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pippo inzaghi
, 30 Settembre 2022

Pippo Inzaghi ha rimesso la Reggina sul trono


Come Pippo Inzaghi ha riportato entusiasmo e risultati attorno alla maglia amaranto.


Che ne era di Pippo Inzaghi

Il 23 marzo 2022, sei mesi or sono, segna una data simbolica per Pippo Inzaghi. Si tratta infatti del momento in cui l'ex attaccante si congeda ufficialmente dalla piazza bresciana. Per farlo, scrive una lunga lettera piena di rammarico, come se si fosse sentito tradito. Effettivamente, stando a quanto da lui riportato, la società lombarda si sarebbe impegnata a non esonerarlo se la squadra fosse rimasta in zona play-off. Seppur non brillante in quella parte di stagione, la squadra si trovava a -5 punti dalla vetta e in piena corsa per la promozione in Serie A. Ciononostante, il tecnico piacentino veniva allontanato in modo decisamente poco elegante dalla guida tecnica del Brescia Calcio.

L'esonero di marzo, in realtà, ha rappresentato solo il culmine della tensione pregressa accumulata in casa Rondinelle. Infatti, già a Febbraio il patron Cellino aveva inspiegabilmente tentato di sollevare Pippo Inzaghi dall'incarico malgrado la squadra si trovasse alla terza posizione. Un fulmine a ciel sereno essenzialmente. Alla base delle divergenze tra i due, la mancanza di sintonia nelle scelte tecniche. Del resto, Cellino ci ha da sempre abituati a questi "colpi di testa"; a scelte irrazionali ed irragionevoli per noi comuni mortali.

Non dovrebbe stupirci più nulla del patron del Brescia. Tant'è che due mesi dopo l'esonero e la negativa parentesi di Corini, Inzaghi viene invitato a presentarsi nuovamente al centro di allenamento del Brescia. Il ritorno del campione del mondo, con ancora un anno di contratto, non lasciava però margini verso una sua riconferma sulla panchina della squadra lombarda. Congedata la squadra, l'ex attaccante del Milan ha trovato l'intesa per una risoluzione consensuale del contratto.

Poteva, in questo modo, avere inizio il periodo sabbatico preannunciato dallo stesso mister.

Che ne era della Reggina

Nel mentre accadeva tutto ciò, la Reggina si apprestava a concludere il secondo campionato mediocre di fila. All'ultima giornata, la classifica recitava +11 sulla zona play-out e -12 dalla zona play-off. Dispersi nel limbo, al quattordicesimo posto. La posizione in classifica, tuttavia, non è veritiera: non basta per raccontare la stagione travagliata in casa amaranto. Da questo punto di vista, sì, la squadra ha saputo reagire bene.

In primo luogo, la mancanza di una chiara identità tecnica e tattica ha pregiudicato il campionato degli Amaranto. La dirigenza, all'inizio della stagione, ha affidato la guida della squadra ad Alfredo Aglietti, tecnico esperto del campionato cadetto. Inizialmente, la cura del mister toscano sortisce gli effetti sperati. Alla 12 giornata, quindi ad 1/3 del campionato, la Reggina si trova al quinto posto e in piena corsa per i play-off. La squadra non brilla nelle sue prestazioni, nonostante la rosa avesse elementi per farlo, ma è cinica. Non tesse trame di gioco particolarmente elaborate, ma porta a casa il risultato.

Da lì in poi, il buio. 5 sconfitte di fila, con soli 2 gol segnati a fronte di 14 subiti. L'esperienza di Alfredo Aglietti, quindi, termina inevitabilmente dopo un roboante 0-4 inflitto dall'Alessandria tra le mura amiche del Granillo. Il successore designato è Domenico Toscano, ex tecnico ancora sotto contratto. Le cose tuttavia non migliorano e il pubblico amaranto, sempre presente, inizia a spazientirsi.

Dopo sole 3 giornate, il neo-tecnico amaranto viene nuovamente sollevato dall'incarico per far posto a Roberto Stellone. La squadra, sotto il tecnico romano, ha un rendimento altalenante: 7 vittorie, 4 pareggi e 7 sconfitte. La stagione, quindi, si chiude con 46 punti totali ed un dato sconcertante: 31 gol segnati, secondo peggior attacco del campionato cadetto.

