Mondiale 2022: guida al Marocco
Una Nazionale storicamente votata a un calcio tecnico e barocco, che anche in Qatar si presenta senza particolari ambizioni se non regalare qualche sprazzo di bellezza fine a sé stessa.
Le condotte criminali intorno al mondiale in Qatar sono note a tutti. Sportellate ha deciso che così come non ha mai rinunciato a raccontare questi aspetti oscuri, allo stesso modo fornirà anche il racconto sportivo di quanto accadrà sul campo. È un modo per offrire un'informazione completa a 360°. Abbiamo approfondito le ragioni della nostra scelta in questo post.
Quando una squadra di calcio è agitata da forti tensioni interne, si dice che lo spogliatoio è “una polveriera”. Un’espressione giornalistica forse sciatta, sicuramente abusata. Eppure, non c’è metafora migliore di “polveriera” per definire la Nazionale del Marocco, che ha esonerato il CT Halilhodzic a tre mesi dal Mondiale, lo scorso 11 agosto.
Vahid Halilhodzic aveva qualificato anche bene il Marocco per il Qatar, vincendo tutte e sei le partite del primo girone (più di 3 gol di media a partita, 1 solo gol subito) ed eliminando la Repubblica Democratica del Congo di Hector Cuper nello spareggio di marzo, battuta per 4-1 nel ritorno a Casablanca. Nel mezzo, una Coppa d’Africa giocata così e così, in cui il Marocco ha fatto il Marocco: una squadra raffinata e saturnina, tanto talentuosa quanto allergica all’idea volgare di dover segnare per vincere. E infatti esce contro una squadra che è la sua nemesi: quell’Egitto tutto calcoli e guerra psicologica che ambisce a succhiare via ogni componente ludica dal calcio. Halilhodzic comunque resta al suo posto, qualifica il Marocco al Mondiale e a giugno vince anche le prime due partite di qualificazione alla Coppa d’Africa 2023.
Tutto questo mentre in sottofondo si fa sempre più forte il rumore dell’esclusione di Ziyech. Per sintetizzare una vicenda complessa: da settembre 2021 Halilhodzic non convoca più Ziyech, dice che nelle convocazioni precedenti si è rifiutato di allenarsi e di scendere in campo con la nazionale fingendo di essere infortunato, nonostante i medici dicessero che stava bene. Ziyech smentisce questa versione delle cose e l’opinione pubblica – federazione inclusa – invece di schierarsi col CT richiedono a gran voce il ritorno del calciatore, probabilmente il più talentuoso della rosa. Forse è stato quando hanno capito che Halilhodzic non avrebbe convocato Ziyech ai Mondiali che i dirigenti federali hanno deciso di esonerare il CT. Secondo questo articolo, oltre che con Ziyech Halilhodzic aveva rapporti tesi anche con altri calciatori. È la terza volta che Halilhodzic si qualifica al mondiale e viene esonerato prima di giocarlo.
Il nuovo CT, Walid Regragui, è un tecnico giovane ma già con un discreto palmarès tra campionato marocchino e qatariota. Nell’ultima stagione ha vinto campionato e Champions League africana con il Wydad Casablanca. A settembre ha esordito sulla panchina del Marocco, una vittoria per 2-0 sul Cile e un pareggio 0-0 col Paraguay, entrambe in amichevole. Due partite in cui sono tornati dal 1’ Hakim Ziyech e Noussair Mazraoui – anche questo escluso da Halilhodzic.
La rosa
Rispettando la naturale vocazione alla tecnica del Marocco (47 milioni di abitanti, quasi tutti trequartisti), il CT schiera un 4-1-4-1 che permette innanzitutto di buttare dentro tutti i fantasisti a disposizione. L’identità della squadra è definita dai quattro artisti che giocano sulla trequarti: Sofiane Boufal, Selim Amallah, Azzedine Ounahi, Hakim Ziyech, e su ciascuno di loro servirebbe un pezzo a parte. Se Boufal sulla fascia sinistra porta palla al massimo della velocità, si accentra sul destro, dribbla tutti, riempie le sue partite di intagli barocchi, sulla fascia opposta Ziyech conserva un gusto minimalista. Si limita a una regia placida, mette la pausa, cambia verso alle azioni con cambi campo al micron, fatti col collo del piede mancino.
Su Fbref la quantità di statistiche offensive su cui Boufal primeggia è oltraggiosa: tra i migliori in Europa per passaggi, passaggi progressivi, occasioni create, passaggi nell’ultimo terzo di campo, azioni offensive che producono un tiro, tocchi. Tra gli attaccanti dei cinque migliori campionati europei (gioca in Francia, nell’Angers) è primo in assoluto per dribbling tentati e riusciti ogni 90 minuti – rispettivamente 7.34 e 3.42. Un giocatore per cui le tv dovrebbero impostare un primo piano fisso sugli scarpini: vederlo dall’inquadratura televisiva classica, in lontananza, è uno spreco.
Al centro si muovono Amallah dello Standard Liegi e Ounahi dell’Angers (quindi compagno di squadra di Boufal). Ounahi è un trequartista adattato mezzala, appena ricevuta palla tanto per cominciare deve dribblare il primo avversario che gli capita a tiro, come fosse il caffè del mattino che serve a scuotersi; poi, può pensare al resto. Un giocatore così magro e leggero che sembra planare a diversi centimetri da terra. Amallah, nato e cresciuto in Belgio, è invece un trequartista più asciutto e geometrico dei compagni di reparto, abile soprattutto a galleggiare tra le linee e inserirsi in area senza palla: un classico shadow striker del calcio fiammingo. Purtroppo al Mondiale non ci sarà Amine Harit, trequartista funambolico ed elettrico del Marsiglia, infortunatosi al ginocchio proprio nell'ultima partita di Ligue 1.
