Cosa non funziona nella Fiorentina di Italiano
Dopo la scorsa stagione dove la squadra di Vincenzo Italiano aveva stupito per risultati e qualità di gioco, quest'anno la Fiorentina sembra aver perso il sentiero, finendo su un tragitto costellato di infortuni, difficoltà tecniche e incomprensioni tattiche. Facciamo il punto.
La pausa delle nazionali, l'ultima prima di un ottobre costellato di partite e del successivo lungo stop invernale per i Mondiali, è un piccolo giro di boa rispetto a una stagione che sappiamo lunghissima e sfibrante per tutte le squadre. Premessa questa doverosa da fare, perché tra le "teste di serie" della classifica finale 2021-2022, la Fiorentina non certo l'unica in difficoltà, e probabilmente nemmeno quella alle prese con le problematiche più gravi (vedasi le fatiche di Inter e Juventus).
Detto ciò, la compagine di Italiano, impegnata anche sul fronte europeo della Conference League, ha iniziato la stagione con un'innegabile crisi di risultati e di identità, la prima sotto la guida del tecnico di Karlsruhe. La vittoria nell'ultima gara con il Verona è arrivata un mese esatto dopo quella contro il Twente, che aveva seguito il 3-2 con la Cremonese a inizio campionato: in mezzo, cinque pareggi (di cui uno ininfluente, nel ritorno del playoff di UECL) e tre sconfitte.
La Fiorentina ha sofferto in questo avvio su più aspetti, con irrisolti di tipo tattico e tecnico oltre a problemi sul piano psicofisico, infortuni compresi. Il sovrapporsi di queste situazioni e la conseguente striscia negativa, culminata con la Caporetto di Istanbul contro il Basaksehir ha obbligato Italiano a ribaltare il tavolo, venendo meno a parte dei suoi principi e forse riuscendo, con il 2-0 agli scaligeri, ad arginare la crisi prima che fosse troppo tardi. D'altronde, la tradizionale serenità dell'ambiente gigliato (sarcasm) avrebbe reso invivibile questo periodo di pausa in caso di mancata vittoria contro il Verona. Periodo questo indispensabile alla squadra, e probabilmente anche all'allenatore, per ricaricare le batteria e mettere il punto alla situazione.
Preparazione, turnover, infortuni
La Fiorentina, a quota undici gare giocate in poco più di un mese, ha subito dovuto far fondo a numerose energie fisiche e mentali, con tempi di recupero ridotti. Una novità rispetto alla passata stagione priva di impegni europei, in un contesto che peraltro aveva già visto i Viola far scivoloni nelle giornate a cavallo dei turni infrasettimanali, o di gare di Coppa Italia.
La gestione del turnover sarebbe dovuta essere un aspetto chiave di questa fase, specialmente per un allenatore amante dello sfruttare a piene mani la profondità della rosa, nonché molto orientato a stabilire "coppie" per ruolo da ruotare. E invece una condizione atletica modesta, forse frutto di alcuni errori in fase di preparazione, e la poca affidabilità di alcuni interpreti, hanno costretto Italiano a stiracchiare più volte la coperta, aggravando suo malgrado la complicata situazione infortuni (si veda lo sfogo del mister riguardo al problema di Milenkovic).
Lo scarso stato di forma dei gigliati fa subito pensare a qualcosa di sbagliato in sede di preparazione. Ma, naturalmente, non ci è dato sapere con certezza se e cosa sia stato sbagliato nel ritiro di Moena. Si può fare però una considerazione a latere, che molto si lega anche alle difficoltà di tipo tattico che i viola hanno affrontato. Italiano è un allenatore che cura molto l'aspetto cognitivo dell'allenamento, quasi in veste di "docente". Spiega sistematicamente i principi di gioco da seguire e spinge molto su esercitazioni situazionali, mirate ad allenare la capacità di "pensiero" dei calciatori. Sono dettami moderni, praticati da molti tecnici che in maniera riduttiva sono classificati come "giochisti".
Per la Fiorentina, queste sono state metodologie di lavoro decisive nel rimetter in piedi vari elementi dalla scorsa stagione, elementi reduci da fin troppe lotte salvezza. Tuttavia, senza addentrarci troppo nel terreno delle neuroscienze, l'ipotesi che un'eccessiva intensità del lavoro mentale oltreché fisico in preparazione abbia portato a un burnout, può essere verosimile.