Le difficoltà societarie e l'homo novus

Come se non bastasse, ai non eccelsi risultati conseguiti dalla squadra, si sono aggiunte anche le vicissitudini societarie. Anzi, queste avranno sicuramente condizionato il rendimento della squadra nella parte finale della stagione. La Guardia di Finanza, nell'ambito di un'operazione condotta dalla Procura di Roma, eseguiva un'ordinanza di custodia cautelare verso l'allora presidente della società amaranto Luca Gallo. La società, inevitabilmente, ha avvertito uno scossone.

Prima di questo episodio, peraltro, la Reggina aveva già subito due punti di penalizzazione per il mancato versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps sugli stipendi dei propri tesserati. Pioveva sul bagnato, insomma. L'iscrizione al successivo campionato cadetto era messa a repentaglio, viste le difficoltà economiche della società.

Proprio nel momento più buio, però, è arrivato un segnale. Felice Saladini, imprenditore calabrese e grande appassionato di sport, acquistava la società amaranto e ne diveniva a tutti gli effetti il nuovo patron. Se fossimo in una tragedia greca, Saladini sarebbe senz'altro il deus ex machina. L'homo novus, già presidente di altre società sportive, ha riportato nuovo entusiasmo nella piazza, facendo breccia fin da subito nei cuori amaranto.

"Non è stato semplice, ma non potevo tirarmi indietro di fronte alla possibilità che un patrimonio così importante della nostra regione si potesse disperdere nel nulla. La Reggina è un patrimonio della Calabria e dobbiamo tutelarla", dirà nella conferenza stampa successiva all'acquisto della società. Ciò che colpisce, al di là delle parole, è la serietà del progetto tecnico intrapreso.

Le chiavi del mercato sono state ancora affidate a Massimo Taibi (proprio quel Massimo Taibi), da cinque anni ormai DS della società amaranto. L'ex portiere ha chiarito che il nuovo progetto societario dovrà essere valutato nel prossimo triennio e non nell'immediato. Ciò, principalmente, per frenare gli entusiasmi sorti attorno alla neonata compagine societaria.

Amore a prima vista (forse)

Ricostruita la dirigenza, serviva un allenatore che potesse sposare il progetto. Un allenatore possibilmente in cerca di riscatto, ma che allo stesso tempo potesse infiammare i cuori amaranto. Pippo Inzaghi! Chi meglio di lui? Chi meglio di un giocatore capace di esultare per un gol al campetto come in finale di Champions?

Eppure, l'Inzaghi mister non mi aveva mai convinto. Se è vero che le sue esperienze in categorie "minori" sono state memorabili, quelle nella massima serie non hanno rispettato le aspettative. Neanche l'ultima, col Brescia, poteva considerarsi degna di nota. L'aver accettato fin dall'inizio una panchina incandescente come quella del Milan non lo avrà di certo aiutato.

La scelta del mister, dice Taibi, è partita direttamente dal presidente Saladini. Forte del legame costruito ai tempi del Piacenza con Inzaghi, quindi, il DS prova a strappare il fatidico "sì" dalle labbra del tecnico. Quest'ultimo è titubante: non vorrebbe rinunciare al suo anno sabbatico. È disilluso. Il giorno della presentazione dirà a questo proposito: "Sapete che qualche mazzata l’ho presa, mi ha fatto male a livello umano. Non era facile per me ripartire, perché ero molto deluso umanamente, non sportivamente".

A convincere definitivamente Inzaghi è stato Saladini in prima persona. Il neo-presidente del club è volato a Formentera, dove il mister si trovava in vacanza, per chiudere l'accordo. Tant'è che il neo-tecnico riconoscerà questi sforzi nella prima conferenza stampa: "Ero a Formentera in mezzo al mare con la mia compagna e mio figlio di sette mesi, volevo prendermi un po' di tempo per stare sereno dopo un anno difficile, ma questa società ha fatto di tutto per portarmi qui. [...] Cercavo una società che potesse far lavorare serenamente sia me che il mio staff. Il blitz a Formentera del patron Saladini ha poi chiuso il cerchio".

Pippo Inzaghi, noi ti sosteniamo nelle difficoltà

L'inno della Reggina, in una frase diretta a suggellare l'amore tra la piazza e la squadra, recita: "Noi che ti sosteniamo nelle difficoltà, non ti fermare il sogno durerà". È un amore che, come per tutte le altre squadre, va oltre il risultato. Oltre ogni categoria. Di difficoltà, come visto, ce n'erano parecchie, con una società quasi completamente da rifondare. Inzaghi lo sapeva benissimo: "Sapevo da dove saremmo potuti partire. Conosco le difficoltà. Ma sono certo che rimboccandoci le maniche, con una proprietà del genere, con un tifo del genere, con le ambizioni che ho trovato, la durata del contratto, che penso sia fondamentale, faremo bene".

