Considerazioni sparse post Roma-Napoli (0-1)
Se la pazienza è la virtù dei forti, poche squadre sono forti quanto questo Napoli.
- Dici Roma-Napoli e dici bestia nera: del Napoli dello scorso anno, che proprio all'Olimpico interruppe la sua striscia di vittorie consecutive in campionato (per non parlare del pari al ritorno che pose fine ai sogni tricolore degli azzurri), ma anche di Spalletti, che nei suoi confronti con Mourinho non è mai riuscito a strappare i tre punti;
- Basta poco a capire che l'Olimpico sarebbe stato un campo minato: e no, non parliamo delle condizioni del manto erboso (per il quale tanto si è lamentato la settimana scorsa Sarri), quanto per la resistenza arcigna, dura e a oltranza della Roma, il cui piano gara si può sintetizzare in un "costriuamo la trincea e poi si aspetta il novantesimo". Una tattica prevedibile, conoscendo lo Special One, ma che francamente non manca di sorprenderci: d'altronde, stiamo pur sempre parlando di calcio, e qualcosa quando il pallone ce l'hai fra i piedi ce lo aspetteremmo...;
- Il Napoli però, come tutti i forti, ha l'enorme virtù della pazienza: gli azzurri non cedono all'isteria e alla frustrazione nel vedere i propri tentativi schiantarsi in un modo o nell'altro sul muro giallorosso, né si fanno prendere dall'ansia col trascorrere dei minuti, bensì tengono sempre fede al loro piano di gara, cucendo gioco e lavorando ai fianchi l'avversario, come un pugile navigato, aspettando il momento opportuno per sferrare il montante decisivo;
- È una vittoria - l'undicesima consecutiva tra campionato e Champions -, e sono sempre tre punti, ma l'enorme peso specifico di questa gara fa sembrare quasi che siano quattro: è anche da come si affrontano, e soprattutto da come se ne viene fuori da partite del genere che passano le ambizioni di una squadra. Ancora una volta, il Napoli ha dimostrato che il limite, al momento, è solo il cielo;
- È, nonostante sappia bene quanto questa considerazione sia ripetitiva e banale, la vittoria del lavoro di Luciano Spalletti: il tecnico di Certaldo prepara la partita sugli scatti in profondità di Osimhen mirati a stressare il terzetto giallorosso, e crede ciecamente nel suo piano gara, lasciando in campo il nigeriano anche quando sembrava non riuscisse a caverne un ragno dal buco. Il gol del nigeriano è, in un certo senso, il più classico lieto fine. Ma Spalletti è anche il tecnico che sa lavorare con tutta la rosa, sfruttandone a pieno la profondità: l'ingresso del carneade Gaetano sullo 0-0 ha sorpreso tutti, persino il diretto interessato a quanto pare, eppure il giovane prodotto del vivaio azzurro vince subito la timidezza, giocando una gara precisa e ordinata. Sentire la fiducia incondizionata del proprio tecnico d'altronde è un plus fondamentale per far rendere al meglio un calciatore, specialmente se non si tratta propriamente di un titolare.
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