Insomma, non è che siano stati dati troppi compiti a casa (è quantomeno improbabile che ci siano stati errori nel redigere i programmi di lavoro atletico), è che per un motivo o un altro la classe si è spossata nel farli. E in questo, va detto, Italiano e il suo staff possono aver sbagliato, ma non sono stati aiutati dai notevoli cambiamenti trascorsi in rosa, soprattutto relativi a giocatori chiave per posizione in campo e interpretazione del ruolo, elementi che forse avrebbero avuto meno problemi del digerire questo tipo di lavoro.
L'inefficienza offensiva
Inefficienza è stata la parola chiave utilizzata per descrivere le prestazioni dei gigliati. Prima dell'ultima vittoria, la Fiorentina era undicesima per gol fatti (5), tredicesima per expected goals prodotti (7.02), sedicesima nel differenziale tra i due dati. Valori che diventano più gravi se messi a confronto con quelli della produzione offensiva. Terza per numero totale di tiri tentati, la squadra di Italiano era terzultima per tiri nello specchio, pur essendo la migliore in termini di possesso nella trequarti avversaria e seconda per efficacia del pressing (fonte: Soccerment). Tradotto nella lingua corrente, la Fiorentina ha sofferto dell'acutizzarsi di problemi già visti nella scorsa stagione, quali l'imprecisione nell'ultimo terzo di campo e la seria difficoltà a creare occasioni pulite, anche per limiti tecnici.
A questo, si è aggiunta la lentezza nella risalita, figlia di un possesso palla fin troppo orizzontale. I viola, sfruttando poco le transizioni, portavano sì tanti uomini a presidio della metà campo avversaria, ma al costo di permettere agli avversari di ridisporsi su due linee strette e basse. La riduzione degli spazi da attaccare imbottigliava la squadra negli ultimi 20 metri, dove le difficoltà ad agire negli spazi stretti rendevano impraticabili soluzioni centrali, e con fatica si cercava la superiorità sugli esterni grazie alle sovrapposizioni dei terzini, in particolare da sinistra con Biraghi.
Emblematiche in questo certe statistiche proprio del capitano viola: primo in campionato per cross tentati, cross riusciti e passaggi chiave (comprendendo, in maniera discutibile, i calci d'angolo), è tuttora fermo a zero nella casella degli assist in Serie A. Casella riempita invece in Conference League, con le rifiniture messe a segno contro il Twente e nel tragicomico 1-1 contro il modesto RFS Riga. Ancora una volta, una grande produzione offensiva in termini quantitativi, ma non qualitativi.
Per ovvi motivi, sul banco degli imputati sale il reparto d'attacco. E andando ancora sulle statistiche, c'è un dato molto curioso: il capocannoniere dei viola è Nico Gonzalez con 2 reti, messe a segno in appena 146 minuti spalmati su cinque presenze. Le stesse siglate assieme da Cabral e Jovic, ma con un sesto del loro minutaggio totale. La prolungata assenza di Gonzalez non va sottovalutata: si parla probabilmente del giocatore in assoluto più forte della Fiorentina. Ma chi si aspettava che la squadra di Italiano soffrisse così tanto l'assenza dell'esterno argentino, già l'anno scorso avuto a pezzi e bocconi nella prima metà di stagione?
In realtà Gonzalez quest'anno sembrava destinato, da subito, ad assumersi il ruolo di "soluzione d'emergenza" nei momenti di difficoltà, ovvero di esser il giocatore per eccellenza a cui rivolgersi nelle fasi ostiche di una gara. L'argentino è l'elemento più capace di trovare soluzioni nello stretto, uno dei pochi portati a riempire l'area di rigore e l'unico veramente in grado di sobbarcarsi il ruolo di riferimento offensivo, sia aiutando la risalita con i duelli, sia premendo sulla difesa avversaria attaccando la profondità. In pratica, il numero 22 è forse l'unico dell'attacco gigliato bravo a lavorare con la palla e senza palla, e finora l'unico suo vero limite mostrato (oltre ai problemi fisici) era stato, paradossalmente, la finalizzazione.
