Considerazioni sparse post Italia-Serbia (94-86)
Gaber cantava polemicamente che il grido "Italia Italia" c'è solo alle partite, ma questa sera siamo contenti di averlo sentito forte e chiaro.
- Alzi la mano chi pensava, dopo la prestazione fantascientifica del 2021 a Belgrado, che sarebbe stato possibile battere nuovamente i feriti e orgogliosi serbi. Sicuramente tra questi ci sono i 12 fantastici azzurri e il loro staff, che mentre sulle spiagge italiane vengono consumati gli ultimi aperitivi riescono addirittura a migliorare quanto fatto circa un anno fa. Al di là della prestazione di squadra, la partita sembra subito una di quelle per le quali vale la pena stare davanti allo schermo. La scelta è quella di immolare Melli su Jokic, con cambi solo sul secondo esterno bloccante rapidamente ripresi in rotazione e raddoppi vicino a canestro. Sulla metacampo difensiva, però, la sofferenza è immane grazie alla visione psichedelica dell’MVP NBA e la partenza mortifera di Marinkovic e Kalinic con 4 triple complessive a bersaglio;
- In attacco i concetti sono pochi e semplici: attaccare Jokic dal palleggio o tirargli in faccia, e la banda bassotti azzurra esegue alla perfezione, guadagnando fiducia grazie alla mano delicata di Melli e la consueta carretta tirata da Fontecchio. La solidità di questo gruppo emerge a metà del secondo quarto, quando sul -14 nessuno si scompone, ma Micic è un fattore e, nonostante il rientro nel punteggio, la corazzata serba sembra nettamente in controllo. L’impressione è però che senza il loro faro, i serbi siano privi di idee e consapevolezza: un’impressione che diventerà certezza nel secondo tempo;
- Non è facile spiegare cosa sia successo nei 15 minuti di gioco di rientro dagli spogliatoi. L’Italia ha una pazienza immane in attacco e la retina si muove più di Elodie nei suoi video musicali. La copertina se la prende Marco Spissu, “l’uomo del Poz”, che si incendia dai 6.75 con 4 triple a bersaglio su invenzioni favolose dei compagni: sia Polonara con un ribaltamento a una mano che Fontecchio che finta in transizione e arma il sardo sono da stropicciarsi gli occhi. Nel mentre, a onor di cronaca, Pozzecco si fa espellere lasciando le redini a Casalone e scoppiando in lacrime: tre tecnici alla panchina in 25 minuti sono probabilmente un record;
- Nonostante la scossa emotiva, le vere “sliding doors” della partita sono tra terzo e quarto periodo. Mentre Casalone decide di lasciare in campo i big five, con un Pajola difensivamente in formato Eurolega al posto di Tonut (gravato dai falli), Pesic decide di dare riposo a Jokic e Micic contemporaneamente, confidando nella pioggia sul fuoco azzurro. Si sbaglia. Mentre Spissu continua a vedere una vasca da bagno, anche l’epico Achille inizia a martellare il ferro. Sul cubo dei cambi ci va solo Micic, scelta che si rivelerà deleteria: Fontecchio torna a rifiatare in panchina e il volo Polonair decolla fino a fare sprofondare a -11 i serbi, con il solo timeout capace di far fermare l’emorragia (irreale 16/38 da 3 finale). Il rientro di Jokic è tardivo e fa tremare solo con l’irreale tripla con fallo da metacampo. L’Italia nel quarto periodo ha infatti aggiunto il pensiero al furore, con la possibilità di usufruire del bonus serbo e ghiacciando la partita ai liberi. Tripudio;
- Sui singoli, 14 considerazioni sparse non basterebbero, conteggiando anche Pozzecco e Casalone. Ci limiteremo ad elogiare Spissu, capace di quintuplicare il suo fatturato offensivo degli europei, e Fontecchio, che in metà partita segna 16 punti senza che nessuno se ne accorga, per poi sigillare il regalo ai tifosi con il “circus shot” che chiude formalmente la partita. Ma la cover della sfida è della “sagra delle bastonate” tra Jokic e Melli. Sul primo ci sono fior fiore di giornalisti che scrivono, perché è un giocatore che si può solamente amare. Una mano fuori dalla grazia divina, una visione della pallacanestro celestiale con un fisico che, nonostante esteticamente non di fattura greca, gli regala anche dei piedi velocissimi. Più dei 32 punti con 14/15 ai liberi, è il plus-minus (+11) in una partita persa di 8 che fa cadere i capelli a chi li ha. Sul capitano della spedizione di Tokyo, invece, ci sarebbe da scrivere un libro. Al di là della convinzione con la quale stasera ha attaccato il ferro e tirato da 3, ci sono almeno 87 piccole cose fatte difensivamente che non vanno a referto, ma fanno star bene chi conosce il basket. Se poi ci si aggiunge un 4/4 ai liberi nel momento decisivo e 21 punti, allora chiediamo solamente che la sua partita venga fatta vedere a tutti i settori giovanili del belpaese. Francia, attenta al grido “Italia Italia”.
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