Un dribbling di suola di Ounahi
Attorno a questa batteria di fantasisti, si giocano il posto altre ali/trequartisti altrettanto tecnici ed estrosi: il sampdoriano Sabiri, l’eterno Belhanda, il barcellonista Ezzalzouli. Una possibile sorpresa potrebbe essere Ilias Chair, 24enne trequartista del QPR, dove è arrivato per raccogliere l’eredità del nume tutelare Taarabt. Chair è un numero 10 dal baricentro bassissimo, iper-dinamico ed elastico, con una grande esplosività nei dribbling in spazi stretti. A vederlo giocare, col suo metro e 58 e le cosce robuste, sembra non condividere nulla col patrimonio genetico dei suoi compagni, tutti con le gambe magre e dritte come steli di sedano.
Se il CT dovrà lavorare più da direttore artistico che da allenatore di calcio per dare un senso a questa ensamble di fantasisti, un ruolo altrettanto difficile spetta alla punta: convertire in gol l’enorme mole di possesso e di occasioni creati dai centrocampisti. Un compito dalla difficoltà storica, su cui pesa la tradizione del Marocco di nazionale cronicamente inconcludente, iper-creativa sulla trequarti ma priva di centravanti all’altezza. Una storia simile a quella del Portogallo pre-CR7. Il titolare dovrebbe essere Youssef En-Nesyri del Siviglia: una punta tecnica, creativa, sensibile nel tocco di palla, ma in qualche modo più adatta ad attaccare in spazi lunghi, che non a fare i brevi tagli in area richiesti dagli attacchi posizionali del Marocco.
Un problema che non risolverebbe nemmeno Walid Cheddira, attuale capocannoniere di Serie B con il Bari, che ha esordito in nazionale a settembre ed è stato convocato al mondiale un po' a sorpresa. Chissà, allora, che non possa diventare il mondiale di Abderrazak Hamdallah, convocato a sorpresa dopo una mancanza dalla nazionale di oltre tre anni, mai più convocato dopo che nel 2019 aveva abbandonato il ritiro della Nazionale arrabbiato perché in un'amichevole non gli era stato concesso di tirare un rigore all'ultimo minuto - un'altra prova della leggendaria "tranquillità" dello spogliatoio marocchino. Hamdallah ha quasi 32 anni e ha speso l'intera carriera tra mondo arabo e Cina. Ma è sempre stato un bomber molto prolifico: 240 gol in 281 partite con i club, secondo Transfermarkt.
"Sabbia" è un podcast in quattro episodi scritto e realizzato da Sportellate. Un progetto nato con l'obiettivo di descrivere le fondamenta criminali su cui poggiano - tanto metaforicamente quanto letteralmente - gli stadi di Qatar 2022. Online dal 14 novembre su tutte le piattaforme di streaming podcast.
Il Marocco è una nazionale portata al tocco, al possesso palla, alle combinazioni raffinate, ma non bisogna pensarla una squadra indolente, o flemmatica. Senza palla l’intensità che spendono per recuperare il possesso è altissima. Un’aggressività che stupisce in una rosa di giocatori che sembrano non avere un grammo di muscoli. L’unico davvero grosso è Sofyan Amrabat, perno davanti alla difesa. Il mediano della Fiorentina, lo conosciamo, a volte ha i piedi duri e manca dell’agilità sotto pressione che servirebbe a un buon metodista, specie in un sistema votato al possesso; senza palla però il suo stile aggressivo è l’interruttore che fa scattare in alto il gegenpressing del Marocco e che fa salire la difesa, altrettanto aggressiva e predisposta a difendere in avanti.
I due esterni, Mazraoui e Hakimi, più che terzini a tutta fascia sono due centrocampisti box-to-box: per l’aggressività con cui abbandonano la loro posizione e portano pressione in alto, ma pure per l’ambizione con cui si propongono in avanti, anche nei corridoi centrali del campo, partecipando con la propria creatività al possesso della squadra oppure inserendosi senza palla sul lato debole.
Qui una transizione offensiva del Marocco confezionata da Boufal, Harit, Ziyech, Hakimi e Mmaee
Se vi piacciono le squadre ambiziose, che interpretano il calcio in modo coraggioso e un filo naif, squadre tecniche e zeppe di feticci di cui innamorarsi per la durata breve di un Mondiale, il Marocco è la squadra che dovreste tifare.
Il pronostico
È difficile prevedere il percorso del Marocco, squadra fricchettona e umorale per tradizione, una che può funzionare come fallire miseramente. Il suo girone poi è oltremodo difficile, con le ingiocabili Belgio e Croazia e poi un’altra nazionale su cui c’è grande hype (forse troppo) come il Canada. Una situazione che somiglia molto a quella del 2018, quando il Marocco era nel gruppo con Spagna e Portogallo. Passare il turno è difficile e per questo il destino del Marocco a questi Mondiali sembra il destino del Marocco di sempre: l’arte per l’arte. Regalare sprazzi di pura e semplice bellezza calcistica senza alcuno scopo concreto.
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