Un vestito non più su misura
L'assenza del suo uomo migliore, e la modesta condizione, hanno messo allo scoperto una serie di problematiche dei viola. In primis, una sorta di rigetto o incapacità della squadra di riprodurre dettati e principi che sembravano acquisiti. La motivazione? Stando al rasoio di Occam, è quella più semplice, ovverosia alcuni giocatori interpretano il gioco in maniera diversa. Un problema, prima ancora che di qualità, di caratteristiche. Così per ora, il vestito disegnato a suo tempo da Italiano per la Fiorentina, non sembra più calzare a pennello.
Un principio cardine dell'allenatore è sempre stato quello della gestione del pallone, ma ad oggi la sua squadra è priva di veri palleggiatori a centrocampo. Perché Barak, pur giocatore tecnicamente raffinato, è più un box-to-box, Amrabat in mediana è tante ottime cose ma per ora non è un regista (e non è Torreira), Bonaventura e Duncan hanno fatto più infermeria che partite, Mandragora e Maleh sono ancora un oggetto misterioso. A questo, si aggiunga pure il ritardo di condizione di Igor, elemento prezioso per l'apporto alla costruzione dalla linea arretrata. Tutti aspetti questi che al momento rendono farraginosa la qualità di manovra dei viola, rendendo agevole per l'avversario di turno trincerarsi per poi uscire rapidamente.
Discorso simile vale per il reparto avanzato, dagli esterni a soprattutto il centravanti. Su quest'ultimo, per dirla brutalmente, la Fiorentina ne ha girati tre da gennaio e quello che ha segnato di più ora è alla Salernitana. Se è un fatto che Vlahovic stia faticando nelle selve bianconere (ma guai a minimizzarne il peso e il numero dei gol), è quasi banale dire che il rapporto tra l'ex numero 9 viola e Italiano era, in termini di rendimento, un do ut des redditizio per entrambi. L'impianto di gioco della Fiorentina ne valorizzava al massimo le caratteristiche, e la squadra giovava di un centravanti capace di garantire, oltre all'indiscusso rendimento realizzativo, collaborazione in più fasi di gioco. I viola continuano ad essere orfani di un attaccante disposto al sacrificio, capace di premere efficacemente sulle difese e al contempo venir fuori per aiutare nello sviluppo.
Ad oggi infatti Cabral, pur portato a venire molto incontro per lavorare con i compagni, ha mostrato vari limiti tecnici nel gioco spalle alla porta. Mentre Jovic, che pur avrebbe altra qualità (intravista solo a tratti negli ultimi 16 metri), sembra talvolta indolente nell'operare lontano dalle sue zone di campo preferite. Inoltre, nessuno dei due ha dimostrato grande propensione nell'attaccare la profondità con costanza, specialmente qualora il movimento non sia direttamente finalizzato alla conclusione, quanto piuttosto a "premere" sulle linee difensive avversarie. Tutto questo omettendo il dato più decisivo per un attaccante, ovvero il gol che latita per entrambi.
Cosa ha funzionato
Sostanzialmente, solo in due gare prima del match contro il Verona i viola hanno sofferto meno le problematiche di cui sopra, ovvero le prime due uscite stagionali contro Cremonese (3-2) e Twente (2-1). In queste partite, soprattutto nel primo tempo la Fiorentina è andata sul velluto, tenendo ritmi alti e trovando anche buone soluzioni verticali. Se di certo le prime uscite non erano condizionate come le seguenti dal brusco calo della condizione psicofisica, tanto ha fatto anche l'atteggiamento tattico delle avversarie.
Sia il Twente che la Cremonese (quantomeno nel primo tempo) infatti si disponevano in campo aggressive, portate a pressare in avanti accettando la parità numerica dietro, lasciandosi ampi spazi alle spalle e sugli esterni. Spazi in cui ad esempio un giocatore come Sottil è andato ripetutamente a nozze in quelle gare. E tuttavia, anche queste due partite hanno visto emergere un altro, vecchio problema della squadra di Italiano, ovvero la gestione del possesso a ritmi più bassi. La Fiorentina sembra condannata a dover sempre andare a mille per mettere in difficoltà l'avversario, e in questo avvio di stagione quasi mai è riuscita a spingere sull'acceleratore con continuità ed efficacia.
