Mondiale 2022: guida alla Serbia
La Serbia può essere la mina vagante di Qatar 2022. Una squadra sconsigliata ai deboli di cuore ma raccomandata agli amanti del genio calcistico e dell'estetica.
Le condotte criminali intorno al mondiale in Qatar sono note a tutti. Sportellate ha deciso che così come non ha mai rinunciato a raccontare questi aspetti oscuri, allo stesso modo fornirà anche il racconto sportivo di quanto accadrà sul campo. È un modo per offrire un'informazione completa a 360°. Abbiamo approfondito le ragioni della nostra scelta in questo post.
Esiste una storia dall'ambientazione balcanica in cui dramma, romanticismo, tragedia e eventi sfortunati non prevaricano sugli elementi di controllo razionale e umano? Ovviamente no. Potrebbe far eccezione la pur breve storia della Nazionale serba di calcio? Ovviamente no. Potrebbe farlo il rapporto burrascoso tra la Serbia e i Mondiali? La risposta dovreste, a questo punto, conoscerla già.
Se si vuol considerare l'esperienza serba ai Campionati del Mondo comprendendo anche le annate in cui a Belgrado si parlava ancora di Jugoslavia, le sfumature sono già drammatiche. A USA '94 la Repubblica Federale di Jugoslavia non poté partecipare per via delle sanzioni comminate per il conflitto ancora in corso nel proprio territorio. Alla prima occasione utile, ovvero Francia '98, la Jugo riuscì a superare il girone, e fu eliminata da un gol di Davids su assist di Ronald de Boer all'ultimo minuto degli ottavi di finale.
Se si vuol considerare l'esperienza serba ai Campionati del Mondo comprendendo anche la comparsata in Germania '06, con la denominazione di Serbia e Montenegro, si farebbe corretta informazione calcistica ma un torto alla storia geopolitica. Il Montenegro aveva già ottenuto l'autonomia da Belgrado nel maggio 2006, ma le federazioni calcistiche decisero di competere con la stessa maglia quell'estate, portando a termine il cammino quadriennale. Risultato? Tre sconfitte su 3, compreso il 6-0 con l'Argentina di un ipertricotico e sbarbato Lionel Messi.
Dal 2010 a oggi, le partecipazioni serbe ai Mondiali hanno causato solamente frustrazioni e delusioni. In Sudafrica la sconfitta con l'Australia vanifica l'impresa con la Germania suggellata dal rigore parato da Stojkovic, e impedisce alla squadra di Radomir Antic di superare il primo girone. A Brasile 2014 la Serbia non riesce nemmeno a qualificarsi: sono anni tumultuosi - quelli della contestazione a Genova di Ivan il Terribile, e della gestione Sinisa Mihajlovic - in cui i forti picchi emotivi non sono mai accompagnati da risultati positivi.
Russia 2018 è solo l'ultimo capitolo di una lunga serie di spedizioni mondiali sfortunate per le Aquile Bianche: la vittoria all'esordio col Costarica appartiene all'ordine delle cose, così come la sconfitta onorevole col Brasile di Neymar e Coutinho. Nella sfida decisiva per il passaggio del turno, contro la Svizzera, si consuma il più consueto degli psicodrammi serbi, che in questo caso raggiunge punte parossistiche di crudeltà: pareggio subìto nel secondo tempo, gol decisivo dell'1-2 al 90', esultanze provocatorie degli avversari, con Xhaka e Shaqiri che mimano l'aquila albanese, rivendicando orgogliosamente le origini kosovare incuranti delle polemiche che ne sarebbero derivate.
Il cammino di qualificazione a Qatar 2022, allora, poteva privarsi di momenti mitici, a tratti cinematografici? Se l'ultima partita del girone si disputa al Marakana, lo spettacolo non può che essere epico: vittoria contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo, gol regolari misteriosamente annullati ai lusitani, uscite dal campo anzitempo in forma di protesta del 7 del Manchester United, interventi semidivini a mantenere l'imbattibilità dei serbi nel girone.