In primo luogo, c'era una rosa da riconquistare e un'impronta tattica da formare. Le premesse non erano certo delle migliori, dato che il ritiro estivo partiva in ritardo. Anche per questo motivo, si è scelto di rimanere tra le mura domestiche del Centro Sportivo Sant'Agata. Il calore della gente, ça va sans dire, non è mai mancato. L'accoglienza tributatagli è quella delle grandi occasioni.

C'era, soprattutto, una squadra da valutare e da puntellare. Si dovevano rimpiazzare alcune uscite importanti (Cortinovis, Hetemaj, Turati) e trattenere i pezzi pregiati, come Ménez o Rigoberto Rivas. La Reggina, a detta del DS Taibi, avrebbe ricevuto un'offerta irrinunciabile per l'honduregno, prontamente rispedita al mittente dal patron Saladini.

Il disegno tecnico di Pippo Inzaghi - avere a disposizione un mix di giocatori esperti e di giovani talentuosi - è stato prontamente assecondato dalla dirigenza amaranto. Pochi giorni dopo la nomina del nuovo mister, infatti, aveva inizio una campagna acquisti di lusso per la categoria. Approdavano a Reggio Calabria nomi altisonanti: Hernani, Majer, Santander, Canotto, Gagliolo, Camporese, Obi. Oltre a questi, alcuni giovani di belle speranze: Fabbian, Bouah, Pierozzi, Gori ecc.

La nuova Reggina di Pippo Inzaghi

I tasselli per il 4-3-3 immaginato dal tecnico emiliano c'erano tutti. Lui stesso si è più volte dichiarato soddisfatto del mercato appena concluso, pur conscio di dover amalgamare molti elementi di diversa provenienza. L'impronta di una Reggina aggressiva e propositiva, sognata dal neo-allenatore, era stata già più volte condivisa anche dalla dirigenza. "Vogliamo che la Reggina giochi bene e vogliamo che i tifosi si divertano", diceva il presidente Cardona. Società e allenatore remavano verso la stessa direzione. Nonostante questo, Inzaghi ci teneva - e ci tiene tutt'oggi - a ricordare che si tratta di un anno di transizione. Zero illusioni, anche dopo il primato temporaneo.

Ciò che stupisce, in questo avvio di campionato, sono i meccanismi già ben assorbiti dalla squadra. La squadra è ben abile a compattarsi in fase difensiva. Tutta la squadra si sacrifica nella fase difensiva, compresi i riferimenti più avanzati. Risultato di ciò, sono appena 2 gol subiti in sei partite.

La nuova squadra di Pippo Inzaghi non ama tessere trame di gioco con la palla tra i piedi. Ciò è confermato dai dati del possesso palla: la Reggina occupa il dodicesimo posto nella classifica per possesso palla medio per partita (47,8%). Per questo motivo, in fase di transizione positiva, si cercano quasi sempre i velocissimi esterni d'attacco con immediate verticalizzazioni.

Ménez verticalizza immediatamente per Canotto

Il campione del mondo 2006 è subito riuscito anche a curare la fase offensiva degli Amaranto, risultata carente nello scorso campionato. La squadra, col prezioso aiuto delle mezz'ali, attacca la metà campo avversaria con tanti uomini in fase di non possesso. Questo meccanismo permette non solo di recuperare palla nelle zone alte del campo, ma anche di attaccare altrettanto facilmente. La Reggina, infatti, ha segnato 14 gol in 6 gare e ha mandato in rete 11 marcatori diversi.

È riapparso Houdini

Uno dei meriti di Pippo Inzaghi è di aver ridato nuova vita alla carriera di Jérémy Ménez. L'esperienza del trentacinquenne francese alla Reggina stava per concludersi in maniera del tutto inaspettata. Nel dicembre 2021 il club calabrese e il suo entourage, a seguito di prestazioni non brillanti del fantasista ex Milan, stavano trovando un accordo per giungere alla risoluzione consensuale del contratto. Questo scenario, fortunatamente, non si è mai verificato.

Inzaghi ha quindi ritrovato in rosa un suo vecchio pupillo fin dall'esperienza in Rossonero. Già ai tempi, il neo-tecnico aveva contribuito a plasmare il talento del francese, cucendogli addosso il ruolo del falso nove. Proprio ai tempi del Milan risale un'intervista di Ménez in cui dice di voler smettere col calcio giocato dopo 7-8 anni da quel momento. 8 anni dopo, invece, si ritrova al centro del gioco del suo ex mister.