Anche i pareggi contro Napoli e Juventus, dal gusto ben più dolce, hanno confermato pregi e difetti dei viola, quasi a sottolineare come questi poco dipendano dal valore tecnico dell'avversario. La gara contro i partenopei è stata sicuramente la più godibile per lo spettatore, visto il gioco a viso aperto di entrambe le squadre e il match a ritmi alti. Più modesta la prestazione contro la Juventus, in parte nascosta dalla gara totalmente incolore dei bianconeri, graziati dal rigore fallito di Jovic nel finale di 1° tempo e poi arroccatisi a mantenere il pari, forse nella consapevolezza delle difficoltà gigliate contro le difese chiuse.
Una parziale consolazione la Fiorentina la può trovare nella sua fase difensiva, guidata da un reparto pure martoriato da infortuni e non esente da topiche individuali. Perché nel complesso, la fase di gioco relativamente più sacrificata dalla Fiorentina, con il suo accettare sempre la parità numerica e lasciarsi tanto campo alle spalle, è stata quella più efficace. Nell'arco delle gare, i viola subiscono complessivamente poco, con la 6 reti subite (quinta miglior difesa del campionato) e 7.3 xGA (sesta per expected goals concessi). E qui molto influiscono i meccanismi già ben rodati (di fatto, l'unico cambio dietro è stato Dodò per Odriozola), ma anche la naturale propensione dei giocatori a orientarsi sui principi proposti dall'allenatore.
La sistematica ricerca del duello, il difendere sempre alti e in avanti, la prevalente funzione di spinta e costruzione assegnata ai terzini. Tutti terreni agevoli per chi compone il reparto arretrato (nuovi compresi, si pensi ancora alla prova di Dodò contro Kvaratskhelia). Poi certo, non sono mancati gli scivoloni. D'altronde, ogni palla scoperta per i viola può creare problemi, costringendo la difesa a scappare e scalare, movimenti in cui alcuni singoli balbettano un po' troppo. E se Amrabat in mediana è tornato ad essere schermo protettivo di lusso, sono al solito le imprecisioni nel palleggio e nella costruzione ad esser costate più volte caro ai viola.
Emblematica di ciò la sconfitta con l'Udinese, maturata dopo un quarto d'ora di errori in impostazione. Per non parlare dell'1-1 contro il Riga, dove la Fiorentina con due topiche in palleggio ha concesso due soli tiri agli avversari, ma dal valore in expected goals di 1.22 (peggior xGA della giornata tra le squadre di casa, fonte WhoScored).
Cosa potrà funzionare
Dicevamo come nell'ultima gara contro il Verona Italiano abbia sparigliato le carte. E senza perderci in vane disquisizioni su quale modulo abbia utilizzato la Fiorentina (un 4-3-3 di partenza, evidente soprattutto nelle fasi di non possesso, che diventava molto simile al 4-2-3-1 nelle transizioni, con Barak sempre a rimorchio della punta), è il diverso approccio tattico da doversi sottolineare. I viola hanno rinunciato a un aspetto del gioco che li aveva caratterizzati, quello del dominio del possesso, adattandosi a giocare su un campo più lungo e abbassando il baricentro. Si vedano, a termini di paragone, i report della Lega Serie A di questa partita e di Bologna-Fiorentina.
In pratica, stesso atteggiamento senza palla con la solita pressione in avanti, ma ricerca della rapida verticalizzazione a palla recuperata. Complice sia la modestia del Verona , la Fiorentina è riuscita finalmente a isolare i suoi esterni e permetter loro di sfruttare le proprie qualità in termini di sprint e progressione.
Non un caso il ritorno al gol di Ikoné, forse il giocatore viola meno a suo agio negli spazi stretti e nel gioco associativo sulle catene laterali (e qui viene da chiedersi perché lo scorso gennaio sia stato dato a Italiano un giocatore con qualità opposte a quelle necessarie). Non a caso nemmeno la scelta anomala di Kouamé prima punta: cercando una squadra più lunga, serviva davanti un giocatore disposto a "fare la guerra" e ad attaccare in maniera sistematica la difesa avversaria. Un lavoro che, come detto, i due centravanti in rosa al momento non sembrano in grado di svolgere.
Il ritorno alla miglior condizione fisica e mentale dei giocatori è condizione necessaria, ma non sufficiente, per far ripartire la Fiorentina. Nel frattempo, l'allenatore è sceso a lucidamente a compromessi, riadattando concetti alle caratteristiche degli uomini a disposizione e facendo scelte anche radicali di formazione. Forse oggi è questo che serve alla Viola, e in questo percorso l'unica cosa che appare certa è che solo Italiano può sbrogliare questa matassa.
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