Al mondiale aspettarsi dalla Serbia una partecipazione anonima e banale è poco verosimile. La sete di rivalsa per l'eliminazione di quattro anni fa non è stata ancora saziata, anche perchè la Serbia ha mancato la qualificazione a Euro 2020 a causa della sconfitta ai rigori contro la Scozia - altro psicodramma. La Serbia freme per riscattarsi: lo spirito serbo può definirsi in svariati modi, ma indulgente non è certo tra questi.
La rosa
La base sulla quale il CT Dragan Stojkovic (ex allenatore di Nagoya Grampus e Guangzhou R&F) ha plasmato la squadra che giocherà il Mondiale è un 3-4 tra difesa a centrocampo. La varietà di scelta si mostra sin dal portiere: Vanja Milinkovic Savic del Toro sembra il favorito a difendere i pali, ma la competizione è alta sia con Marko Dmitrovic sia con Predrag Rajkovic - rispettivamente riserva di Bonou al Siviglia e portiere del Maiorca detentore di cinque porte inviolate in Liga.
La difesa ruota attorno a Nikola Milenkovic, chiamato a essere perno del castello arretrato. A partire dal #4 della Viola, nessuno dei difensori convocati da Stojkovic gioca nel proprio club in uno schieramento a 3: ognuno dovrà adattarsi, compensando la disabitudine tattica con l'esuberanza fisica. L'esperto mancino dell'Almeria Babic, bosniaco di nascita, e Strahinja Pavlovic, nome conosciuto ai tifosi milanisti per il doppio confronto nel girone di Champions col Salisburgo, dovrebbero giocarsi la maglia come "braccetto" sinistro, col secondo leggermente favorito. Un nome spendibile come jolly sulla sinistra, sia a difesa che a centrocampo, è quello del veterano del Legia Varsavia Filip Mladenovic, indietro tuttavia nelle gerarchie.
Il terzetto dovrebbe essere completato da Milos Veljkovic, centrale del Werder Brema, nato a Basilea e cresciuto calcisticamente al Tottenham ma dal 2016 in Germania. Non è escluso che troveranno spazio anche Stefan Mitrovic, impiegabile sia a destra che a sinistra grazie all'ambidestrismo di piede e agli anni di esperienza accumulati in mezza Europa, o l'emergente Strahinja Erakovic, talento della Stella Rossa che fa della duttilità un marchio di fabbrica.
La fascia sinistra ha come re, imperatore, dittatore o qualsiasi altra carica dal potere indiscusso ed eterno Filip Kostic. L'unico che potrebbe agire nelle stesse zone di campo, oltre al già citato Mladenovic, è Darko Lazovic, visto in A al Genoa e attualmente all'Hellas. Ma il trentaduenne di Cacak non è in condizioni fisiche ideali e dovrebbe partire dalla panchina. A destra dovrebbe agire Andrija Zivkovic, ala del PAOK con un passato al Benfica che in nazionale arretra di qualche metro il raggio d'azione. Il reparto degli esterni è, paradossalmente, il più debole e privo di profondità della squadra serba. Dalla cintola in su, invece, la margherita di Stojkovic ha petali infiniti.
Sergej Milinkovic-Savic, Dusan Tadic e Dusan Vlahovic. La stella, il capitano e l'attaccante della Juventus sono le tre certezze della zona centrale offensiva. Attorno a loro giostreranno a turno, a seconda delle lune e delle necessità contingenti, una galassia di talenti mai totalmente espressi ma che, quando scendono dal letto col piede giusto, possono regalare singole prestazioni geniali.