Pippo Inzaghi e Jérémy Ménez nella stagione 2014-15

La ritrovata forma del francese è di straordinaria importanza per il gioco della Reggina. Ancora una volta, la sua posizione in campo è al centro dell'attacco, in veste quasi di regista offensivo. I suoi spostamenti continui sul fronte d'attacco sono un'arma di continua imprevedibilità perché permettono di non dare punti di riferimento agli avversari.

Ménez, infatti, si abbassa spesso a ricevere palla nelle zone centrali del campo, attirando su di sé la pressione dei marcatori e lasciandosi dietro ampi spazi. Proprio questo movimento, che lega il gioco tra il reparto difensivo e quello offensivo, consente di liberare spazio per l'inserimento delle mezz'ali e degli esterni d'attacco. È un Ménez ritrovato, che contribuisce alla causa della squadra anche in fase di ripiegamento. Poche volte lo si era visto così lucido e continuo.

A questo lavoro generoso, ovviamente, si aggiunge la sua tecnica sopraffina. Giocate di questo tipo sono di un'altra categoria.

L'importanza delle mezz'ali

Le mezz'ali, come anticipato tra le righe, sono l'anima del gioco di Pippo Inzaghi. L'ago della bilancia che permette di transitare da un assetto difensivo ad uno offensivo. In particolare, queste sono fondamentali in fase di pressing: insieme agli attaccanti costruiscono spesso una linea a 5 volta a contrastare l'inizio dell'azione avversaria.

pippo inzaghi
In fase di non possesso la Reggina costruisce una linea a 5 composta dagli attaccanti e dalle mezz'ali - foto di strettoweb.com

La fase di possesso, come visto, prevede l'uso di Ménez come falso nove al fine di liberare spazio per gli inserimenti delle mezz'ali. Anche per questo Inzaghi, in considerazione del ritardo di preparazione, preferisce il francese ad una punta di ruolo. “In questo momento preferiamo svuotare l’area perché abbiamo mezzali di inserimento e anche per caratteristiche Santander non è pronto per giocare dall’inizio e mi voglio tenere una punta come Gori per un cambio", diceva il tecnico dopo la gara interna col Palermo.

Il compito delle mezz'ali, quindi, è quello di occupare l'area svuotata da Ménez. In questo ruolo, oltre all'esperto Žan Majer, si è distinto Giovanni Fabbian. Il giovane talento di proprietà dell'Inter è in grado di garantire costanti inserimenti nell'area avversaria e di attaccare gli spazi creati dai movimenti delle punte. Spesso è possibile trovare il giovane centrocampista al centro dell'attacco come ultimo riferimento offensivo. Non è un caso che dopo sei partite il calciatore dell'Under 19 abbia già siglato 3 reti, divenendo così capocannoniere della squadra amaranto.

Alcuni momenti salienti della stagione di Giovanni Fabbian

L'aria che si respira

Attorno a questo atteggiamento offensivo della squadra, che vince e convince, si è tornati a respirare un'aria di ottimismo. Un'aria che a Reggio Calabria, tra il fallimento del 2015 e le recenti difficoltà societarie, non si respirava da tempo.

Il clima in casa Reggina è disteso, come testimoniato da una foto pubblicata dallo stesso mister sui suoi canali social. Fino a non molto tempo fa, però, gli umori erano diametralmente opposti.

Sembra un po' il lieto fine di un romanzo rosa, dove i due protagonisti, entrambi scaricati, trovano la forza di reagire per diventare la miglior versione di se stessi. Eppure, è ancora troppo presto per trarre qualsiasi tipo di conclusione. Chiaro è che la Reggina ha attirato su di sé i riflettori di tutta la Serie B e non solo. Nascondersi ormai è impossibile e porsi dei traguardi ambiziosi è più che doveroso.

Nessuno chiedeva ad Inzaghi e alla squadra di vincere il campionato. Dire che l'obiettivo è la salvezza, a questo punto, è riduttivo e svilente nei confronti di una squadra che è all'altezza di grandi prestazioni e di una piazza che, nel bene e nel male, ha risposto sempre presente. Lasciamo pure da parte la scaramanzia.

  • Classe 1996. È ancora convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone. Gli piace l'odore delle case dei vecchi. Considera il 4-3-3 simbolo della perfezione estetica.

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