimane da chiedersi come abbia fatto il Qatar a vincere una Coppa d'Asia subendo una sola rete. E, tornando al primo punto, non sembra neanche che fossero schiacciati dalla pressione del giocare ad Al Khor: semplicemente, e tristemente, il Qatar è sembrata una squadra scarsa, poverissima di idee e qualità;
- Caicedo ed Estupinan giocano col freno a mano tirato, quasi come se non avessero ancora realizzato che ad allenarli sia Alfaro e non Roberto De Zerbi da Brescia. Hincapié non è chiamato a compiere interventi alla Romero, che avevano attirato le attenzioni di mezza Europa due estati fa prima che firmasse per il Bayer Leverkusen. Plata non conferma i lampi che ha mostrato nell'inizio della Liga e la tuta sgargiante di Galindez, per nostra fortuna, praticamente non si vede mai. Ai sudamericani è sufficiente l'elettricità di Preciado sulla destra e l'onnipresenza sulla trequarti avversaria di Enner Valencia, totem ed epicentro tecnico ed emotivo dell'Ecuador;
- Quando ci si rende conto che ciò che tiene svegli davanti alla televisione o allo schermo è la girandola di cambi verso metà secondo tempo e l'illusione che sia Sulley quel Muntari col numero 9, il dado è tratto: se Qatar 2022 voleva presentarsi con una copertina ingannevole, che scacciasse anche solo per 90' tutto il becero e l'illegale che si insinua nell'organizzazione, Qatar-Ecuador non è stata una grandissima trovata. E scusateci l'eufemismo. Oltre il danno, anche la beffa: l'uscita per infortunio di Enner Valencia rischia di impoverire ulteriormente il girone A, già segnato dall’assenza recente di Manè e di un livello medio accettabile. Con tutto il (presunto) rispetto per il Qatar. Viene quasi voglia di guardare Austria-Italia. Quasi...
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