Nella posizione di interno di centrocampo, accanto al Sergente Milinkovic-Savic, possono giocare Nemanja Maksimovic, rimasto fedele al Getafe nonostante le sirene di mercato sembravano allontanarlo dalla Liga, Nemanja Gudelj, regista di qualità e quantità del Siviglia di Sampaoli, oppure Uros Racic, prossimo avversario della Fiorentina in Conference League col Braga, in prestito dal Valencia dopo la trafila delle giovanili con la Stella Rossa. Tra il centrocampo e la trequarti possono trovare spazio Sasa Lukic e Ivan Ilic. L'abbondanza di giocatori qualitativi e duttili in mezzo al campo regala al CT la possibilità di cambiare diverse disposizioni, anche passando al doppio trequartista ad esempio.
Tra i centrocampisti un discorso a parte lo merita Marko Grujic, campione del mondo under 20 in Nuova Zelanda nel 2015. Chi l'avrebbe detto dopo quella vittoria che così tanti talenti serbi si sarebbero persi per strada? Conoscendo i precedenti del calcio serbo, era un'ipotesi prevedibile. Marko Grujic rientra tra questi talenti in parte rimasti inespressi, simbolo della labilità del talento calcistico. Centrocampista box-to-box capace di ribaltare l'azione in un batter d'occhio, si è ritrovato nel 2016 in un Liverpool forse troppo grande. Anche il successivo ritorno alla Stella Rossa e il passaggio all'Hertha Berlino, un ambiente in teoria meno oppressivo, sono stati deludenti. A distanza di sette anni, Grujic oggi si limita a poche comparse nel Porto di Conceiçao. Non malissimo, ma decisamente poco rispetto all'hype iniziale. Stojkovic gli ha sempre tenuto le porte aperte: Qatar 2022 sarà la rinascita del talento di Belgrado?
Sulla trequarti faranno rifiatare capitan Tadic talenti purissimi come Nemanja (Ma)Radonjic e Filip Djuricic. Davanti giocheranno Aleksandar Mitrovic, vicecapocannoniere della Premier League con il Fulham, e Dusan Vlahovic. Se il centravanti della Juventus dovesse ancora avere problemi di pubalgia, è pronto dalla panchina Luka Jovic. L'abbondanza di possibilità e di talento da cui la Serbia può attingere dalla metà campo in su è qualcosa che poche nazionali hanno.
Il 3-4-1-2 disegnato nell'immagine in alto è solo una delle infinite possibilità: Stojkovic potrebbe puntare su uno schema a punta unica e due trequartisti, alzando Sergej accanto a Tadic; potrebbe affidarsi a una mediana più muscolare con Gudelj e Lukic, o a una più offensiva con Sergej e Ilic; buttare dentro la scheggia impazzita Radonjic. In ogni conformazione l'unica costante è la qualità tecnica della Serbia.
Il pronostico
Se si parla di Aquile Bianche, abbozzare una previsione razionale è inopportuno. L'invito è abbandonarsi al flusso emotivo, alle sensazioni che giocatori così eterei trasmettono. Contro Brasile, Camerun e Svizzera, le tre avversarie nel girone G del mondiale, possono arrivare tre sconfitte tragiche oppure tre prestazioni eccellenti. La chiave per la compagine di Stojkovic sarà trovare equilibrio, sotto diversi punti di vista. Equilibrio psicologico, tra l'eccessiva frenesia e la tendenza all'autodistruzione tipiche della nazionale balcanica. Equilibrio tattico e tecnico, tra l'esasperazione delle qualità a scapito della compattezza e la rinuncia alla libertà dei singoli per paura di scoprirsi tremendamente fragili.
Sei giocatori della Liga e undici di Serie A non sono un patrimonio a disposizione di molte nazionali, anche più pubblicizzate. Se tutto va per il meglio la Serbia ha buone probabilità di passare il turno, magari come seconda del gruppo, e di incontrare poi agli ottavi di finale il Portogallo - probabile vincitore del Gruppo H. Sì, quel Portogallo già battuto e condannato ai play-off nel girone di qualificazione. A proposito di coincidenze: Camerun a parte, la Serbia è nel girone insieme a Brasile e Svizzera, un girone quindi per tre quarti uguale a quello di Russia 2018.
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